Il bilancio di una esperienza conclusa sei anni fa con l’ultima edizione del concorso che ha visto la progettazione di tre complessi parrocchiali distribuiti tra Nord, Centro e Sud Italia
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I concorsi come laboratorio
A distanza di sei anni dalla sesta ed ultima edizione dei “Progetti Pilota”, indetta dalla Conferenza Episcopale Italiana (CEI) per la progettazione di tre complessi parrocchiali per il Nord, Centro e Sud Italia
, pare doveroso interrogarsi riguardo a motivazioni e obiettivi di una iniziativa che ha avuto il grande merito di riannodare la Chiesa e l’architettura contemporanea, facendo spesso parlare di sé, tanto sul web quanto sulla stampa. È a questa operazione “culturale”, come si è spesso definita, che, dal 1998, si deve il coinvolgimento di oltre 120 team di progettisti partecipanti e 18 progetti vincitori, tra i quali Gresleri, Gabetti & Isola, Fuksas. I Progetti Pilota sono stati la principale iniziativa della Chiesa italiana per coinvolgere architetti di fama nella realizzazione di spazi per la liturgia, presupponendo le chiese come riferimenti per la comunità civile, oltre che religiosa.
All’origine dell’iniziativa CEI non la ricerca di un nuovo “tipo” per la chiesa della contemporaneità, ma la costruzione di un laboratorio di pensiero e di dialogo tra committenza e progettisti, al fine di elaborare opere più rispondenti alle esigenze delle comunità e di avvicinare gli architetti al tema dello spazio sacro.
Una sfida che si deve alla nuova intraprendenza della CEI su iniziativa di Mons. Giancarlo Santi, direttore dell’Ufficio Beni Culturali della CEI dal 1995 al 2005 nonché architetto, il quale ha cercato di contrastare la prassi dell’affidamento diretto dei progetti, spesso incapaci di dare risposte reali ai temi della qualità e dell’innovazione. Scopo indiretto, ma non meno importante di quest’operazione, quello relativo alla formazione, da un lato delle committenze, dall’altro dei destinatari e dei progettisti, con la promozione di un dibattito precedentemente del tutto assente sulla funzionalità e sulla qualità delle chiese, sul significato teologico ed ecclesiologico delle opere, sul valore dell’impianto liturgico.
Percorso in progressivo affinamento, la strada del concorso a inviti ha permesso così ai progetti di diventare occasioni didattiche, diffondendo tra i partecipanti non solo le informazioni principali sulle aree di progetto e sui requisiti funzionali ma anche sulla cornice culturale e normativa del progetto di chiese, con cenni sulle più recenti riflessioni in materia di arte e architettura per la liturgia. Un processo, insomma, il cui scopo va al di là della costruzione di una singola opera, e favorisce la sinergia architetto-artista-liturgista.
Tra nazionale e locale, il salto di scala
Con l’edizione del 2011, i Progetti Pilota hanno una svolta verso un maggior coinvolgimento della committenza locale: per ciascuna delle tre chiese a bando spetta ad una giuria nazionale il compito di selezionare le prime tre proposte, mentre una giuria diocesana nomina il vincitore. Questo per evitare l’imbarazzo di chiese promosse e vincitrici risultate poi incapaci d’intercettare il gradimento di chi avrebbe dovuto edificarle e poi abitarle, come nel caso del complesso parrocchiale Stella Maris di Porto Recanati che, vinto nel 2008 dallo studio di Corrado Scagliarini, per la contrarietà della diocesi non è stato mai realizzato. Il locale è il vero banco di prova dei progetti. I livelli diocesani spesso non hanno le competenze per controllare tutti gli aspetti: da richieste di modifica non sempre facili a progetto concluso, a difficoltà di rapporti tra i committenti diocesani e le comunità parrocchiali; da problemi derivanti dall’assegnazione di incarichi a imprese locali non all’altezza dei compiti, a difficoltà burocratiche con le amministrazioni locali che spesso si tenta di risolvere ab origine con la cattiva pratica di assegnare le fasi esecutive a professionisti locali a discapito dei team vincitori. In ultimo, difficile per molte diocesi anche il controllo delle economie di progetto, con la ricorrente mancanza di fondi per concorrere allo stanziamento erogato della CEI. Su quest’ultimo punto, poi, si può osservare come le chiese di cui le diocesi richiedano la costruzione rientrino inizialmente in quei parametri di finanziamento che la CEI ha ordinato in relazione al numero di abitanti e alla zona sismica di riferimento ma, nella fase di cantiere, i computi metrici estimativi prima congruenti “impazziscano” comportando un aumento dei costi e un allungamento dei tempi di costruzione.
I risultati dell’ultima edizione
L’interazione con il livello diocesano svela insomma questioni critiche alle quali non si sottraggono neppure i vincitori dell’ultima edizione dei Progetti Pilota: Benedetta Tagliabue per la diocesi di Ferrara–Comacchio, Francesca Leto per quella di Tempio–Ampurias (Olbia) e Mario Cucinella per Cassano allo Jonio (Cosenza). Tre progetti formalmente distanti: da una “costruzione di materia e di luce”, come lo studio MCA ha definito il suo progetto per la Chiesa di Santa Maria Goretti di Mormanno, per il resto accostamento di geometrie curvilinee di alcune chiese barocche a deludere il dialogo con il contesto locale, si passa a un’architettura per Ferrara caratterizzata da una configurazione della copertura leggera e organica che pone l’attenzione più allo spazio pubblico che all’edificio della chiesa, presentato nelle tavole di progetto in un collage che parla per suggestioni e metafore insufficienti a definire l’architettura. Molto diversa la chiesa di Sant’Ignazio da Laconi, che si configura con il profilo mite di un edificio domestico, candido e dal profilo essenziale.
L’insistenza della CEI affinché le opere fossero concepite da subito in un gruppo di progettazione definito e costituito da architetti, artisti e da un liturgista, non sembra aver maturato in tutti i progetti i risultati auspicati. Dalle relazioni della giuria traspare che tanto per Mormanno quanto per Ferrara l’impostazione liturgica e artistica non è adeguata al progetto architettonico – perlomeno in fase di concorso – aprendo al dubbio che nell’assegnazione del premio il “contenitore” abbia infine avuto la meglio sul “contenuto”. A distanza di sei anni, infatti, solo l’opera di Leto risulta in una fase avanzata di costruzione, mentre a Ferrara la situazione è ancora ferma e a Mormanno si sono subiti diversi rallentamenti che hanno visto di fatto la posa della prima pietra e poco altro.
Il bilancio complessivo
Nel 2014 ai Progetti Pilota si sostituiscono i Percorsi Diocesani
, e una prima importante fase di recupero nel dialogo tra Chiesa e architettura contemporanea si chiude. Tempo dunque di bilanci: quali sono stati gli esiti dei Progetti Pilota? Questi hanno avuto il merito di diffondere lo strumento concorsuale tra le Diocesi italiane, non fosse che in molti casi ha svelato le difficoltà locali di procedere ad una corretta ed autonoma gestione. Tra le criticità va forse sottolineato che l’auspicata sinergia e collaborazione tra architetti, liturgisti e artisti resta un obiettivo non sempre completamente raggiunto. Alla luce dei progetti selezionati, sull’architettura pare spesso avere prevalso l’architetto, ma la fiducia accordata a progettisti di fama non sempre ha determinato soluzioni significative, in un accordo spesso imperfetto tra architettura, arti e liturgia.
La vera direzione in cui leggere lo sviluppo dei Progetti Pilota è quella di una crescente partecipazione del locale, tanto come oggetto che interpella la progettazione in ragione di una necessaria interpretazione del profilo specifico delle comunità territoriali, quanto come soggetto che si attrezza per giudicare con competenza le proposte che lo riguardano. L’architettura di nuove chiese deve oggi corrispondere alle nuove sfide della frammentata città contemporanea. Le chiese, con il loro linguaggio architettonico, devono poter essere costruttrici di ospitalità e di soglie, affinché si costituiscano come luoghi per tutta la comunità, «per chi non vi entra mai, per chi vuol starvi vicino senza entrare e per chi vi entra», così come sosteneva Louis Kahn. È in questo cammino di necessario rinnovamento e di progressiva approssimazione al locale che si può leggere il passaggio dai Progetti Pilota ai Percorsi Diocesani.
Anno concorso | Diocesi | Complesso parrocchiale | Località | Progettista | Stato attuale | |
1 | 1998 | Lecce | S. Giovanni Battista | Lecce | Franco Purini e Laura Thermes | terminato |
2 | 1998 | Perugia | S. Sisto | Città della Pieve | Glauco e Roberto Gresleri | terminato |
3 | 1998 | Milano | S. Maria in Zivido | San Giuliano Milanese | Gabetti & Isola | terminato |
4 | 1999 | Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo | Gesù Maestro | Potenza | Vincenzo Melluso | terminato |
5 | 1999 | Porto-Santa Rufina | SS. Patroni Martiri | Roma | Studio Passarelli | terminato |
6 | 1999 | Bergamo | Beata Vergine di Loreto | Bergamo | Gregotti Associati International | terminato |
7 | 2000 | Catanzaro-Squillace | S. Maria Roccella | Squillace | Alessandro Pizzolato e Giorgio Mingardi | terminato |
8 | 2000 | Foligno | S.Giacomo Apostolo | Foligno | Massimiliano e Doriana Fuksas | terminato |
9 | 2000 | Modena-Nonantola | Gesù Redentore | Modena | Mauro Galantino | terminato |
10 | 2006 | Avellino | S. Maria del Carmine | Atripalda | Giovanni Ascarelli | avviato aprile 2012 |
11 | 2006 | Ascoli Piceno | Santa Maria | Castel di Lama | nessun progetto vincitore | avviato novembre 2008 con il progetto segnalato dell’arch. Marco Contini |
12 | 2006 | Reggio Emilia-Guastalla | Sacro Cuore | Baragalla | Davide Raffin | terminato |
13 | 2008 | Agrigento | Gesù Maestro | Racalmuto | Riccarda Rigamonti | avviato novembre 2016 |
14 | 2008 | Macerata-Recanati-Tolentino-Cingoli-Treia | Stella Maris | Porto Recanati | Corrado Scagliarini | non realizzato |
15 | 2008 | Lodi | Madonna delle Grazie | Dresano | Corvino + Multari | terminato |
16 | 2011 | Cassano allo Jonio | S. Maria Goretti | Mormanno | Mario Cucinella | avviato nel 2016 |
17 | 2011 | Tempio-Ampurias | S.Ignazio da Laconi | Olbia | Francesca Leto | avviato nel 2016 |
18 | 2011 | Ferrara-Comacchio | Gesù Redentore | Modena | Benedetta Tagliabue | non ancora avviato |
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Progetti Pilota, edizione 2012
Parrocchia S. Maria Goretti in Mormanno (CS), diocesi di Cassano allo Jonio
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Anno di concorso: 2011
Anno di realizzazione previsto: 2018
Costi stimati: 2.000.000 euro
Sup. aula liturgica: 415 mq
Eventuali altre sup. costruite: Casa Canonica 148 mq; Ministero Pastoral 452mq
Progetto: MCArchitects (Mario Cucinella, Luca Sandri, Alberto Casarotto, Alberto Bruno, Enrico Pintabona, Michele Roveri) Liturgista: Don Amilcare Zuffi Artista: Giuseppe Manariello
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Una scultura di materia e luce
Concepita come un elemento unico e irripetibile, la gemma “di materia e di luce” si rifà a forme organiche del barocco per creare un’emergenza nel contesto. Una soluzione formale che non si sposa del tutto con la realtà calabrese di Mormanno. Studiata e lavorata nel suo involucro esterno, la chiesa si appella alla progettazione passiva e all’uso delle risorse naturali. Le opere parrocchiali, al contrario della chiesa, appaiono come un edificio regolare e semplice invogliando a riflettere sul rapporto della chiesa come scultura e delle opere come forme – forse troppo – solide e tradizionali. Lo studio dell’impianto liturgico e iconografico non sembra aver convinto fino in fondo la giuria, ed ha portato a un processo di affinamento con continui incontri e confronti aperti con la CEI durante le varie fasi di approvazione. Forse per questo oggi siamo ancora poco oltre la posa della prima pietra.
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Parrocchia S. Ignazio da Laconi in Olbia, diocesi di Tempio-Ampurias
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Anno di concorso: 2011
Anno di realizzazione previsto: in corso di realizzazione dal 2016
Costi stimati: 4.610.000 euro
Sup. aula liturgica: 706 mq
Eventuali altre sup. previste: 1.241 mq
Progetto: Francesca Leto (capogruppo), Michele Battistella e Daniele Bertoldo Liturgista: Don Gaetano Comiati Artisti: Caterina Gabelli, Sara Maragotto, Alberto Secchi, Mauro Zocchetta.
Casa tra le case?
Una forma familiare per il complesso di Olbia, che pur si staglia netta e pura nel contesto, con la sua forma archetipa e di materia bianca. Una costruzione semplice, per incontrare le esigenze di un paesaggio aspro. La semplicità formale del progetto si coniuga alla ricchezza degli approfondimenti liturgici e a un programma iconografico forte, che rimanda agli affreschi catacombali e alle pagine miniate. Il livello di approfondimento dell’opera e l’evidenza di una sinergia completa tra architettura, arte e liturgia ha sicuramente giovato all’esito del concorso. Un sistema di soglie coinvolge il fedele in un duplice percorso, un movimento orizzontale dalle tenebre alla luce e uno verticale dalla terra al cielo in un “processo rituale d’incorporazione a Cristo”. Anche quest’opera è passata attraverso numerose semplificazioni e affinamenti, specialmente conseguenti alla sostituzione dell’originale struttura parrocchiale con una adeguata ad accogliere una comunità di cappuccini. Ciononostante, l’opera risulta in una fase avanzata di realizzazione.
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Parrocchia S. Giacomo Apostolo in Ferrara, diocesi di Ferrara‐Comacchio
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Anno di concorso: 2011
Anno di realizzazione previsto: 2019
Costi stimati: dato non disponibile
Sup. aula liturgica: dato non disponibile
Eventuali altre sup. previste: dato non disponibile
Progetto: Benedetta Tagliabue (capogruppo) con Joan Callis, Gabriele Rotelli, Katrina Varian, Valentina Noris Liturgista: Don Vincenzo Gatti Artista: Enzo Cucchi
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Un’architettura (troppo?) leggera
L’opera si distingue per organicità e leggerezza, apparendo nei documenti di concorso come immateriale e accattivante, in contrapposizione alle preesistenze storiche ferraresi. Le sue forme eccezionali e il suo campanile assicurano la riconoscibilità nel territorio ma lasciano aperto il dubbio sulla consonanza tra l’involucro proposto e ciò che esso dovrà ospitare. Pochissimi riferimenti all’organizzazione liturgica dell’aula e al programma iconografico che, in fase di concorso, necessitavano di ulteriori approfondimenti, così come, in un’altra direzione, risultava evanescente dalle tavole di concorso il progetto del sistema strutturale dell’intero complesso. Alle grandi vele delle coperture si deve però l’intuizione di uno spazio fluido e formalmente continuo tra luoghi della socializzazione e spazi per la liturgia, in una continuità formale di riconoscibilità e rilievo urbano. Il cantiere dell’opera, dopo una lunga pausa, pare finalmente essersi rimesso in moto quest’anno, ma ancora non è dato sapere quale sarà la configurazione finale del complesso dopo le varianti rispetto al concorso.
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Chiese , concorsi
Last modified: 8 Agosto 2017