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Danilo Udovicki-SelbWritten by: Progetti

Clinton Presidential Center +5

Non sono ancora passati cento anni, questo è certo, visto che la capsula del tempo inserita nell’edificio, con una copia dell’autobiografia di Bill Clinton, un cellulare e una lattina di Diet Coke, verrà aperta solo nel novembre 2104. Per noi mortali, o almeno per i lettori mortali di questo Giornale, cinque anni sono il magico arco di tempo per valutare la tenuta di un edificio. Ma chissà se per quella data così lontana questo edificio esisterà ancora… «Questa è l’America!», si ripete qui quando si vuol far risaltare un’amata curiosità, come le nonnine ottuagenarie che tengono in casa un’arma automatica o che si aggirano guardinghe nei negozi con in testa i bigodini. E comunque, a novembre, il «Washington Post» ci ha comunicato che «La Biblioteca Clinton ha ottenuto il massimo riconoscimento di tutte le imprese architettoniche: lo status immediato d’icona». Siamo salvi! Bene, torniamo indietro ad alcuni fatti che riguardano questa «icona» più pomposamente nota come The William Jefferson Clinton Presidential Center. Innanzitutto non è una biblioteca nel senso comune del termine. Le biblioteche sono semplici custodi degli archivi di un presidente, tradizione inaugurata da Franklin Delano Roosevelt. Quella di Little Rock, senza dubbio in cima all’elenco prima della Kennedy Library di Ieoh Ming Pei, è stata disegnata da James Polshek e Richard Olcott di New York, studio fondato nel 1963 e catapultato da un giorno all’altro sotto le luci della ribalta dal suo Rose Center, l’enorme cubo di vetro scintillante del museo di Storia naturale di New York aperto nel 2000. È stato proprio grazie a quell’edificio che Clinton ha scelto Polshek su tutti gli speranzosi vincitori del premio Pritzker, invitati a cena con un pizzico di perfidia visto che sembrava non voler coinvolgere nessuna star. Un altro dato importante è il delirante studio della figlia Chealsy sul lavoro di Polshek per la Stanford University, che il padre le aveva chiesto di esaminare. Questa è l’America.
L’immediata reazione all’edificio di Little Rock, la più grande biblioteca presidenziale con i suoi 6.382 mq, è stata quanto mai negativa, poiché in quella città del «profondo Sud» era palpabile il disagio per la scelta di un architetto newyorkese del remoto nord-est invece di uno del posto. Con un sorprendente cocktail di rancore «confederato» persistente nei confronti degli yankee, e una certa dose di complessi provinciali, Kyle Brazzel dell’«Arkansas Democrat-Gazette» ha scritto che Polshek offendeva in modo esplicito i cittadini del suo stato che pagavano l’opera con le tasse (oltre 250 milioni di dollari!) per ritrovarsi «presi ingiustamente in giro da quei newyorchesi» che, come modello della biblioteca, avevano scelto una delle onnipresenti e bruttissime case mobili dell’Arkansas! Stesse dimensioni, stessa distribuzione delle aperture e, cosa anche peggiore, «sospesa su pilastri di calcestruzzo!» come le baracche del Sud. Un «ponte»? I pareri sono migliorati tre anni dopo, quando Little Rock si è resa conto che a Rotterdam era stata inaugurata un’identica struttura quasi in contemporanea con la loro biblioteca, il Brug Unilever dello studio JHK Architecten! I progetti erano addirittura mossi dalla stessa idea, celebrare un importante ponte del xix secolo per preservare il centro storico di Rotterdam e per incorniciare le vedute del parco di Little Rock, interagendo entrambi con il fiume su cui si protendono. Come ha notato in modo convincente Nicolai Ouroussoff, critico di architettura del «New York Times», l’edificio non è né un ponte né una casa mobile. «In realtà, i suoi elementi migliori si trovano tra quei due estremi: l’aspetto moderno maschera l’ottima padronanza delle tradizioni locali, dai decadenti ponti industriali alle sgangherate baracche, persistente emblema del vecchio Sud». Tra le soluzioni più riuscite per un luogo che ospita materiale cartaceo sensibile, e che Clinton voleva «democraticamente trasparente e inondato di luce», l’uso del modernissimo vetro laminato, che modifica la luce del sole senza ridurre la trasparenza. La certificazione Leed, concessa tra le altre cose anche per questo, è passata in cinque anni da «argento» a «platino».
Tuttavia, l’effetto più significativo dell’intervento, dovuto in larga misura a Clinton, è la saggia scelta di un ex terreno ferroviario, i binari abbandonati della defunta Chicago, Rock Island and Pacific Railroad che correva lungo il fiume. Il risultato è un pregevole esempio di rinnovamento urbano. Il centro del parco, ora utilizzato da migliaia di visitatori, è una piazza con la fontana circondata dagli edifici principali. Comprende anche un orto botanico, un anfiteatro, dei giardini e un parco giochi.
Questa biblioteca pubblica, costruita su un terreno pubblico in cerca di redenzione – senza le pericolose conseguenze dell’imborghesimento delle zone urbane tradizionali da parte di costruttori privati e a beneficio dei ricchi – sembra rientrare in una tendenza in crescita negli Stati Uniti. In un modo molto americano, la zona continua ad attirare attività: servizi e alberghi per i turisti. I profitti del turismo (nell’edificio si possono addirittura ammirare le scarpette da ballo dell’infanzia di Hillary Clinton!) giovano all’intera città, la cui trasformazione da industriale a terziaria è stata accelerata proprio da questo intervento.

Autore

  • Danilo Udovicki-Selb

    Laureato in Architettura e pianificazione all'Università di Belgrado, ha conseguito un master in Filosofia al Boston College e un dottorato in Storia, teoria e critica dell'architettura Massachusetts Institute of Technology. È docente associato presso la Austin School of Architecture dell'Università del Texas.Ha pubblicato molti contributi sugli anni 30 in Francia e Unione sovietica, in particolare sull'avanguardia architettonica russa, su Charlotte Perriand e Le Corbusier. La sua più recente pubblicazione ha riguardato la cura del volume “NARKOMIN: Moisej Ginzburg and Ignatij Milinis” (Ernst Wasmuth Verlag, Berlino). Attualmente, sta scrivendo un libro sulle avanguardie sovietiche nell'epoca staliniana. È corrispondente del Giornale dell’Architettura dal 2003.

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Last modified: 17 Luglio 2015