Salemi (Trapani). Sinizia attraversando un nero corridoio di decompressione dalla realtà, di estraniazione, la cui funzione liminale di rito di passaggio non si attua però tra vita esterna e «spazio a parte» del percorso di visita, perché la messa in scena negli interni del Museo della mafia palpita della stessa brutalità lasciata «fuori», quella della più drammatica quotidianità vissuta in Sicilia negli ultimi 150 anni. Lantinomia piuttosto è con il bianco dominante nel Museo del Risorgimento, al piano terra dello stesso ex Collegio dei Gesuiti che ospita, al primo, quello nato da unidea di Vittorio Sgarbi. «Rappresentazione di un fenomeno e di un periodo storico che è arrivato alla fine, come in un museo archeologico (…) al di là della certezza», chiarisce Sgarbi, «che la mafia abbia comunque potere».
A interpretare e tradurre in pratica questa idea una squadra di giovanissimi, dal ventiseienne direttore artistico Nicolas Ballario, affiancato dagli altri dodici ragazzi della Fondazione Sgarbi e dallartista Cesare Inzerillo (allestimenti e progettazione). Intitolato a Leonardo Sciascia, inaugurato l11 maggio dal Presidente della Repubblica, il museo si sviluppa in undici sale attraverso veri e propri percorsi sensoriali, tra installazioni, luci, suoni, colori e odori.
Limpatto è forte a cominciare dal logo-shock di Oliviero Toscani: una macchia di sangue che si allarga a formare la Sicilia. Quindi, ritmi cardiaci elevati da subito attraverso il labirinto di dieci stazioni pensate come cabine elettorali. Tre minuti di filmati ciascuna per calarsi nelle varie tessere della storia di Cosa nostra: da quella sul potere, dove da un trono ci si guarda in uno specchio deformante, a quella sullintimidazione, con tracce della combustione, di cui rimane persino lodore acre, a quella ispirata a un macello con mattonelle bianche sporche di sangue, in cui video di stragi si alternano a quelli di mattanze, che lo stesso Sgarbi ha dovuto vietare ai minori dopo i primi malori. E poi carcere, famiglia, politica, religione, stragi, controllo dellacqua, informazione e sanità.
Nella sala «Palermo felicissima» Inzerillo ha ricreato uno dei tanti abusi edilizi della Palermo del sindaco Vito Ciancimino, con la mummia di un morto ammazzato che affiora da un pilastro, a ricordare le vittime inghiottite nei palazzi che spuntavano come funghi. Ai lati le fotografie della Palermo devastata dal cemento fanno da triste pendant a quelle della bella città che fu. Oltre, la cronistoria di Cosa nostra scorre attraverso centinaia di prime pagine di quotidiani, mentre nella più «sgarbiana» delle sale, quella delle pale eoliche, i paesaggi ritenuti «stuprati» da questo business sono evocati dal pavimento che si fa manto erboso per proseguire in maniera illusiva, attraverso le proiezioni, su tutte le pareti.
Nelle sale delle mostre temporanee sfilano i ritratti delle vittime della mafia firmati dal fiammingo Patrick Ysebaert (1947) e, se citando il procuratore antimafia Aldo Grasso, Sgarbi ricorda che «la mafia è stata decapitata, non ha più un vertice», ecco che proprio una di quelle «teste», il ritratto di Totò Riina di Mimmo Centonze, «viene esibito», spiega, «senza paura, senza ipocrisia, come le teste mostruose dei carnefici di santa Lucia nel dipinto del Caravaggio». Le dieci tele del pentito Gaspare Mutolo raccontano la Sicilia «vista da mafioso prima, da carcerato poi e infine da uomo libero».
Se il critico-sindaco si vanta di aver bruciato sul tempo Las Vegas che sta per aprire due strutture dedicate alla mafia, in realtà un grande progetto museale, rimasto sulla carta, circolava tra Calabria e Sicilia da 15 anni: il Museo internazionale della mafia (Mim), pensato da Marcello Sèstito (docente alla facoltà di Architettura di Reggio Calabria) da realizzarsi ex novo, prima sul lungomare reggino poi, tra il 2007 e il 2008, a Lentini (Siracusa). Al di là delle finalità dichiarate, non mancano nemmeno le affinità tra i due musei: da una parte le cabine, dallaltra «le stanze tematiche dalle diverse forme geometriche»; di qui il pilastro con la mummia, di lì la vita di simulacri umani fermata dentro colonne trasparenti. Semmai, il Mim si apre a una visione più globalizzata del fenomeno criminale e alle sue diverse forme associazionistiche (non solo mafia, ma ndrangheta e camorra).
E se nel 2008 il Centro per il restauro di Palermo aveva eliminato dalla «Carta regionale dei luoghi dellidentità e della memoria» quella dei luoghi della storia mafiosa, per «fugare i sospetti di attribuire valore turistico alle località segnate dal dolore del martirio della società civile», a Sgarbi va riconosciuta una determinazione che non si fa intimidire da dietrologie, seppur forte di un lasciapassare mediatico se possibile ancor più ammaliante in una Sicilia che sta per vedere tradotta in pratica la «grande utopia»: case a un euro nel centro storico di Salemi.
Articoli recenti
- Aperto, urbano, sobrio. Il Grande Maxxi si prepara al cantiere 1 Ottobre 2025
- Ri_visitati. Rezé, il Le Corbusier rimosso 30 Settembre 2025
- Al di là del muro: nuove narrazioni architettoniche sul confine 30 Settembre 2025
- Intelligenza e democrazia in architettura: il progetto come bene comune 29 Settembre 2025
- L’Italia senza casa 27 Settembre 2025
- Nicholas Grimshaw (1939-2025) 27 Settembre 2025
- L’evoluzione della sicurezza domestica: dalle serrature di base agli ecosistemi intelligenti 26 Settembre 2025
- BiSP 2025: Insieme, concetti per lo spazio pubblico 24 Settembre 2025
- BiSP 2025: università che insegnano con lo spazio 24 Settembre 2025
- BiSP 2025: transizione ecologica e vivibilità 24 Settembre 2025
- BiSP 2025: la prossimità che arricchisce 24 Settembre 2025
- E se ogni città diventasse una National Park City? 23 Settembre 2025
- Le forme di Raffaello Galiotto sull’Axis Mundi 23 Settembre 2025
- Cersaie, sempre più costruzione di pensiero 19 Settembre 2025
Tag
Edizione mensile cartacea: 2002-2014. Edizione digitale: dal 2015.
Iscrizione al Tribunale di Torino n. 10213 del 24/09/2020 - ISSN 2284-1369
Fondatore: Carlo Olmo. Direttore: Michele Roda. Redazione: Cristiana Chiorino, Luigi Bartolomei, Ilaria La Corte, Milena Farina, Laura Milan, Arianna Panarella, Maria Paola Repellino, Veronica Rodenigo, Cecilia Rosa, Ubaldo Spina. Editore Delegato per The Architectural Post: Luca Gibello.
«Il Giornale dell’Architettura» è un marchio registrato e concesso in licenza da Società Editrice Allemandi a r.l. all’associazione culturale The Architectural Post; ilgiornaledellarchitettura.com è un Domain Name registrato e concesso in licenza da Società Editrice Allemandi a r.l. a The Architectural Post, editore della testata digitale, derivata e di proprietà di «Il Giornale dell’Architettura» fondato nell’anno 2002 dalla casa editrice Umberto Allemandi & C. S.p.A., oggi Società Editrice Allemandi a r.l.
L’archivio storico
CLICCA QUI ed effettua l’accesso per sfogliare tutti i nostri vecchi numeri in PDF.
© 2025 TheArchitecturalPost - Privacy - Informativa Cookies - Developed by Studioata