Rientrato da un lungo soggiorno in Germania, sono rimasto colpito dalla spensierata ebbrezza con cui vengono impostati ambiziosissimi piani di costruzione in tutta Italia. Non discuto la necessità di alcuni interventi infrastrutturali, ma sono colpito dallassenza di seri interrogativi culturali e ambientali sul loro impatto. È come se chi li concepisce non si rendesse conto delle caratteristiche uniche del nostro paese.
Ve ne sono per tutti i gusti: il ponte di Messina, la tangenziale di Cortina dAmpezzo, diverse centrali nucleari, parecchi aeroporti in luoghi strampalati, nuovi stadi e centri commerciali, una nuova Disneyland a poca distanza dal castello di Masino in Piemonte, progetti faraonici fra Mestre e Tessera che soffocheranno Venezia una volta per tutte. Se questo programma, accompagnato dallincessante costruzione di capannoni industriali e dagli effetti delle nuove norme in materia dedilizia abitativa, dovesse andare in porto, il paesaggio naturale e urbano della penisola verrà stravolto per sempre. Colpisce che, con leccezione delle benemerite associazioni che cercano di tutelare il patrimonio storico-artistico, nessuno se ne preoccupi. Si opera come se avessimo gli spazi del New Mexico mentre siamo un paese con unaltissima densità abitativa.
Proprio limpassibile indifferenza che accompagna questa patologia è scandalosa.
LItalia rivendica di essere una superpotenza culturale, di essere il paese più bello del mondo; è – peraltro giustamente – orgogliosa del made in Italy. Ma fino a quando potrà ostentare queste certezze? La Germania da cui provengo non si considera una superpotenza culturale ma cura con grande attenzione il proprio paesaggio, gestisce la propria rete museale senza condizionamenti politici, tutela con severità i beni culturali sopravvissuti alla seconda guerra mondiale e alle speculazioni degli anni sessanta. Non parlo nemmeno del sostegno di cui godono teatri lirici e orchestre filarmoniche, diffuse in tutte le città tedesche nel rispetto di una secolare tradizione municipale analoga alla nostra e che nessuno oserebbe ridimensionare.
È triste fare questo confronto proprio con un paese che ama tuttora lItalia. SullItalia i tedeschi sono come dei fanciulli: incapaci di vedere le bruttezze; ma per quanto tempo ancora? Ormai partono dalla Germania segnali dallarme che questo cruciale pilastro mediterraneo della cultura europea possa diventare irriconoscibile. Per i tedeschi, così come per molti stranieri, lidentità dellItalia coincide anche con uninsostituibile eredità culturale e paesaggistica. Questa identificazione non è una romantica ed elitaria reminiscenza del Grand Tour. Ha un notevole valore economico che dovrebbe essere presente allattenzione di governanti, amministratori, imprenditori, cittadini. Il made in Italy, utilizzato con stucchevole frequenza dai distruttori del nostro territorio, trae la sua forza anche da questo straordinario radicamento territoriale.
Difendere con le unghie beni culturali e paesaggio non significa guardare indietro: costituisce una responsabilità non solo civile ma unopportunità economica.
La battaglia per la difesa del nostro patrimonio deve salire di tono per obbligare la politica a fronteggiare finalmente le proprie responsabilità. Possibile che non ci si renda conto che di questo passo e al massimo nel giro di una generazione, lItalia intera sarà una grande distesa di capannoni industriali, di pubblicità abusiva, di parchi pubblici sporchi e fatiscenti? Chiunque cerchi dintervenire riceve le stesse risposte: il progresso economico, la concorrenza, i posti di lavoro. Come se il mantenimento di un patrimonio culturale e ambientale non significasse moltissimo anche in termini di Pil, di reddito, di occupazione. Su questi argomenti, prevale purtroppo in Parlamento uno spirito bipartisan: vi è poco da attendersi in quella direzione.
Sono i giovani che devono avere il coraggio civile di gridare alla politica «adesso basta», di sostenere gli organismi privati che agiscono per la tutela dinteressi generali, di spezzare lipocrisia di chi distrugge le fondamenta culturali del made in Italy. Non dimentichiamo mai che gli attentati della mafia nel 1993 colpirono (si pensi agli Uffizi a Firenze) luoghi simbolo di cultura e di bellezza. Dove queste non prosperano i nemici della crescita civile di un paese possono esercitare la propria nefasta opera senza vincoli. Quindi, forza giovani: utilizzate Facebook, Twitter. Dimostrate che il mantenimento dei beni culturali importa ancora a tanti italiani civili. Respingete questa sottile opera di corrosione – estetica, culturale, civile – della nostra identità. Fatevi sentire.
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