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Roberta ChionneWritten by: Reviews

La Biennale di Sejima: People Meet Architecture

Venezia. La conferenza stampa di presentazione della 12° Biennale, lo scorso 22 gennaio, non è stata un fuoco d’artificio di nomi e programmi roboanti. Un solo grande nome, quello del direttore di questa edizione, Kazuyo Sejima, e il titolo da lei scelto, «People Meet Architecture» hanno tuttavia trasmesso efficacemente ciò che si propone di essere la prossima Biennale. La minuta progettista nipponica non usa molte parole e molto tempo per comunicare ai giornalisti il suo pensiero, riuscendo a essere al tempo stesso semplice ma non banale, delicata ma potente come le sue architetture e come la frase con cui esordisce: «Sono un architetto, e il mio sogno è che l’architettura possa fare molto per lo stile di vita contemporanea; e che la gente possa fare molto per l’architettura». Partendo da questa idea Sejima ha provato a immaginare una Biennale che aiuti gli individui e la società a relazionarsi con l’architettura, l’architettura a relazionarsi con gli individui e le persone a relazionarsi tra loro.  Una biennale che permetta di sperimentare le potenzialità dell’architettura, per comprendere come essa esprima nuovi modi di vivere e per mostrare che è il frutto di valori e approcci differenti. Per realizzare questi obiettivi – che potrebbero sembrare scontati e che tuttavia paiono da diversi anni l’ultima preoccupazione per numerosi progettisti e curatori – Sejima ha chiesto agli architetti invitati (i nomi non sono stati ancora comunicati) di essere curatori dello spazio loro assegnato, impegnandosi a rendere comprensibile il processo che sottintende il loro progetto e a cercare una relazione con il contesto in cui opereranno, considerando l’esperienza sia fisica sia concettuale del visitatore. Non dunque una mostra-contenitore di fotografie o modellini di progetti realizzati o da realizzarsi, ma una serie di spazi che possano essere percepiti in una sorta di continuum coerente e comprensibile, benché scaturiti da differenti intenzioni e modalità progettuali.
Sejima non ha condito con altre considerazioni o dettagli operativi le intenzioni di questa Biennale, peraltro già anticipate e illustrate con entusiasmo e sensibilità dal presidente Paolo Baratta. Il titolo «People meet architecture» è in linea con lo spirito che ha determinato la scelta dell’architetto giapponese come direttore di questa edizione: esprime l’idea di un’architettura come luogo d’incontro programmato, che ci aiuta a organizzarci e a diventare società; esprime l’organizzazione di uno spazio in cui si vive e non la rappresentazione di oggetti potenti; esprime un’architettura in grado di tracciare confini tra in e out, tra persone e funzioni, ma non come segno di violenza.
Gli eventi di punta di questa Biennale, in programma dal 29 agosto al 21 novembre ai Giardini e all’Arsenale (vernice 26, 27 e 28 agosto), saranno i «Sabati dell’Architettura» e il «Progetto università». I primi sono appuntamenti settimanali previsti per tutta la durata della mostra, ciascuno dei quali sarà curato, oltre che da Sejima, da ciascun direttore delle precedenti Biennali: Vittorio Gregotti, Paolo Portoghesi, Francesco Dal Co, Hans Hollein, Massimiliano Fuksas, Deyan Sudjic, Kurt W. Forster, Richard Burdett, Aaron Betsky. Il «Progetto università», finalizzato ad attivare specifici protocolli d’intesa con gli atenei, propone una collaborazione con scuole italiane ed europee per la definizione di programmi di visita alla mostra che costituiranno un momento formativo per gli studenti delle facoltà di Architettura, Ingegneria, Design, Comunicazione e Sociologia. E proprio gli studenti, come ha detto Baratta, potranno forse trarre nuove speranze e stimoli nella direzione indicata da Sejima, e constatare che si può essere grandi architetti anche, e forse soprattutto, progettando in funzione delle persone e della società.

Autore

  • Roberta Chionne

    Architetta e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica presso il Politecnico di Torino, collabora dal 2002 con “Il Giornale dell’Architettura”, di cui è redattrice dal 2007 al 2014, responsabile in particolare del settore cultura e degli inserti monografici mensili. Iscritta all'Ordine dei giornalisti, è autrice per centri culturali e riviste tra cui «Nigrizia», «Pagina99», «Cer Magazine» e l’Istituto di studi storici Gaetano Salvemini, con cui collabora dal 2001 al 2008 al progetto «Polonia tra passato e futuro», curando la sezione architettura della mostra «Costruttivismo in Polonia» (Bollati Boringhieri, 2005). Dal 2010 si occupa di progetti e autori africani che promuovono i valori della sostenibilità e della creatività, scrivendo articoli e saggi tra cui «Made in Mali - Cheick Diallo designer» (Silvana editoriale, 2011)

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Last modified: 17 Luglio 2015