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Come sta la pianificazione italiana

Un tentativo di orientarsi nel mare magnum dell’urbanistica italiana. Una bussola teorica da utilizzare in una fase di grande incertezza, quando «si comincia a dubitare della possibilità ed efficacia di alcune innovazioni, riemerge qualche nostalgia per pratiche più tradizionali o vecchie retoriche semplificanti, sembrano mancare guide convincenti e condivise per il futuro».
Il volume pubblicato da Pier Carlo Palermo – dal 2002 preside della Facoltà di Architettura e Società del Politecnico di Milano – si presenta come una rigorosa, tecnica e critica panoramica dello stato della pianificazione. I tentativi d’innovazione degli ultimi vent’anni, l’agognata e sempre sfumata riforma di principi a livello nazionale, le esperienze internazionali (raccontati teoricamente, con ricco apparato di citazioni e di riferimenti bibliografici) diventano la base per costruire quella che Palermo chiama, programmaticamente, una «cultura del possibile, una robusta via riformista capace d’essere solidale e responsabile, critica e progettuale».
L’autore tratteggia un’urbanistica fortemente intrecciata con gli aspetti politici e tesa al raggiungimento del buongoverno. Ma le iniziative spesso contrastanti di stato e regioni, l’incapacità di una semplificazione legislativa, i paradossi che spesso accompagnano le riforme, allontanano drasticamente dall’obiettivo al punto da rendere la pianificazione isolata «disciplina assertiva, autoritaria, rigida, auto-referenziale, per costituzione poco sensibile alle ragioni dell’economia e della società». Se il piano urbanistico deve tornare a essere strumento centrale per governare le trasformazioni di un territorio complesso, deve sapersi integrare e coordinare con le altre politiche di settore, muoversi in equilibrio tra il locale e il globale: solo così potrà trovare la strada per garantire più sviluppo economico, più coesione sociale, più libertà politica. Questo significa anche aprire il vocabolario tradizionale dell’urbanistica del ventunesimo secolo a una serie di termini, oggi solo accennati: integrazione, strategia, qualità dello sviluppo, governance, sostenibilità, coesione territoriale, spatial planning.
L’ottica complessiva è italiana ed europea ma lo sguardo più attento e critico è rivolto alla Lombardia. Nonostante le prove di deregulation e nonostante la continua ambizione di proclamarsi regione d’eccellenza, Palermo ne sottolinea l’inerzia nei grandi progetti (Malpensa, passante ferroviario, Fiera) definendola intollerabile ed esasperante. Critiche anche alla gestione urbanistica di Milano, dove l’autore vede «un uso oligarchico di città per parti», in cui il motore dei processi non è la cura dei beni comuni ma la valorizzazione della rendita, attraverso le alte densità e il ricorso «provinciale» a progetti d’autore.
Proprio ciò a cui il testo si oppone avanzando invece proposte e interpretazioni per «riforme generali capaci di favorire autonomia e responsabilità, merito, trasparenza, fiducia e cooperazione, coordinamento e integrazione». Serve sfuggire, conclude Palermo, ai ritardi, alle inefficienze e alle ambiguità con cui l’urbanistica italiana convive, trovando il coraggio di rimodulare gli strumenti di governo del territorio.
 
Pier Carlo Palermo, I limiti del possibile. Governo del territorio e qualità dello sviluppo, Donzelli Editore, Roma 2009, pp. 183, euro 27.

Autore

  • Michele Roda

    Architetto e giornalista pubblicista. Nato nel 1978, vive e lavora tra Como e Milano (dove svolge attività didattica e di ricerca al Politecnico). Dal 2025 è direttore de ilgiornaledellarchitettura.com

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Last modified: 17 Luglio 2015