La Fondazione Cassa di risparmio in Bologna è tra i principali attori della vitalità culturale bolognese. Oggi crisi economica significa anche crisi della cultura?
Niente affatto. Manca piuttosto un coordinamento tra il fiorire delle iniziative. Cè stato però un periodo troppo lungo in cui fare cultura in questa città era considerato quasi un business o una fonte di reddito. Ebbene, le fonti di questo tipo di «fare cultura» oggi sono in larga parte finite. Qualcuno più introdotto resiste, qualcuno invece emerge perché ha le capacità e la volontà di fare. Individuare e sostenere questultimo tipo diniziative è per la nostra Fondazione un obiettivo alto, così come è un obiettivo basso dare contributi ad altri soggetti che svolgono la loro attività culturale come un mestiere di assoluta routine.
E in relazione alla forte competizione tra le città emiliane, quali politiche può attuare la Fondazione?
Prima di una competizione da vincere cè una tradizione di vitalità da sostenere, e un primo modo in cui la Fondazione opera è quello dindividuare i programmi più convincenti e significativi e scegliere ciò che è concretamente possibile finanziare oggi. Una seconda via, che sarà forse la più battuta nel futuro, è quella che vede la Fondazione proporre direttamente alcune tematiche e individuare specifici soggetti che possano attuarle. Poi cè unazione diretta della Fondazione verso specifiche iniziative, come è accaduto a Santa Cristina con listituzione della Schola Gregoriana Benedetto XVI o con lacquisizione, lo studio e il restauro integrale del complesso di San Colombano, dove la Fondazione ha collocato la collezione degli strumenti antichi del maestro Luigi Tagliavini (tra le più ricche al mondo) e restaurato gli affreschi della «gloriosa gara» tra gli autori del Seicento bolognese e le partizioni dei Carracci: una vera e propria Sistina locale.
Ma non cè solo San Colombano: la Fondazione finalmente fa entrare in città larchitettura contemporanea, e palazzo Pepoli vecchio aprirà al pubblico il 28 gennaio con un intervento di Mario Bellini.
Bellini forse ha realizzato uno dei più riusciti interventi su un palazzo storico in Italia: una lanterna di vetro nella quale, se si toglie una vite, si può smontare linserimento contemporaneo e tornare allantico. Ma questa bellissima torre di vetro risolve mirabilmente tutto il problema delle connessioni interne al «Museo della città», mentre lo scalone nobile non si poteva utilizzare, perché serve appartamenti privati ai piani superiori.
La Fondazione chiama i big dellarchitettura: incarichi diretti o concorsi?
Proprio palazzo Pepoli è lesito di un concorso in cui sono stati invitati sei architetti. Ha vinto Bellini davanti a Michele De Lucchi. Così lallestimento di palazzo Fava, dopo il restauro conservativo curato da Braccaloni e Scannavini, è stato affidato a De Lucchi che si era già espresso magnificamente in San Giorgio in Poggiale.
Palazzo Pepoli e palazzo Fava: singole gemme o realtà di sistema?
Se Genus Bononiae non diventa sistema è una sconfitta. Quello che la Fondazione ha inteso proporre è esattamente un percorso: le strade e i portici sono i corridoi, le sale sono i musei. E per gli spazi che non sono di nostra proprietà [Santa Maria della Vita, Santa Cristina, San Michele in Bosco] lintesa con la Curia è ottima.
E quella con il Comune?
Dopo un iniziale dubbio, Sergio Cofferati ci incoraggiò sempre. Infatti già tre anni fa si era instaurato un gruppo di lavoro in vista degli interventi in via Parigi e via Manzoni, poi il commissario Cancellieri con il programma Gabrielli ha sancito la validità del progetto e oggi, con lufficio per il centro storico diretto da Giacomo Capuzzimati, questo collegamento con il Comune funziona meravigliosamente, nella totale condivisione degli intenti.
In questi tempi di ristrettezze economiche, il progetto verrà completato?
Certamente sì. Al più vi sarà qualche ritardo. A San Michele in Bosco, per esempio, agiremo per parti ma continueremo a investire fino a che il progetto non sarà compiuto, pur nella consapevolezza che i fondi non torneranno mai a essere quelli di un tempo.
Nei mesi scorsi, ai gioielli del percorso Genus Bononiae pare si dovesse aggiungere anche un nuovo auditorium, con un progetto di Renzo Piano di fronte al Mambo, in prossimità degli interventi aldorossiani nellarea dellantico porto di Bologna…
Lidea è del maestro Claudio Abbado, il quale ritiene che in città ci sia la necessità di un luogo della musica che consenta di radunare più persone, giovani compresi, e preveda la centralità dellorchestra. Bologna è città europea della musica, con una serie incredibile di attività. Non si può costringere la musica in luoghi che non le sono propri come la sala Europa alla Fiera o il Paladozza. Occorre uno spazio dedicato e abbiamo pensato a Renzo Piano. Poi siamo stati accusati di «gigantismo». Ma se si togliesse questa aspirazione, avremmo mai avuto uno solo dei grandi edifici del passato? No: vivremo nella rassegnazione alla rubrica degli orrori, in cui la città è più volte caduta, dal tradimento dellopera di Kenzo Tange in poi.

Bologna.13/09/2011
Chiesa di San Colombano, del VI sec. La cripta di periodo altomedievale con strutture di epoca romana emersa durante i lavori di restauro (2007). Ritrovato un affresco della seconda metà del XIII secolo Cristo Crocifisso con due dolenti San Giovanni e Maria

Bologna.
Chiesa e Oratorio di San Colombano, rispettivamente del VI sec e del XVI sec.
L’Oratorio del XVI sec. Sala della Gloriosa Gara con affreschi della scuola di Ludovico Carracci.
Il complesso ospita la collezione di strumenti musicali antichi del Maestro Luigi Ferdinando Tagliavini, donata alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna.
Museo della Città