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Caterina CardamoneWritten by: Città e Territorio

Il Belgio si regala due stazioni

L’inaugurazione quasi contemporanea delle due stazioni di Liegi e Anversa (rispettivamente il 18 e il 25 settembre) è un momento decisivo – doverosamente celebrato dai media belgi – nella messa a punto della prima rete ad alta velocità che attraverserà un paese europeo da frontiera a frontiera, e che diverrà operativa da inizio 2010 con il completamento della linea Anversa-Amsterdam.
Le scelte sono simili per entrambe le stazioni: integrare le nuove infrastrutture nella rete ferroviaria esistente (che ha quindi beneficiato indirettamente degli investimenti di 5,2 miliardi) e nella rete dei trasporti pubblici (occasione del tutto mancata per Liegi, secondo la stampa locale; cfr. «Le Soir» del 22 settembre), ponendo l’accento sull’accessibilità. Viene mantenuto il sito di entrambi gli scali, portando l’alta velocità all’interno della città storica. I due edifici diventano così importanti nodi di trasformazione urbana, un crocevia piuttosto che un taglio nella città. In questo senso è anche da intendere l’ulteriore progetto della Sncb (le ferrovie belghe) per il rifacimento del fronte sull’avenue Frosny della Gare du Midi a Bruxelles e del suo difficile intorno urbano, affidato a Jean Nouvel.
Ad Anversa, l’operazione consiste in un ampliamento della stazione storica (1898-1905) firmato da Jacques Voncke. Il progetto è chiaro nella distribuzione dei percorsi, intelligente nelle soluzioni architettoniche e nella scelta di materiali discreti rispetto alle preesistenze, meno condivisibile nel dettaglio delle scelte formali. La grandiosità delle dimensioni della galleria vetrata viene ripresa in profondità portando la luce naturale fino a quota -20 m, illuminando entrambi i livelli interrati. Un secondo accesso posteriore e un asse trasversale di attraversamento sono i principali elementi di ricomposizione urbana.
Nel caso di Liegi, invece, la trasformazione della città sembra funzionare per impatto frontale. Difficile immaginare, infatti, al momento attuale, un contrasto più stridente nelle ambizioni: le nitide strutture in acciaio (spagnolo) progettate da Santiago Calatrava incombono leggere sul tessuto minuto e incoerente del quartiere des Guillemins, già sventrato per la necessità di spostare il sito della stazione verso la Mosa, rendendo evidente che la città potrà metabolizzare la presenza dell’intervento soltanto attraverso profonde trasformazioni, per le quali non mancano, del resto, proposte dell’architetto spagnolo. Calatrava immagina un’arteria monumentale che dovrebbe collegare la stazione alla Mosa e poi, oltrepassandola, al rinnovato Musée d’art moderne per proseguire fino a Mediacité (un centro commerciale di prossima inaugurazione). L’idea è stata in parte ripresa in un progetto gestito dal Comune, che prevede demolizioni più contenute.
La stazione è fondamentalmente composta da due parti: una galleria in vetro e acciaio a copertura dell’intera lunghezza delle banchine (circa 200 m la luce degli archi, più 200 m di pensiline); una galleria sotto i binari, trasversale rispetto a questi ultimi e realizzata, insieme al parcheggio scavato sotto la collina de Cointe, in cemento bianco, dove gli archi indicano il fermo controllo delle linee di forza. Il risultato è senza dubbio impressionante: i 312 milioni di spesa (contro i 62,5 previsti nel 1996, ma a onor del vero contro i 404 spesi per Anversa) e gli undici anni di cantiere non hanno dissuaso una seconda cittadina vallone, Mons, dalla scelta di dotarsi anch’essa di una stazione firmata Calatrava.

Autore

  • Caterina Cardamone

    Nata a Catanzaro nel 1970, si laurea in Architettura all'Università di Firenze nel 1996, dove nel 2002 consegue il Dottorato di ricerca in Storia dell’architettura, con una tesi sulla ricezione dell’architettura antica e rinascimentale negli scritti di Josef Frank, protagonista del moderno viennese, e continua a occuparsi del tema (ha curato il volume "Josef Frank, L'architettura religiosa di Leon Battista Alberti", Electa 2018). Un ulteriore e più recente ambito di interesse è dato dai passaggi tecnico costruttivi nella trattatistica italiana del Rinascimento. È corrispondente del «Giornale dell’Architettura» dal 2007 ed è stata docente a contratto all’Université Catholique di Louvain-la-Neuve (Belgio) dal 2011 al 2016

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Last modified: 17 Luglio 2015