Il segretario generale IN/Arch s’interroga sulla sorte dei progetti vincitori del concorso “Scuole innovative” bandito dal MIUR e sulla necessità di rivedere il Codice degli Appalti
L’IN/Arch aveva già definito “imbarazzante” la gestione del concorso di idee per 51 “scuole innovative” bandito dal MIUR nel maggio 2016. Avevamo prima di tutto contestato la scelta di bandire un concordo di idee e non un concorso di progettazione; avevamo ritenuto sbagliata la nomina di una giuria unica per la valutazione delle proposte progettuali di tutte le 51 scuole; avevamo protestato con il Ministro Fedeli per l’incomprensibile ritardo del MIUR nel nominare la giuria del concorso, presentando un’interrogazione parlamentare.
Purtroppo, gli esiti di questa vicenda – almeno sino ad oggi – ci stanno dando ragione. La giuria è stata nominata a 4 mesi di distanza dalla consegna degli elaborati e ha dovuto valutare ben 1.238 progetti, annunciando gli esiti del concorso 17 mesi dopo la pubblicazione del bando. Ma, sopratutto, il concorso di idee si è rivelato ancora una volta una procedura inutile e sbagliata. Infatti, oggi i vincitori rischiano (per usare un eufemismo) di trovarsi con un pugno di mosche in mano.
A cosa dovrebbe servire un concorso di architettura? A scegliere, tra proposte alternative di progetto, quella migliore per realizzare un’opera di qualità. Selezionata la proposta, si affida all’autore lo sviluppo degli approfondimenti progettuali e quindi si realizza l’opera. Nel nostro Paese questa semplice verità è sistematicamente negata.
L’ANAC ha ufficialmente chiarito che, per il concorso di idee riguardante le 51 nuove scuole, è impossibile da parte delle Amministrazioni interessate – Codice degli Appalti alla mano – procedere all’affidamento ai vincitori delle successive fasi di progettazione. Occorre fare un nuovo concorso – questa volta di progettazione – o una gara. Ci spiega infatti l’ANAC che, in base all’articolo 156, comma 6 del Codice: “La stazione appaltante può affidare al vincitore del concorso di idee la realizzazione dei successivi livelli di progettazione, con procedura negoziata senza bando, a condizione che detta facoltà sia stata esplicitata nel bando, e che il soggetto sia in possesso dei requisiti di capacità tecnico professionale ed economica previsti nel bando in rapporto ai livelli progettuali da sviluppare». Peccato che il MIUR si sia dimenticato di inserire nel bando una di queste due condizioni. Precisa l’ANAC che il bando scuole “non contiene previsioni in ordine ai requisiti che i vincitori del concorso di idee devono possedere ai predetti fini“. Quindi, per affidare le successive fasi di progettazione, occorre “una procedura ad evidenza pubblica per l’affidamento dei correlati servizi di ingegneria, ossia un concorso di progettazione o un appalto di servizi di progettazione, come previsto dal citato art. 156, comma 5, del D.lgs. 50/2016“.
Detto in sintesi: scopriamo oggi la sostanziale inutilità dei 17 mesi di gestazione del concorso e dell’impegno di 1.238 gruppi che hanno elaborato altrettante proposte progettuali per le 51 scuole. Per i progetti definitivi ed esecutivi bisogna ricominciare tutto daccapo. Giustamente, in questi giorni un consistente gruppo di vincitori del concorso ha scritto al MIUR, all’INAIL (ente finanziatore delle 51 nuove scuole) e al CNAPPC, chiedendo di trovare una soluzione a questa situazione paradossale.
Non entriamo nel merito delle questioni tecniche (pur valide) che i vincitori avanzano per individuare una via d’uscita coerente con le normative. Intendiamo comunque sostenere le loro tesi in tutte le forme possibili. Qui ci limitiamo a constatare che questa vicenda dimostra ancora una volta che:
• I concorsi di idee per la progettazione di opere pubbliche, così come regolamentati dal Codice degli Appalti, sono completamente inutili. Sono ridotti ad un accattivante divertissement per conquistare un po’ di consenso. Servono a organizzare qualche mostra o qualche pubblicazione con prefazione del Ministro o dell’Amministratore locale di turno. Non hanno alcuna incidenza sui processi di trasformazione del territorio e sulla qualità delle opere pubbliche;
• I sistemi di affidamento degli incarichi di progettazione attualmente previsti dal Codice sono inutilmente complessi e sbagliati. In particolare sono sbagliate le regole sui concorsi;
• È sempre più urgente arrivare all’approvazione di un Codice specifico per la progettazione delle opere pubbliche, al di fuori del sistema di regolamentazione degli appalti di opere e servizi. Il progetto di architettura è un’opera di ingegno e non un servizio. Oggi il Codice applica all’attività progettuale sistemi di valutazione che non misurano in alcun modo la qualità intellettuale della prestazione. Non comprende che il vero ed unico capitale di un progettista è di natura intellettuale e non finanziaria. Esiste uno strumento valido (i concorsi “veri” di architettura) per valutare tale capitale e non ha nulla a che fare con i fatturati od il numero di personale dipendente. Ma in Italia sembra persistere un profondo convincimento da parte di tutti i soggetti pubblici che per progettare un’opera sia molto meglio scegliere il “prestatore di servizi” che il progetto; e che per individuare il prestatore di servizi sia sempre meglio ricorrere a parametri “certi”: fatturati, tempi di progettazione e ribassi di parcella.
Su questi temi l’IN/Arch intende continuare la sua battaglia, avanzando proposte concrete di riforma dei dispositivi che regolano la progettazione delle opere pubbliche in Italia… non appena avremo un Governo con cui interloquire.
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concorsi , IN/ARCH
Last modified: 14 Maggio 2018
[…] a livello nazionale. Dopo quasi due anni di attesa, nel 2017 sono stati proclamati i vincitori, senza però che questo passaggio abbia portato all’assegnazione dei relativi incarichi. Un fallimento analogo a quello che nel 1967 Giovanni Klaus Koenig descriveva nell’articolo […]