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Giovanni CaudoWritten by: Inchieste

Social housing all’italiana

Con il Sistema integrato di fondi immobiliari previsto dal Piano nazionale di edilizia abitativa (Pnea) nasce l’edilizia privata sociale, la versione italiana dell’housing sociale: «l’Edilizia privata sociale (Eps) è intesa come ambito innovativo che presuppone lo sviluppo di progetti di interesse generale diretti a categorie socialmente sensibili mediante una metodologia di attuazione propria del mercato immobiliare privato». Il Pnea (previsto dall’art. 11 della legge 6 agosto 2008, n. 133; attuato con dpcm del 16 luglio 2009) è il cosiddetto «Piano Casa» e si rivolge «all’incremento del patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso l’offerta di abitazioni di edilizia residenziale» per i nuclei familiari a basso reddito, le giovani coppie, gli anziani in condizioni svantaggiate, gli studenti fuori sede, i soggetti con procedure esecutive di sfratto, gli immigrati regolari a basso reddito residenti da almeno dieci anni nel territorio nazionale o da almeno cinque nella medesima regione.

Le misure del Pnea
Il Pnea si articola in sei linee d’intervento. La prima prevede la costituzione del Sistema integrato di fondi (Sif), le altre cinque articolano forme d’intervento più tradizionali, mentre l’ultima riguarda gli «interventi di competenza degli ex Iacp comunque denominati o dei comuni, già ricompresi nel Programma straordinario di edilizia residenziale pubblica, approvato con decreto ministeriale del ministro delle infrastrutture del 18 dicembre 2007». È la norma voluta dalle regioni e dall’Anci per recuperare in parte i 550 milioni stanziati dal governo Prodi. Nel novembre 2009 il ministero delle Infrastrutture, in attuazione della misura, ha ripartito alle regioni 198 milioni per interventi di edilizia residenziale pubblica (Erp). Altre misure riguardano: l’incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica con risorse pubbliche, comprese quelle derivanti dall’alienazione; la promozione finanziaria, anche a iniziativa di privati; le agevolazioni a cooperative edilizie. Per queste tre misure l’art. 4 del Pnea prevede la predisposizione di accordi di programma tra Stato e regioni e nel maggio scorso il ministero delle Infrastrutture ha stanziato complessivamente alle regioni 378 milioni. In totale, il finanziamento del Pnea ammonta a 576 milioni, più o meno quanto previsto dal precedente governo, per circa 15-20.000 alloggi (anche se nella maggior parte dei casi si tratterà di ristrutturazioni d’immobili esistenti e presumibilmente già occupati). La quinta misura, infine, prevede i «programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale». Su questa è intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 121 del marzo 2010) stabilendone l’incostituzionalità. La Corte ha rilevato che la possibilità di costituire «anche» dei programmi integrati che non perseguano finalità sociali è in contraddizione con le finalità del Pnea. Inoltre nella sentenza si legge che la misura in questione rende possibile uno sviamento delle finalità del piano e si pone «come un corpo estraneo in un complesso normativo statale, il quale trae la sua legittimità dal fine unitario dell’incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica».

Il Sistema integrato dei fondi
In particolare, si riferisce alla prima misura del Pnea (la «costituzione di un sistema integrato nazionale e locale di fondi immobiliari per l’acquisizione e la realizzazione di immobili per l’edilizia residenziale ovvero promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi, con la partecipazione di soggetti pubblici e/o privati, per la valorizzazione e l’incremento dell’offerta abitativa in locazione») il vademecum per l’attuazione dell’Eps distribuito nelle settimane scorse dalla Cassa depositi e prestiti. Nelle intenzioni si tratta di costruire un mercato della casa intermedio tra l’intervento tutto pubblico, la casa popolare per l’appunto, e quello tutto di mercato. È il mercato della «casa a costo accessibile», prevalentemente in affitto, per i soggetti troppo ricchi per la casa popolare ma troppo poveri per accedere al libero mercato. Per conseguire queste finalità si opera su due aspetti: quello delle risorse economiche, non più fondi pubblici ma investimenti pubblici e privati a redditività contenuta, e quello dei soggetti gestori degli immobili, non più o non solo gli ex Iacp. Quest’ultimo aspetto è al momento il meno considerato, anche se, trattandosi di alloggi da tenere in affitto anche per 25 anni, è un fattore decisivo per il successo del programma. Infatti, nel caso di costi di gestione elevati si renderebbe vano il margine di redditività dei capitali investiti e, per la quota a carico degli inquilini, si vanificherebbe il vantaggio ottenuto sul canone.

Il meccanismo del Sif
Le risorse economiche provengono dal mercato dei capitali a basso rischio e a bassa redditività. Il principio è mutuato da altri modelli in vigore nei paesi europei, specie quelli anglosassoni, che già sul finire del secolo scorso hanno riformato il sistema del welfare statale prevedendo delle forme di finanziamento miste pubblico-privato. Il meccanismo prevede la costituzione di un Fondo immobiliare nazionale dell’ammontare di circa 2,5 miliardi per finanziare le iniziative locali di Eps fino a un massimo del 40% dell’importo. Il ministero delle Infrastrutture ha bandito la gara per la selezione della società di gestione del risparmio (sgr) e la scadenza delle offerte è il 22 settembre. Nel bando ha trovato conferma l’indiscrezione dello sdoppiamento in due fondi (Nord e Sud?), ma è stata prevista la possibilità che ad aggiudicarsi entrambi i lotti possa essere un unico soggetto.
Motore finanziario del Piano è la Cassa depositi e prestiti: il fondo è infatti composto da «investimenti pubblici», circa 1 miliardo della stessa Cassa, da altri investitori istituzionali, soprattutto fondazioni bancarie, e dal mercato per la restante parte. Da parte dello Stato sono previsti solo 140 milioni. Nel 2009 la Cassa ha costituito una sgr, la Cdpi sgr, partecipata dalla stessa Cassa al 70% e il restante 30% diviso tra Acri (fondazioni bancarie) e Abi (Associazione banche italiane), ed è probabile che questa risulti dalla gara in corso l’unico, o comunque uno dei due soggetti che gestiranno il sistema di fondi nazionali.
Per la realizzazione degli interventi (cfr. schema) è necessario che in sede locale i comuni o le associazioni di comuni, le fondazioni bancarie e, ovviamente, gli operatori immobiliari raccolgano le risorse, anche attraverso un fondo immobiliare locale, per coprire la restante quota (60%) del costo degli interventi. Nel complesso gli investimenti, tra fondo nazionale e risorse locali, ammonteranno a circa 6-7 miliardi, pari al 10% degli investimenti nel settore delle nuove costruzioni nei periodi di vacche grasse e oggi, con la crisi in corso, si tratterebbe di un intervento ancora più significativo.

L’iniziativa locale
Da ottobre spetterà ai comuni, agli investitori, alle associazioni e alle rappresentanze sul territorio progettare per cogliere l’opportunità dell’Eps.
L’iniziativa locale è decisiva anche per chiarire aspetti importanti dell’Eps: si renderà più accessibile il diritto alla casa alle fasce sociali deboli offrendo canoni accessibili, inferiori a quelli di mercato? Chi sono i soggetti che potranno gestire gli immobili una volta realizzati? Chi sono e in che modo saranno individuati i soggetti destinatari di tali immobili? Come assicurarsi che gli interventi realizzino un approccio integrato degli aspetti immobiliari del bene «casa» con gli aspetti sociali dei «servizi» legati all’abitare?
L’innovazione al momento è stata limitata ai meccanismi finanziari, ma è evidente che se si vuole dare seguito alle intenzioni sarà necessario procedere ben oltre questa soglia.

Autore

  • Giovanni Caudo

    Nato a Fiumefreddo di Sicilia (1964), è architetto e professore associato di Urbanistica presso il Dipartimento Architettura dell’Università degli Studi “Roma Tre”, dove svolge attività didattica nel corso di laurea in Scienze dell’Architettura e nel dottorato. Dal luglio 2013 all’ottobre 2015 è stato assessore alla Trasformazione Urbana di Roma capitale. Svolge attività di ricerca sulla condizione urbana contemporanea studiata attraverso le forme dell’abitare e la nuova questione abitativa. A questo tema ha dedicato ricerche su aspetti specifici, sia in ambito nazionale (Territori post-metropolitani come forme emergenti: le sfide della sostenibilità, abitabilità e governabilità; Housing Italy, Padiglione Italiano all’11° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia), sia internazionale (Inclusionary housing: a comparative international analysis, Lincoln Institute of Land Policy, Cambridge Mass.) e soggiorni di studio presso l’University College di Londra. Socio della Società italiana degli urbanisti e membro della giunta, è stato rappresentante nazionale eletto dell’Associazione europea delle scuole di pianificazione (AESOP)

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Last modified: 14 Luglio 2015