Visita al nuovo Museo dell’Opera del duomo, nell’antico Seminario vescovile accanto alla Piazza dei miracoli, con allestimento di Adolfo Natalini e Guicciardini & Magni
PISA. Un museo è una “casa della memoria” che ci fa riconoscere in coloro che ci hanno preceduto e ci permette di trasmettere identità e valori a quelli che verranno. È il caso del Museo dell’Opera del duomo di Pisa, che si può qualificare come l’esperienza chiave per un concreto approfondimento della magnificenza di questa Repubblica marinara a partire dal XII secolo, rendendo visibile e comprensibile lo sviluppo dell’arte scultorea pisana, nata durante il Medioevo nel secolare cantiere della Piazza dei miracoli. Da qui infatti provengono le opere, prima ospitate in vari luoghi della piazza e oggi conservate in un unico spazio radunando il sacro e il profano, i tempi e i luoghi in una nuova alleanza, per raccontare una miracolosa storia d’arte, fede e devozione.
Dal 1986 le opere sono ospitate nell’antico Seminario vescovile, sede dell’istituzione museale gestita dall’Opera della Primaziale Pisana, ubicato di fianco alla Piazza patrimonio Unesco, che negli ultimi cinque anni è stato ristrutturato per rinnovarne l’identità espositiva, al fine di raccontare una straordinaria stagione di sperimentazione scultorea che, tra le opere, accoglie autori come Andrea, Giovanni e Nicola Pisano, Matteo Civitali Spinello Aretino, Tino di Camaino, Andrea Guardi, ricreando un inscindibile legame tra ciascuno dei 380 pezzi esposti e i monumenti della piazza.
Il progetto architettonico e l’allestimento
Nasce nel 2015 dagli uffici dell’Opera, con un intervento nel 2017 di Adolfo Natalini e Guicciardini & Magni Architetti
che concepiscono il percorso espositivo con l’idea di ricollocare ogni singola opera nel suo monumento d’origine, con un approccio che, come ricordava Giorgio Grassi, potremmo definire “contestuale”, in cui l’analisi dell’esistente è l’elemento su cui si definiscono le ipotesi di trasformazione. Gli stessi progettisti ricordano come si siano «avvicinati alle opere e ai luoghi con rispetto ed empatia, con una vera passione per i vari elementi del museo». Così, come la religione lega insieme gli uomini e il divino, in questo lavoro un analogo legame si è instaurato tra autori, curatori, opere ed esecutori del museo, non una semplice collaborazione o un’attività di servizio, ma qualcosa di più profondo.
Con tale approccio, l’operazione risulta ispirata a una sorta di “principio di purificazione”, senza propositi di ricostruire la realtà ma inserendo quello che basta per far riassumere all’opera d’arte la connotazione che aveva in origine. Difatti, troppo spesso considerate dei “relitti” approdati nei musei, in questo modo le opere tornano a far parte della Piazza dei miracoli (seppur sempre attraverso una simulazione) per cui erano state concepite. Tuttavia, siamo consapevoli che ogni opera parla linguaggi diversi, in base alla sua storia, alla provenienza, all’autore, all’uso. L’allestimento museografico è stato costruito attorno ad ogni singolo reperto, variando le modalità espositive di fronte a opere con significati diversi, così come di fronte a spazi diversi, in modo da agevolare la lettura ai visitatori.
Il percorso
Si sviluppa su una superficie di 3.000 mq, suddiviso in 26 sezioni (25 sale interne più il portico esterno) con un criterio espositivo non solo stilistico e cronologico ma relazionato al monumento e al luogo di appartenenza; in modo tale da raccontare non solo la storia di ogni singolo oggetto ma dell’intera piazza, permettendo di leggerne e comprenderne la genesi. Per trasmettere queste informazioni, le opere sono state “contestualizzate” mediante allestimenti che evocano il luogo, la collocazione e le atmosfere originarie in cui erano inserite. Come ha ricordato Natalini, «Il nostro lavoro è passato attraverso le fasi dell’ascolto e dell’interpretazione, si è avvalso dei metodi dell’arte della scienza e della tecnica per mettere in scena le opere e offrirle ai visitatori e agli studiosi. Abbiamo cercato di unire la precisione alla leggerezza e alla grazia, mettendo in equilibrio le esigenze scientifiche con quelle spettacolari e cercando di far leggere il senso religioso con cui le opere erano state create». Un’operazione complessa, mai imitativa della realtà ma volta a cogliere l’essenza e i significati reconditi per veicolarli. Così, l’accenno ad una nicchia, per ricontestualizzare opere nate per essere incorniciate dall’architettura, l’evocazione dell’atmosfera, dei colori, dei materiali e delle luci dell’interno del duomo, sono piccoli gesti necessari per ricucire in parte lo strappo che la musealizzazione inevitabilmente comporta, e “far parlare” le opere. Come ha ricordato Marco Collareta, responsabile del progetto museografico, «Abbiamo voluto restituire in maniera chiara quel rapporto circolare, continuo e dinamicissimo che nell’arte c’è tra occhio, mano e cervello». Così la tecnologia, grazie alle postazioni multimediali e agli apparati didascalici realizzati dal laboratorio PERCRO della Scuola Sant’Anna di Pisa, diventa supporto necessario per allestimenti moderni e coinvolgenti, che hanno anche l’obiettivo di far appassionare il pubblico, ponendo i visitatori nelle migliori condizioni per ammirare le opere.
Ovviamente, per permettere una continuità e fluidità del percorso museale, sono state apportate alcune modifiche all’architettura della “fabbrica”, realizzando un nuovo scalone di collegamento dal piano terra al piano primo, oltre che ridisegnando lo spazio antistante l’ingresso principale, seguendo il tracciato viario esistente. In base alle necessità espositive, alcuni degli ambienti voltati (piano terra e primo) sono quelli originari, mentre quelli meno connotati dal punto di vista storico sono stati modificati. Come ogni museo, anche qui è previsto un bookshop, un punto ristoro e un auditorium, collegati allo splendido chiostro che si affaccia sul campanile, in cui sono collocate le statue di Giovanni Pisano, tra i pezzi più importanti del museo, realizzate in origine per il gioco di luci e ombre delle finestre del duomo, capolavoro del romanico pisano.
La carta d’identità del progetto
Progetto architettonico: Ufficio Tecnico Opera della Primaziale Pisana
Direzione lavori architettonico: Giuseppe Bentivoglio
Variante al progetto architettonico e allestimento: Adolfo Natalini, Guicciardini & Magni Architetti (Piero Guicciardini, Marco Magni, Nicola Capezzuoli, Edoardo Botti, Giuseppe Lo Presti)
Direzione lavori allestimento: Giuseppe Lo Presti (Guicciardini & Magni Architetti)
Progetto museografico: Marco Collareta
Multimedia: PERCRO, Scuola Sant’Anna di Pisa
Cronologia: progetto architettonico 2015; progetto di variante e allestimento 2017; fine lavori 2019
Superficie percorso espositivo: 3.000 mq interni e su una porzione del porticato esterno
Freschi di stampa
Sull’opera di Guicciardini & Magni Architetti si veda Mostre e musei di Guicciardini & Magni Architetti, a cura di Sergio Polano (Electa, Milano 2019, 280 pp., 42 euro, 300 illustrazioni a colori). Il volume raccoglie una rassegna di 26 tra i maggiori allestimenti espositivi temporanei e permanenti, progettati e realizzati dallo studio nell’arco degli ultimi 25 anni, arricchita da apparati documentarie da un regesto completo. Dal 1990 lo studio ha progettato circa 70 allestimenti di musei (40 dei quali realizzati) e altrettante mostre temporanee, in Italia e all’estero, confrontandosi con tutti i tipi di esposizioni, dall’archeologia all’arte contemporanea, dall’industrial design all’arte classica, dall’etnografia alla moda. La mostra «Giotto», allestita nella Galleria dell’Accademia a Firenze nel 2001 e di poco successiva alla mostra «In Terrasanta» (2000) a Palazzo Reale a Milano, mantiene tuttora il record di affluenza per mostre temporanee in Italia, mentre tra le successive si segnalano «I marmi vivi. Gian Lorenzo Bernini» (2009) al Bargello di Firenze, «Il Tessuto è tutto» (2012) e «Gianfranco Ferré» (2014) al Museo del tessuto di Prato, «Omaggio a Giovanni Pisano» (2017) a Pistoia e «Ambrogio Lorenzetti» (2017-18) a Santa Maria della Scala a Siena. Dei musei in cui sono intervenuti per la progettazione espositiva, molto spesso congiunta al restauro, vanno ricordati il Museo del tessuto (2002-03) di Prato, il Museo Galileo (2007-10) e il Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore (2009-15) a Firenze (ambedue con Adolfo Natalini), il Museo diocesano (2014-17) di Volterra e il Polo culturale dei Bottini dell’olio (2012-18) a Livorno. Attualmente lo studio è impegnato in un’ampia serie di cantieri: tra gli altri, il restauro e allestimento del Museo delle collezioni di Topkapi a Istanbul, l’allestimento del Museo nazionale per l’arte, l’architettura e il design di Oslo e delle Gallerie della Biblioteca nazionale Richelieu a Parigi. Si rinnova così in uno dei campi di attività di Guicciardini & Magni Architetti, l’allestimento a fini espositivi, una tradizione marcante dell’architettura italiana del Novecento (da Albini ai BBPR, da Scarpa ai Castiglioni, per non citare che alcuni tra i molti), in grado di coniugare l’intervento di restauro dell’edilizia storica con una sofisticata capacità di esporre artefatti artistici o utilitari.
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allestimenti , musei , pisa , restauro , toscana
Last modified: 19 Novembre 2019