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Monica NasoWritten by: Città e Territorio

Cina, verso un nuovo approccio alla rigenerazione urbana?

Cina, verso un nuovo approccio alla rigenerazione urbana?

Un bilancio, in 4 casi studio, degli interventi volti al recupero di villaggi storici urbani attraverso l’arte e la cultura

 

Un “territorio di curatela urbana” espanso

Nel 2016, il Comitato centrale del Partito comunista cinese ha emesso il XIII Piano quinquennale per lo sviluppo culturale, che ha delineato principi guida, obiettivi, progetti e supporti politici delle riforme culturali destinate a investire il Paese tra il 2016 e il 2020. Oggi, allo scadere dell’orizzonte temporale del piano, appare evidente come la Cina abbia intrapreso una virata decisa verso il “cultural turn”, che ha lasciato una forte impronta nelle città.

L’esito più evidente di questo cambio di paradigma nell’intendere lo spazio urbano come portavoce di valore simbolico è la realizzazione pervasiva di “contenitori” culturali che costellano le città cinesi e rappresentano parte integrante delle agende politiche. Accanto a queste trasformazioni dalla forte impronta spaziale, tuttavia, è possibile osservare come eventi effimeri e pratiche artistiche si siano affermate quali nuove forme di vivere e trasformare la città, veicolando una sempre più ampia e sfaccettata nozione di “cultura”. Festival, design week e biennali, che oggi proliferano in Cina, cercano di esplorare lo spazio urbano come territorio fisico e socio-culturale: questi dispositivi hanno consolidato il proprio ruolo nel creare nuovi immaginari collettivi e nel ridefinire spazi e usi della città, nonchè gli attori sociali, politici ed economici che intervengono nella sua trasformazione.

La città cinese, caratterizzata dalla continua sovrapposizione di tessuto storico e nuove imponenti costruzioni, si posiziona come un palinsesto da “curare” su cui innestare pratiche di trasformazione flessibile – e potenzialmente inclusiva – come alternativa alla rigidità del planning top-down. Villaggi rurali in abbandono, quartieri storici a rischio demolizione, aree informali interne alle megalopoli: progettisti, artisti e attori culturali depositano i loro sguardi sulla complessità urbana dando origine a una fitta rete di azioni di agopuntura, ricerca, negoziazioni, processi sociali ed economici. Queste pratiche spaziali, che nelle loro promesse sociali ambiscono a connettere arte e comunità, costituiscono un fenomeno relativamente recente e in espansione. È opportuno tuttavia interrogarsi sugli esiti a lungo termine di tali processi, che spesso si collocano all’intersezione tra la mise en scène e la mise en acte dello spazio urbano, portando non di rado alla luce risvolti controversi: gentrificazione, speculazioni immobiliari, innesco di dinamiche neoliberali di gestione dello spazio.

 

“Urban Curation” a Nantou Old Town: Shenzhen Bi-City Biennale of Urbanism/Architecture

In occasione della sua sesta edizione, nel 2017 la Bi-City Biennale of Urbanism/Architecture di Shenzhen interviene a Nantou – uno dei più antichi villaggi della città – dove lo studio Urbanus, incaricato del coordinamento della mostra, ha intrapreso un’operazione di “curatela urbana”. L’evento temporaneo ha rappresentato l’innesco del processo di rigenerazione del sito attraverso una strategia incrementale a lungo termine. L’allestimento di un percorso espositivo urbano ha previsto la riconnessone degli spazi pubblici, il recupero di alcuni edifici storici, la realizzazione di nuovi interventi architettonici e installazioni artistiche. Il team curatoriale ha selezionato diverse tipologie di spazi su cui innestare gli interventi di diversi artisti e progettisti (tra cui Atelier Bow-Wow, Yona Friedman, NADAA, MVRDV, Boa Mistura e lo stesso Urbanus), interpretando Nantou come “banco di prova” per un approccio sperimentale al tema della rigenerazione dei villaggi urbani, da tempo al centro del dibattito pubblico di Shenzhen.

 

 

“Extreme Mix” a Fenghe: Guangzhou Airport Biennale

Inaugurata nel 2019 con l’edizione “Extreme Mix”, la Guangzhou Airport Biennale si concentra sul villaggio di Fenghe, nei pressi dell’aeroporto internazionale Baiyun. La decisione d’intervenire in un’area urbana considerata “marginale” è motivata dal progressivo abbandono dei villaggi rurali a seguito della rapida urbanizzazione che, da fine anni ‘70, sta interessando il Pear River Delta. L’intervento della Biennale tenta di mettere in luce – e contrastare – il fenomeno: Fenghe è stato oggetto di un progetto triennale di curatela, una strategia di rigenerazione con l’obiettivo di attrarre visitatori e rivitalizzare l’area a beneficio delle comunità locali. Gli spazi del villaggio (tra cui un tempio, strutture in mattoni abbandonate e abitazioni storiche) rappresentano lo scenario di una “galleria d’arte a cielo aperto” che ospita oltre 100 opere di artisti nazionali e internazionali, tra cui Olafur Eliasson e Yayoi Kusama.

 

 

Art Container a Zhongkang Road: Shenzhen Center for Design

Sempre a Shenzhen, lo Shenzhen Center for Design – istituzione culturale tra i principali organizzatori della Shenzhen Bi-City Biennale of Urbanism/Architecture – ha adottato nel 2019 la curatela urbana come concetto trainante del progetto “Zhongkang Road Art Corridor”. L’iniziativa è incentrata sulla trasformazione dell’omonima strada e sul coinvolgimento della comunità locale: il processo si articola intorno alla risoluzione di specifiche problematiche urbane attraverso interventi architettonici e artistici di agopuntura. Zhongkang Road, ripensata nei suoi elementi costitutivi (marciapiedi, passaggi pedonali, piste ciclabili, aree verdi e spazi pubblici), si configura come “container”, nella cui curatela sono stati coinvolti oltre 17 attori tra organizzazioni, designer e artisti. La strategia a lungo termine prevede inoltre il graduale inserimento di attività collettive e comunitarie lungo l’asse, rendendolo un catalizzatore urbano ed estendendo i confini concettuali del progetto.

 

 

“Baitasi Remade”: Beijing Design Week

Il quartiere di Baitasi, che si estende su un’area di circa 37 ettari ai piedi del Tempio della Pagoda bianca, è una delle ultime aree residenziali tradizionali che ancora sopravvivono alle grandi trasformazioni di Pechino. Con l’intento di recuperare il tessuto urbano e architettonico degli storici hutong, nel 2015 la Beijing Design Week – organizzata dai ministeri dell’Educazione, del Turismo e della Tecnologia e con il supporto d’investitori locali – ha lanciato “Baitasi Remade”: attraverso la collaborazione con gli abitanti del luogo, il progetto prevede il coinvolgimento di progettisti e comunità locale nella rigenerazione incrementale di alcuni edifici storici del quartiere. Diversi studi di architettura (tra cui Vector Architects, Standardarchitecture, Spark Architects) sono stati chiamati a elaborare trasformazioni di edifici a corte tradizionali, al fine di sperimentare nuove modalità di rigenerazione urbana attraverso la tutela del patrimonio e l’integrazione con le necessità delle comunità locali.

 

Autore

  • Monica Naso

    Laureata in Architettura presso il Politecnico di Torino, dove è dottoranda all'interno del gruppo di ricerca China Room e del South China-Torino Collaboration Lab. Svolta tra il Politecnico di Torino e la South China University of Technology, la sua ricerca indaga la relazione tra eventi culturali temporanei e trasformazioni urbane permanenti, con una particolare attenzione al contesto asiatico

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Last modified: 20 Novembre 2020