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Luca BullaroWritten by: Progetti

Ri_visitati. Il Campidoglio di Chandigarh, “ostaggio” dell’Unesco

Ri_visitati. Il Campidoglio di Chandigarh, “ostaggio” dell’Unesco

La recente inclusione dell’opera di Le Corbusier nelle liste Unesco ne ha modificato la fruizione, rendendola avulsa dal contesto urbano. Le ipotesi sul completamento del progetto originario attraverso la realizzazione del Museo della conoscenza

 

Il passato

Il complesso del Campidoglio di Chandigarh, capitale dello stato indiano del Punjab, ospita gli unici edifici di Le Corbusier in India recentemente inclusi nell’elenco dei siti del Patrimonio mondiale. Secondo il comitato Unesco «costituisce una testimonianza dell’invenzione di un nuovo modo di esprimere l’architettura, in chiara rottura con le sue forme precedenti. Questi capolavori del genio umano costituiscono anche una testimonianza dell’internazionalizzazione dell’architettura su scala planetaria».

Progettata a metà anni ’50 e inaugurato nei primi ’60, la sede dell’Assemblea del Punjab è il progetto più importante e rappresentativo della città moderna. Le Corbusier gioca qui con i contrasti: tra esterno ed interno, tra blocco principale e sistema del portico, tra il basamento e le forme scultoree del tetto. Contrasti anche tra geometrie: la cartesiana che regola la struttura generale e le facciate, e l’organica della sala principale e del monumentale portico. La Sala dei deputati, circolare in pianta, va inserita all’interno della matura e sperimentale produzione del maestro, nella quale Bruno Zevi include la Cappella di Ronchamp e il Padiglione Philips. In questo spazio organico e gioioso, Le Corbusier sembra ritornare alle passioni della gioventù, come la ceramica modellata e le invenzioni di Gaudí, ma anche alle analogie con l’opera pittorica di Picasso, Arp e Miró. La grande sala circolare è un’esplosione di colori: a Ronchamp le pareti “mediterranee” sono intonacate di bianco; a Chandigarh si fondono i colori intensi della tradizione indiana dei tessuti – nella sala predominano verde, rosso e giallo – con la ricerca artistica più avanzata del dopoguerra. Il Padiglione Philips è buio nello spazio interno, per accogliere multiple proiezioni; anche nel Parlamento lo spazio “servente” del Forum è scuro, con le pareti dipinte di nero, ma una luce delicata e divina – così la definisce Charlotte Perriand – proviene dall’alto e rischiara i grandi capitelli in cemento armato, che richiamano quelli neri del Palazzo di Minosse a Cnosso. Il “Forum” appare come una piazza coperta sviluppata su diversi livelli che, attraverso scale e rampe monumentali, permette l’accesso alle due sale principali e dà vita ad un luogo di socializzazione e di confronto politico informale. La Sala dei deputati, senza travi e pilastri ma caratterizzata da un sistema spaziale in cemento armato a doppia curvatura omogenea – alla maniera di Félix Candela – che riduce i costi, genera uno spazio ampio senza ostacoli interni; definisce una geometria organica, sperimentale e “primitiva” al contempo – secondo Kenneth Frampton -, in sintonia con coevo lavoro pittorico del maestro. Nei volumi dell’Oeuvre complète Le Corbusier descrive le soluzioni degli aspetti tecnici, acustici e bioclimatici, che stanno alla base del progetto come, per esempio, la configurazione del tetto concavo del portico monumentale che accoglie la pioggia dei monsoni, per poi incanalarla verso i monumentali bacini e quindi riutilizzarla.

Lo spazio simbolico e panoramico della copertura doveva essere accessibile attraverso un ascensore semi-pubblico, «utilizzato per feste pomeridiane o serali». Oggi è purtroppo impossibile godere di questo straordinario luogo panoramico che Frampton e William Curtis mettono in relazione con gli osservatori astronomici dell’antica tradizione indiana.

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Il presente

La recente inclusione nelle liste Unesco ha modificato negli ultimi mesi la fruizione dell’opera.Uno degli aspetti positivi è la costante ed attenta manutenzione; uno di quelli negativi è la “privatizzazione” dello spazio urbano a cielo aperto

, che può essere fruito esclusivamente attraverso brevi visite guidate: cosa che fanno i turisti, ma quasi mai i locali.

Tutta l’area è quasi completamente esclusa dalla vita di Chandigarh, come una testa – così la definisce Le Corbusier nella relazione del piano urbanistico – oggi totalmente staccata dal corpo. Rispetto agli anni ’60 è però migliorato il rapporto con la lussureggiante vegetazione e con gli interessanti spazi pubblici adiacenti, come la “Fossa della considerazione” – che ospita la nota scultura della “Mano aperta” – e la piazza coperta della “Torre d’ombre”: spazi che, se non fossero pressoché privatizzati, potrebbero potenziare la vitalità della zona.

Da segnalare inoltre la vicinanza con il Rock Garden e con il lago Sukhna, attorno al quale è stato definito un parco aperto e democratico che si collega all’elemento naturale dell’acqua, sacra e simbolica per gli indiani, attraverso un sistema frequentatissimo di spazi pubblici; lo stesso avviene nella “colonna vertebrale” della “Leisure Valley”, principale sistema verde che attraversa Chandigarh da un capo all’altro. L’insieme di piazze e giardini adiacenti il Palazzo dell’Assemblea erano pensati, nel progetto originario, come una fondamentale cerniera urbana fra la “Leisure Valley” e il lago, ma l’attuale chiusura crea una stupida barriera che blocca i flussi pedonali e ciclabili ed interrompe l’intelligente sistema a scala urbana degli spazi pubblici voluti da Le Corbusier e Pierre Jeanneret.

 

Il futuro

La città, come sistema sociale e di connessioni pedonali e paesaggistiche, sembra avere urgente bisogno di dialogare con la sua area di rappresentanza, da rendere meno esclusiva e più democratica: è quindi necessario ed urgente ricostruire le connessioni già indicate nel piano urbanistico.

Da qualche anno si discute inoltre sulla realizzazione dell’elemento mancante del complesso del Campidoglio: il Museo della conoscenza. Secondo i dettami di Le Corbusier avrebbe dovuto sostituire il progetto per il Palazzo del Governatore, ed essere circondato da un complesso di giardini che reinterpretavano l’antica tradizione Moghul. L’edificio sarebbe ancora adesso fondamentale per il completamento del progetto generale, e utile per animare socialmente lo spazio pubblico attraverso un sistema di attività ricreative, culturali, museografiche e commerciali. Dopo l’esperienza del completamento della chiesa francese di Firminy, realizzata grazie all’impegno di José Oubrerie, uno degli ultimi collaboratori del maestro svizzero, studiosi di fama internazionale sono favorevoli alla realizzazione di questo importante tassello mancante. Jean-Louis Cohen, tra i massimi esperti dell’opera del maestro, nell’articolo Le Corbusier aprés Le Corbusier recentemente apparso all’interno del volume Le Corbusier: l’oeuvre à l’épreuve de sa restauration (Parigi, 2017), analizza gli aspetti positivi e negativi di questa ipotesi.

L’inclusione nell’elenco dei siti Unesco ha generato pubblicità e incrementato il numero di visitatori e curiosi. Sembra allora un momento propizio per escludere dall’isolamento gli spazi aperti che gravitano attorno al Palazzo dell’Assemblea e reinserirli all’interno del sistema concatenato di luoghi pubblici urbani. Ciò contribuirebbe altresì a ridurre l’isolamento delle classi più agiate, quelle dei governanti, dai “normali” abitanti della moderna città. Pensiamo che l’Unesco abbia il dovere non solo di preservare la straordinaria architettura di Chandigarh ma anche di assumere un ruolo prettamente attivo, al fine di migliorare la qualità degli spazi sociali, ridurre l’inquinamento, migliorare il sistema ecologico urbano e promuovere l’incontro fra classi sociali diverse.

 

L’articolo è uno degli esiti della ricerca Concatenación armónica entre arquitectura y naturaleza en zonas intertropicales condotta dall’autore presso la Facoltà di Architettura della Universidad Nacional de Colombia, sede Medellín (Gruppo di ricerca: Transepto)

Autore

  • Luca Bullaro

    Nato a Palermo, dove si laurea in Architettura presso la locale Università degli studi, conseguendo poi il dottorato di Ricerca in Progettazione architettonica, in cotutela con la UPC di Barcellona, oltre al master “Arquitectura: Critica y Proyecto” presso la ETSAB di Barcellona. È docente presso l'Universidad Nacional de Colombia a Medellín. Vince numerosi concorsi e premi in Italia e all’estero, fra i quali il concorso internazionale “Misterbianco Città Possibile”, il Premio europeo di architettura sacra della Fondazione Frate Sole, il concorso internazionale “Boa Vision” per la riconfigurazione di piazza Papireto a Palermo, il "Premio Quadranti - Vaccarini", la menzione d'onore "Spazi ed infrastrutture pubbliche" come finalista della Medaglia d'oro all'architettura italiana della Triennale di Milano, il concorso per la realizzazione della "Plaza Fundadores" della UPB di Medellín, Colombia. Ha esposto a Ferrara (“Premio Biagio Rossetti", Museo dell’Architettura, 2003), a Roma e Barcellona ("NIB-ICAR 2004, Esposizione itinerante dei progettisti italiani Under 36"), a Catania e Chicago ("Sicilia Olanda", 2007), a Palermo ("SiciliArchitettura", 2006; "Nuove generazioni di architetti in Sicilia", luglio 2009; "Sicilia Olanda II", gennaio 2010), alla Triennale di Milano (Medaglia d’oro all’architettura italiana", maggio 2009); nell’ambito della Design week di Istanbul (giugno 2009) e alla "VI Bienal Europea de Paisaje" di Barcellona (settembre 2010). Ha presentato i suoi progetti a Catania e Roma, Alicante e Barcellona, Manizales, Cali e Bucaramanga, Santiago del Cile e Valparaiso, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Città del Messico e L'Avana.

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Last modified: 6 Settembre 2019