È opinione diffusa che gli strumenti di governo del territorio milanese lascino ampio margine alliniziativa dei privati nelle operazioni di trasformazione urbana: qual è il suo punto di vista al riguardo?
Ogni qual volta si definiscono nuove regole, cè sempre un timore diffuso: da parte degli esperti della materia, gli urbanisti, che gridano allo scandalo, e da parte dei professionisti, degli imprenditori, i quali, abituati alle vecchie norme, paventano che le nuove cambino le loro posizioni di privilegio. È un atteggiamento sbagliato: le nuove regole che partono da strumenti come la perequazione, che disegnano una città dinamica, impegnata a concentrare il suo sviluppo in quelli che io chiamo «contratti di progetto» – e questo è il Pgt di Milano – a me sembrano la strada giusta. Come sempre i piani possono essere più o meno buoni, più o meno cattivi, ma un piano è vincente nella sua gestione: è proprio su questo aspetto che da ormai 70 anni i piani sono tutti caduti miseramente. Il vero problema è dunque occuparsi della gestione degli strumenti urbanistici, che significa avere unamministrazione professionale, multidisciplinare, capace di scegliere tra gli operatori (perché questo piano comporta anche unampia concorrenza tra di essi) e di pretendere che gli imprenditori che avanzano siano capaci e culturalmente validi. Questo è il presupposto fondamentale. Se no il piano decade.
Il mercato immobiliare milanese è accusato dimmettere sulla piazza edifici a prezzi molto alti, cui non corrisponderebbero qualità tecnologiche e tipologiche.
Dal momento che il costo di costruzione è stato mortificato a scapito della rendita fondiaria, è chiaro che di conseguenza il valore della qualità è stato deprezzato moltissimo. Occorre aggiungere che i processi costruttivi e il sistema delle imprese sono molto impoveriti dal punto di vista della tradizione, della cultura del lavoro manuale. Oggi si lavora meno bene di un tempo; è un dato di fatto. Molto spesso gli interventi normativi nel campo della tecnologia sono talmente settoriali, spinti da lobby specifiche, che sono antagonisti uno dellaltro. È unassurdità. Come anche il fatto che gli interventi finalizzati a finanziare la ricerca e linnovazione sono troppo spesso funzionali ad azioni specifiche (perchè legati ad azioni di lobby). Occorre finanziare il prodotto finito, che da un lato è figlio dellassemblaggio di componenti diverse, e dallaltro dellaccoppiamento virtuoso tra tutti gli attori della filiera. Questultimo infatti è venuto meno, anche per effetto di alcune leggi (soprattutto sui lavori pubblici) che hanno completamente distinto il momento della progettazione da quello della costruzione. Questo è uno dei punti più problematici: a fronte della grande frammentazione tra progettisti (tanti e piccoli) e di quella tra le imprese (tante e piccole), come può ognuno di questi produrre ricerca e innovazione? Bisogna che si ci metta insieme, creare una «santa alleanza» tra i diversi attori.
Lo stesso mercato è inoltre considerato trai più importanti dEuropa, ma è anche quello in cui lo scarto tra costi e prezzi sembra il più alto. È vero? Si può intervenire per favorire la domanda?
Il territorio di Milano è piccolissimo, e in questi ultimi 30 anni sono cresciuti in maniera incredibile i valori delle aree, anche a scapito dei valori della costruzione. Oggi la costruzione è molto più complessa, richiede prestazioni maggiori, ma di fatto il suo costo non è aumentato come le rendite fondiarie. Sotto questo profilo probabilmente lattenzione di quelli che si dedicano agli strumenti di governo del territorio deve essere rivolta alle politiche fiscali, non tanto a quelle di pianificazione. Il tanto disprezzato federalismo fiscale da questo punto di vista sarebbe fondamentale: non per sostituire un tipo di tassazione con un altro, ma per dare in mano ai Comuni delle leve di politica fiscale tali da attuare un dato disegno strategico. Gli interventi immobiliari sono strumenti per attivare risorse. Giustamente, il Pgt dice: «Lungo le line della metro, esistenti o future, chiedo di edificare di più». Ha ragione. Bisognerebbe inventare strumenti di fiscalità diversa, ad esempio la tassazione di scopo: è chiaro che con la linea metropolitana vicina, i valori immobiliari crescono, ed è giusto che sia così. Credo che non si possa affrontare il tema sotto il profilo di una politica pauperista. Milano è un città che compete con le grandi città europee. Non deve avere paura di prezzi elevati. Certi problemi vanno risolti a una scala più vasta, con collegamenti di tipo diverso, con infrastrutture della mobilità, che da questo punto di vista non ci sono.






















