Città del Messico. Quando lo studio Bunker Arquitectura, basato a Città del Messico, ha pubblicato, alcune settimane fa, il progetto di una torre sotterranea per lo Zócalo (la piazza centrale della capitale), il buzz, nella sfera del web architettonico-ingegneristico, si è subito impadronito della questione. Ma le discussioni hanno portato più sulla fattibilità del progetto e le sue caratteristiche tecniche, la sua resistenza al rischio sismico, la difficile questione della gestione dei fluidi e la dimensione psicologica e antropologica della vita umana a 300 m sotto terra, che sul contenuto reale della proposta. Più che di una prodezza ingegneristica, si tratta in effetti di uno stimolo alle discussioni in corso, a livello sia locale che internazionale, sullevoluzione dei centri storici e di una presa di posizione ironica che riflette il sentimento di molti architetti oggi di fronte ai regolamenti edilizi nelle zone di valore patrimoniale protetto.
Bunker Arquitectura si è «specializzato» in tali proposte, come attestato da un altro progetto, questa volta per un immenso ponte abitato sopra il golfo di Acapulco; occasione per provocare un dibattito sul finanziamento delle infrastrutture in unepoca di scarse risorse pubbliche, sul loro uso residenziale e sugli effetti della rendita fondiaria. Perché, osservato da un punto di vista pragmatico, lo studio è più un laboratorio didee che unimpresa orientata verso la dimensione costruttiva dellarchitettura: è infatti finora conosciuto soprattutto per la Sunset Chapel, sulle altezze del golfo di Acapulco, dallemozionante poetica neobrutalista (cfr. «Il Magazine dellArchitettura», giugno 2011 ).
Ma di che cosa si tratta esattamente per quanto riguarda il «grattaterra» dello Zócalo? Elaborando il concetto precolombiano di piramide, Estaban Suarez e Arief Budiman propongono una piramide inversa di 65 piani, il cui centro funzionerebbe come pozzo di luce e aria. Una gigantesca vetrata orizzontale costituirebbe il suolo trasparente della piazza. I primi dieci piani sarebbero dedicati a un museo azteco e i seguenti a commerci, appartamenti e uffici. La dimensione verde sarebbe particolarmente curata, cosi come quella relativa allo spazio pubblico.
Quanto al messaggio, è sopratutto un contributo ai dibattiti in corso sulla rivitalizzazione dei centri storici. Il consenso intorno al patrimonio costruito ha più o meno inibito la costruzione di torri nei cuori delle città, mentre i casi internazionali (dalla torre per Gazprom a San Pietroburgo, ora caduta in disgrazia, al progetto di Herzog & de Meuron per Parigi) ne sottolineano laspetto aggressivo. Allora, nella visione provocatoria di Bunker Arquitectura, lunica soluzione per riportare le funzioni, i posti di lavoro e le dinamiche legate alleconomia delle torri verso i centri storici, sarebbe di costruirle comunque, ma implose sotto terra. Alla scala di Città del Messico, la proposta ironica di earth-scraper è anche un modo per reintrodurre una monumentalità dispirazione azteca nel luogo stesso della sua cancellazione per mano coloniale.
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