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Silvia MazzaWritten by: Progetti

Teatri siciliani, tra sprechi e tempi biblici

A Palermo sempre chiuso il Garibaldi…

Un teatro in ostaggio di lavori dichiarati conclusi pur non essendolo, e soprattutto discutibili per averne snaturato la sala. È il caso del Garibaldi alla Kalsa, membro per l’Italia, accanto al Piccolo di Milano, lo Stabile di Torino e il Teatro di Roma, dell’Unione teatri d’Europa (Ute). Un teatro offeso da oltre due anni e mezzo di chiusura per un intervento di recupero e consolidamento, con un finanziamento di 4,6 milioni nel 2007, che ha tradito le intenzioni dei progettisti, l’architetto Giuseppe Marsala e l’ingegnere Pietro Faraone, che miravano a una rivisitazione funzionale e concettuale delle architetture esistenti – poco più che scheletri vittime di una bieca storia di noncuranza, vissuta dal teatro tra la sua ultima stagione  nel 1966 e l’anno della riapertura  nel 1996 – votate a far da cornice «archeologica» allo spazio della messinscena. Oggi invece i palchi sono stati violati dall’abbattimento dei muretti separatori ottocenteschi, sono stati chiusi due accessi in scena, e non vi è traccia della gradinata a scomparsa e del palcoscenico mobile, punti qualificanti del progetto regalato al Comune dall’Associazione che ha impedito che il Garibaldi scomparisse e che lo ha in gestione fino al 2011. La data della riconsegna era stata fissata al 30 novembre 2008, ma poi sempre rinviata, compromettendo l’attività teatrale per due stagioni: da giugno a dicembre 2009, e poi a quest’estate e ancora a novembre. E di anni ne sono passati così tre. Il direttore artistico Matteo Bavera denuncia «il collaudo di dubbia correttezza effettuato alla fine del giugno scorso», e parla di «fondi europei sprecati»: per strada si sarebbero persi 2,1 milioni. Intanto l’impresa continua a occupare lo stabile. Non intravedendo alcun impegno concreto da parte dell’Ufficio del centro storico, Bavera decide di far appello alla solidarietà internazionale: dai palcoscenici di Madrid, Milano (il Piccolo Teatro), Bogotà, e infine l’11 aprile dall’assemblea dell’Ute a Nanterre ha promosso una raccolta di firme per la riapertura immediata del teatro. E proprio l’Ute ha invitato «l’Unione Europea alla verifica del regolare svolgimento dei lavori e delle somme impiegate».

… ma a Siracusa apre il Massimo
Con la gara d’appalto per l’assegnazione dell’ultimo lotto a marzo, ha preso avvio la fase conclusiva dell’intervento di restauro che riconsegnerà, a oltre mezzo secolo dall’ultima rappresentazione, il Teatro Massimo Comunale. Attivo sino a tutti gli anni cinquanta, era stato poi chiuso per eseguire lavori di riparazione delle coperture e da allora non aveva più riaperto. Progettato nella seconda metà dell’Ottocento dal veneziano Antonio Breda e completato dal palermitano Giuseppe Damiani Almeyda nel gusto neoclassico con decorazioni di tipo pompeiano (come per il Politeama Garibaldi di Palermo, sempre di Almeyda), è stato sottoposto dall’amministrazione comunale a tre interventi di parziale recupero delle opere di decoro artistico e di miglioramento antisismico conclusi nel 2001, che hanno però lasciato il complesso privo di macchina scenica e di collegamenti verticali. Dal 2006 ai primi mesi del 2009 è stato quindi coinvolto il Centro regionale progettazione e restauro (Crpr) di Palermo per il completamento degli interventi strutturali e il recupero dell’edificio con fondi della Protezione civile in base alla Legge 433/91 per la ricostruzione dei comuni colpiti dagli eventi sismici del 1990. Gli interventi hanno comportato, tra l’altro, la riconfigurazione del sistema platea-fossa orchestrale e il ripristino dei locali di rappresentanza (foyer, bar, sala thè). Il Crpr continua ad affiancare i tecnici del Comune con funzione di consulenza anche per quest’ultimo lotto, il cui costo è di 5,4 milioni, dei quali 4 recuperati dal Comune accendendo un mutuo bancario, il resto finanziato con fondi residui della L.433/91. Secondo il progetto redatto dall’Ufficio centro storico con a capo l’assessore Ferdinando Messina, quest’ultimo stralcio prevede il completamento delle opere di finitura.

Autore

  • Silvia Mazza

    Storica dell’arte e giornalista, scrive su “Il Giornale dell’Arte”, “Il Giornale dell’Architettura” e “The Art Newspaper”. Le sue inchieste sono state citate dal “Corriere della Sera” e dal compianto Folco Quilici nel suo ultimo libro Tutt'attorno la Sicilia: Un'avventura di mare (Utet, Torino 2017). Dal 2019 collabora col MART di Rovereto e dallo stesso anno ha iniziato a scrivere per il quotidiano “La Sicilia”. Dal 2006 al 2012 è stata corrispondente per il quotidiano “America Oggi” (New Jersey), titolare della rubrica di “Arte e Cultura” del magazine domenicale “Oggi 7”. Con un diploma di Specializzazione in Storia dell’Arte Medievale e Moderna, ha una formazione specifica nel campo della conservazione del patrimonio culturale. Ha collaborato con il Centro regionale per la progettazione e il restauro di Palermo al progetto europeo “Noè” (Carta tematica di rischio vulcanico della Regione Sicilia) e alla “Carta del rischio del patrimonio culturale”. Autrice di saggi, in particolare, sull’arte e l’architettura medievale, e sulla scultura dal Rinascimento al Barocco, ha partecipato a convegni su temi d’arte, sul recupero e la ridestinazione del patrimonio architettonico-urbanistico e ideato conferenze e dibattiti, organizzati con Legambiente e Italia Nostra, sulle criticità dei beni culturali “a statuto speciale”, di cui è profonda conoscitrice.

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Last modified: 17 Luglio 2015