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William J.R. CurtisWritten by: Inchieste

La torre è uno sgraziato gadget d’acciaio

Boris Johnson, sindaco di Londra, voleva costruire un’«icona» per il sito delle Olimpiadi 2012, un’attrazione turistica con cui, a giochi finiti, attirare la gente in questa terra di nessuno. Il magnate dell’acciaio Lakshmi Mittal, l’uomo più ricco del Regno Unito, ha accettato di finanziare l’impresa fiutando l’opportunità di promuovere la sua enorme Arcelor Mittal. È stato bandito un concorso e riunita una giuria di nababbi ed esperti della scena artistica londinese. Il 31 marzo è stato annunciato il progetto vincitore: l’eccentrica torre a spirale di travi rosse, alta 115 metri, disegnata dall’artista Anish Kapoor insieme a Cecil Balmond.
Questo progetto sgraziato, un gadget d’acciaio poco più alto della Statua della Libertà, ha innescato sulla stampa la caccia ai paragoni: versione crollata della Torre Eiffel, scivolo di luna park, riciclaggio del progetto mai realizzato di Vladimir Tatlin per la Terza internazionale (1920). Il costo previsto è di circa 19 milioni di sterline, 16 dei quali saranno finanziati da Mittal (più l’acciaio) e il resto dal London Development Agency. In onore del patrono sarà chiamata «Arcelor Mittal Orbit».
Kapoor si è affermato negli anni novanta con lavori di notevole potenza e nel 2002, quando è stato invitato a realizzare un’opera per la sala delle turbine della Tate Modern, ha inventato la straordinaria «Marsyas», una membrana di stoffa rossa, simile a una tromba, tesa su una cornice leggera disegnata dallo stesso Balmond. L’ingegnere, coinvolto anche in vari progetti di archistar come Toyo Ito e Rem Koolhaas, preferisce le geometrie complesse a quelle semplici; nei suoi lavori ha esplorato trasformazioni algoritmiche, l’ideale per gli architetti che amano torcere, inclinare e capovolgere, anche se a volte tale «complessità» sembra gratuita.
Con l’«Orbit» Kapoor e Balmond hanno dato vita a una sfortunata anomalia che non può rivendicare lo status di scultura né di architettura e che somiglia troppo al marchingegno di una zona industriale per essere convincente dal punto di vista artistico. La forma è confusa, le geometrie caotiche e non c’è un rapporto chiaro tra l’idea e i metodi strutturali delle intricate travi. Qual è, tra l’altro, l’idea? Il progetto non ha alcun significato simbolico. Si traveste da arte pubblica ma rischia di sembrare l’aggeggio autoindulgente di un plutocrate, il giocattolo di un tycoon. L’Orbit potrebbe diventare un’impresa privatizzata con tanto di biglietto, tipo l’infelice London Eye, quell’enorme macchinario da luna park che continua a trattare il centro di Londra come se fosse un parco divertimenti.
Nella scultura ogni forma ha le sue dimensioni e se l’oggetto è troppo tronfio diventa una caricatura di se stesso, tendenza ahimé presente in varie opere «monumentali» di Kapoor. Invece di contenere il design, l’ingegnere sembra aver fatto il contrario: un vuoto esercizio per realizzare una specie di «torre anticartesiana». Le doti pratiche di Balmond sono irreprensibili, ma il suo gusto visivo solleva qualche dubbio. Il suo ponte di Coimbra in Portogallo (2006) ha un gomito («per la stabilità laterale», dice lui), ma le membrature sproporzionate bastano a far rigirare nella tomba grandi ingegneri come Robert Maillart o Gustave Eiffel. Manca quello che Pier Luigi Nervi definiva «il senso intuitivo della forma strutturale».
Così Mittal avrà il suo monumento e Johnson la sua «icona» (come se Londra, ricca di edifici storici, ne avesse bisogno!); ma che cosa essa rappresenta davvero? Il boomerang della cruda realtà sociale rischia di tornare indietro. È opinione diffusa che Arcelor Mittal sia associato alla chiusura delle acciaierie. Per i critici, quelle enormi somme di denaro sarebbe meglio spenderle in servizi pubblici e nella creazione di posti di lavoro piuttosto che in una follia colossale. Questa struttura goffa, che male si riflette sia sull’artista che sull’ingegnere, potrebbe un giorno essere vista come un infelice gesto di esaltazione plutocratica che ha segnato, per ironia storica, la fine della produzione d’acciaio britannica. L’«icona» rischia di essere involontariamente letta come una sorta di gigantesca gru che crolla, fatta di quello stesso materiale che un tempo rendeva grande l’industria del paese.

Autore

  • William J.R. Curtis

    Storico e critico dell'architettura, pittore e fotografo. Le sue più note opere sono "Modern Architecture Since 1900" (traduzione italiana) e "Le Corbusier: Ideas and Forms", entrambe considerate dei classici. Collabora regolarmente con numerose riviste internazionali e ha ricevuto svariati riconoscimenti. Tra le pubblicazioni recenti, "Abstraction y Luz/ Abstraction and Light", catalogo della retrospettiva dei suoi disegni, pitture e fotografie tenuta all'Alhambra di Granada nel 2015

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Last modified: 17 Luglio 2015