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Written by: Inchieste

Chi comanda a Milano

Il nuovo miracolo (edilizio) a Milano: scambiare una balla (di fieno) con un mattone.
Primo, si prende l’ultimo polmone verde di Milano e gli si attribuisce un indice di edificabilità. Secondo, si trasferiscono in città i diritti a costruire appena creati, dando il colpo di grazia a una metropoli già soffocata. Perequazione, la chiamano, e in origine aveva un fine nobile: salvare le zone degradate e costruire altrove. Invece a Milano rischia di trasformarsi in una pietra tombale sul pochissimo spazio ancora risparmiato dal cemento. Potrebbe essere la fine del Parco sud, l’ultimo polmone verde della città. E non solo.
Le scelte urbanistiche di tanti comuni italiani meriterebbero di essere studiate da uno psicologo: prima si offrono su un piatto d’argento ai costruttori i diritti per edificare. Poi si afferma che non ci sono alternative al cemento perché ormai gli imprenditori vantano diritti acquisiti (e grazie, glieli ha dati la stessa amministrazione), che bisogna approvare i progetti sennò c’è il rischio di penali milionarie.
Sembra proprio il caso di Milano. Entro febbraio dovrebbe essere approvato il nuovo Pgt che, insieme con i progetti già approvati, riverserà sulla città 35 milioni di metri cubi di cemento (pari a 341 Pirelloni). Case per 400.000 abitanti quando, secondo lo stesso Comune, la popolazione da qui al 2030 aumenterà di 60.000 al massimo.
Milano ha deciso, ancora una volta, che il suo sviluppo economico e sociale deve essere affidato al mattone. Una scelta non soltanto urbanistica. Le leve del potere economico e politico restano in mano ai soliti imprenditori del cemento. Milly Moratti, consigliere comunale di opposizione non ha dubbi: «Il Pgt segue un mosaico di richieste. Non dei cittadini, ma dei potenti». Così ecco che mentre la città arranca agli ultimi posti nelle classifiche relative all’inquinamento e al verde pro capite, il paesaggio milanese è costellato da decine di gru. Basta andare dove sorgevano i padiglioni della vecchia Fiera per rendersene conto. Qui, secondo l’allora sindaco Gabriele Albertini, doveva sorgere «il Central Park di Milano». Macché, ecco arrivare le tre immense torri di CityLife: l’essenziale è costruire. E non importa se pare difficile trovare chi comprerà gli uffici e gli appartamenti.
Ma è soltanto uno dei progetti che stanno soffocando gli antichi punti di riferimento della città meneghina, con la Madonnina ormai sovrastata da decine di torri. Al primo posto c’è l’Expo, con quell’accordo tra enti pubblici e privati che appena finita la manifestazione del 2015 rischia di aprire le porte a nuove speculazioni, non si capisce se pagate anche con soldi pubblici, come ha denunciato anche Stefano Boeri (presentatosi alle primarie del centrosinistra e sconfitto di misura da Giuliano Pisapia per sfidare Letizia Moratti). Poi ecco il megainsediamento di Santa Giulia, impantanato per le note vicissitudini del gruppo Zunino, e ancora Porta Garibaldi, la nuove sede della Regione con cui Roberto Formigoni vuole lasciare un segno del suo passaggio. Per non parlare del Piano integrato di recupero promosso da Salvatore Ligresti (che realizza anche CityLife) per il comparto Porta Nuova-Isola. Senza dire di progetti e voci che girano riguardo a nuove operazioni immobiliari nell’area Stephenson oppure allo Scalo Farini e all’Ortomercato. Decine di nuovi edifici, milioni di metri cubi, tutti griffati da grandi progettisti.
Ma l’importante è costruire. E non importa nemmeno, come ha raccontato Massimo Pisa su «Repubblica», che la nuova città cresca sui veleni con operazioni immobiliari (con asili per bambini) bloccate dalla Procura perché appoggiate su terreni una volta industriali e bonificati in modo tutto da chiarire.
Andiamo avanti, senza interrogarci troppo sui gruppi di potere che stanno dietro i grandi imprenditori. Così nessuno, nell’ex capitale morale d’Italia, pare aver sollevato la questione di opportunità che emerge scorrendo i nomi nei cda delle società che fanno capo a Ligresti, il re del mattone milanese. La famiglia di Ignazio La Russa è presente dappertutto: il ministro della Difesa non compare mai direttamente, ma nel consiglio di amministrazione di Fondiaria Sai si può trovare suo fratello Vincenzo, che siede anche nell’Immobiliare Lombarda. Di più: il figlio di Ignazio, Geronimo, è nel cda della stessa Premafin dove ha preso il posto del nonno Antonino. Non sono dettagli visto che il partito di La Russa ha un ruolo importante in tutti gli enti pubblici che approvano i progetti realizzati dalle società di Ligresti.
Ma il simbolo della resistenza (o della resa) di Milano al cemento è il Parco sud. Basta guardare un’immagine della città dall’alto per capirne la ragione: è quella grande macchia verde assediata dal grigio della metropoli che tra palazzi e autostrade ormai sta coprendo tutta la Lombardia. Su questi 46.300 ettari ancora abbastanza intatti hanno puntato gli occhi gli imprenditori del cemento: uno su tutti è Ligresti. Verrebbe da gridare al miracolo, alla conversione sulla via di Binasco (comune dell’hinterland): dal mattone all’agricoltura. Non è così. Il paradosso, come racconta l’ambientalista Michele Sacerdoti (candidato alle recenti primarie del centrosinistra), è che la manovra rischia di passare come un salvataggio. «La parolina magica», spiega Sacerdoti, «è “perequazione”. Si prende l’area vincolata del Parco, le si attribuiscono indici di edificabilità. Poi si proclama di voler salvare il verde trasferendo il diritto a costruire nella città che già scoppia». Ma è soltanto l’inizio: «Qui non si tratta soltanto di un’operazione immobiliare ma anche finanziaria, che consentirà ai costruttori in difficoltà di rimettere in piedi i bilanci. I diritti di edificazione potranno infatti iscriversi in una “borsa apposita”», racconta Milly Moratti. Si potrà costruire altrove oppure rivendere. Indifferente a chi, non importa se da anni l’Antimafia lancia allarmi sulla ‘Ndrangheta che ricicla il denaro sporco nel cemento. Poi c’è la fetta per le cooperative. Ma che vantaggio ne trarranno? Sacerdoti non ha dubbi: «Si dice che il piano è utile anche per i meno abbienti, che il 35% delle costruzioni sono destinate al social housing, ma solo per il 5% diventeranno vere case popolari. Un buon 20% sarà affidato alle cooperative – bianche e rosse – che magari venderanno a prezzi ridotti ma comunque a famiglie con un reddito fino a 80.000 euro l’anno. Non è edilizia popolare». L’assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli promette 3 milioni di metri quadrati di verde… «Basteranno appena per i nuovi abitanti, la quota pro capite resta bassa». Non è finita. Il grande regalo alle cooperative è nel Piano dei servizi: scuole, strutture sanitarie. Ma in concreto che cosa succederà? «Il Comune rinuncia ai nuovi servizi che passeranno ai privati». Alle cooperative. Il nuovo Pgt andrebbe letto riga per riga. Così scopri che il Comune lascerà quasi carta bianca ai privati: «Spariranno le destinazioni d’uso», conclude Sacerdoti, «e si potranno elevare i palazzi: gli edifici potranno alzarsi al livello del più alto nelle vicinanze». Ma secondo l’ottima tradizione italiana nel testo fiume approvato, ecco una trappola. Nascosto in mezzo a migliaia di pagine del piano di attuazione ecco l’articolo 2, comma F: «Lo strumento individua le aree agricole del Parco agricolo Milano Sud». È ancora Milly Moratti a sollevare il dubbio: «Se il parco è già agricolo, perché individuare le aree agricole?». Già, queste due righe potrebbero bastare per spalancare le porte al cemento nell’ultimo polmone verde all’ombra del Duomo.
Tanto per cominciare nel Parco sud sta per partire la costruzione del Cerba. E qui il discorso è scomodo: parliamo del Centro europeo per le biotecnologie avanzate. Insomma, un luogo dove si curerà il cancro, un progetto fortissimamente voluto da Umberto Veronesi, studioso cui tutti riconoscono notevoli meriti scientifici. Si tratta di un complesso di 620.000 mq (progettato da Boeri) proprio alle porte del Parco sud. Ma i punti sono altri: siamo in una zona di proprietà delle società Imco e Sinergia, che fanno capo ancora una volta a Ligresti (che proprio sul Cerba ha rinegoziato i propri debiti con le banche). Un’area costata appena 10 milioni per un progetto che ne vale 900. Un ottimo affare. E qui qualcuno potrebbe sollevare dubbi che meritano risposte. Forse Veronesi dovrebbe spiegare perché sono stati scelti proprio i terreni di Ligresti con cui condivide interessi imprenditoriali: il professore (e senatore del centrosinistra) è stato infatti fino al 2007 nel cda di Genextra, una società specializzata nello sviluppo delle biotecnologie che raccoglie tutti i nomi della Milano che conta, nonché di una bella fetta del mondo dell’imprenditoria del mattone e della sanità privata. Non solo: la Fondazione Umberto Veronesi e l’Istituto europeo di oncologia srl sono ancora azionisti di Genextra. Così forse Ligresti dovrebbe dissipare i dubbi di chi pubblicamente ha chiesto se ci fosse una relazione tra la sua partecipazione alla cordata patriottica di Alitalia e il via libera all’edificabilità nel Parco sud.
Ormai a Milano gli alberi non sono più di 30 piani, come diceva Celentano. Ne hanno 80. Intorno alla Madonnina «atterrerà» l’equivalente di 800 Pirelloni. Almeno, però, quello lo aveva disegnato Giò Ponti. Adesso ci pensa Arata Isozaki, che per CityLife ha rifilato alla città un progetto già disegnato per Tokyo. Un buon simbolo della Milano di oggi: un grattacielo «usato».

Ferruccio Sansa, giornalista de «Il Fatto Quotidiano» e autore (con Andrea Garibaldi, Antonio Massari, Marco Preve e Giuseppe Salvaggiulo) di La colata. Il partito del cemento che sta cancellando l’Italia e il suo futuro (Chiarelettere 2010)

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Last modified: 13 Luglio 2015