Visit Sponsor

Caterina CardamoneWritten by: Reviews

Renaat Braem grande e internazionale, ma i fiamminghi non lo dicono in giro

Una mostra dedicata all’architetto belga Renaat Braem nel centenario della nascita, curata da Sofie De Caigny e Katrien Vandermarliere (rispettivamente coordinatrice del CVAa-Centrum Vlaamse Architectuurarchieven e direttrice del Vai-Vlaams Architectuurinstituut), inaugura la nuova ala del kunstkampus deSingel di Anversa, progettata da Stéphane Beel (cfr. «Il Giornale dell’Architettura», n. 87, p. 19). La mostra illustra efficacemente (in una scenografia del gruppo Heimat) le tensioni che percorrono la produzione di Braem, restituendone la complessità: funzionalismo e ricerca organica, pragmatismo e riflessione critica, attenzione per gli aspetti sia collettivi sia elitari dell’abitare. S’inizia con l’utopia della città lineare tra il porto di Anversa e Liegi (1934), la collaborazione nello studio di Le Corbusier, la partecipazione ai Ciam (dal 1937) e la realizzazione di neigbourhood units espressioniste nei dettagli (come l’insediamento Kiel a Anversa, 1949-1958, nella foto) o astrattamente biomorfe nella concezione (Sint-Maartensdal a Lovanio, 1955-1971), fino al centro amministrativo Politietoren di Anversa (1950-1967, nel disegno in alto). Il tiro viene poi corretto dagli aspetti più visionari della sua produzione (la città satellite Lillo, modulo base per una Stad België, un’unica città Belgio diffusa su tutto il territorio), dal particolare rapporto tra architettura e natura (che culmina nella biblioteca di Schoten, 1968-1974, e nel più noto dei suoi edifici, il rettorato della Vrije Universiteit a Bruxelles, 1971-1976), dall’attenzione per gli aspetti biomorfi dell’architettura (la villa Van Humbeeck a Buggenhout, 1966-1970) che non ha mai comunque il sopravvento su un linguaggio epurato (si veda il processo di progettazione della propria residenza-studio a Deurne, 1953-1958). La mostra è integrata da un’attesa pubblicazione monografica (con un primo regesto delle opere di Braem) e dalla riedizione del suo Het lelijkste land ter wereld (Il più brutto paese del mondo, 1968, inedito in Italia). Ma se Braem è uno degli architetti belgi con maggiori potenzialità internazionali – visionario, sperimentatore, critico – ci si chiede perché ridurre la mostra a un evento che decide di non varcare (polemicamente?) i limiti della provincia nella scelta di chiusura linguistica nella comunicazione, escludendo inspiegabilmente un pubblico non neerlandofono dalla fruizione.
Renaat Braem 1910-2001, a cura di Sofie De Caigny, Elke Hoornaert, Katrien Vandermarliere; deSingel Internationale Kunstkampus, Anversa, fino al 9 gennaio
www.braem2010.be
 

Autore

  • Caterina Cardamone

    Nata a Catanzaro nel 1970, si laurea in Architettura all'Università di Firenze nel 1996, dove nel 2002 consegue il Dottorato di ricerca in Storia dell’architettura, con una tesi sulla ricezione dell’architettura antica e rinascimentale negli scritti di Josef Frank, protagonista del moderno viennese, e continua a occuparsi del tema (ha curato il volume "Josef Frank, L'architettura religiosa di Leon Battista Alberti", Electa 2018). Un ulteriore e più recente ambito di interesse è dato dai passaggi tecnico costruttivi nella trattatistica italiana del Rinascimento. È corrispondente del «Giornale dell’Architettura» dal 2007 ed è stata docente a contratto all’Université Catholique di Louvain-la-Neuve (Belgio) dal 2011 al 2016

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 55 times, 1 visits today)
Share
Last modified: 13 Luglio 2015