VENEZIA. Open air per la prima volta nella storia della Biennale, la mostra nazionale del Canada è in esilio dal suo padiglione che rimane chiuso per motivi di restauro o fors’anche per ragioni politiche, dato l’approccio irriverente se non addirittura insurrezionale rispetto alla Corona Britannica che regge l’unica grande monarchia del Nordamerica. L’installazione canadese si situa così all’intersezione degli assi d’accesso dei propri vicini, (Inghilterra e Francia), corroborando le intenzioni della mostra che, sotto il titolo «Extraction», vuole esplorare la storia del compartimento minerario canadese, giustappunto conteso con le suddette potenze internazionali (leggi l’intervista al curatore Pierre Belanger).
L’inaugurazione si è presentata come un’autentica performance, con l’ambasciatore del Canada in Italia Peter McGovern intervenuto giusto per ricevere le rimostranze d’indipendenza dalla Corona che questa esibizione scopertamente reclama. Mentre rullavano i discorsi d’introduzione, tra cui quello di Pierre Belanger, incisivo ed appassionato, l’esposizione restava segreta e coperta da un manto di pelli di castoro, richiamo alla merce di scambio più preziosa del Canada prima della comparsa dell’industria dell’oro. A seguire, naturalmente tra gli scatti dei fotografi, l’ostensione per mano del curatore del caposaldo aureo, principio di annullamento del potere della Corona sul sottosuolo canadese, che una volta terminata la Biennale sarà consegnato alla Regina d’Inghilterra come ironico ringraziamento e reso, per la dominazione del sottosuolo fino ad oggi. Ancora sull’installazione velata da pelli di castoro è intervenuta la performance dell’artista canadese Eriel Deranger (del Athabasca Chipewyan First Nation) con un atto unico sulla necessità di ricucire la frattura storica della colonizzazione. Quindi un coro di mani ha liberato la superficie circolare in corian (250 cm di diametro), epifenomeno di questa installazione interrata, al centro della quale è stato installato il caposaldo aureo sul cui oculo i visitatori sono costretti ad inchinarsi per sbirciare il video riassuntivo di questi ultimi 800 anni di dominio britannico in vista di una sua prossima, auspicata liberazione. Per vederlo si è inchinato prima l’ambasciatore canadese in Italia, poi un bambino, quindi la celebre Phyllis Lambert, fondatrice del Canadian Center for Architecture ed anche qui tra i primi ad avere l’esperienza di questa narrazione rigorosamente singolare. Con qualche preoccupazione per la sua gonna stretta si è inchinata fino a portare il suo occhio al suolo anche la giovane artista Deranger e poi via via, uno alla volta il folto pubblico all’intorno. Si tratta infatti della sola installazione dell’attuale Biennale che, previa verifica dell’elasticità e della decenza dei propri abiti, può essere fruita esclusivamente da una persona per volta… e forse sarà questa una circostanza che permetterà di preservare dal furto il celebre caposaldo aureo che, se però un giorno dovesse sparire, si potrebbe sospettare finisca tra la “refurtiva” del padiglione uruguayano, nei rifugi, anch’essi interrati, dei Tupamaros.
Commissario: Catherine Crowston, Art Gallery of Alberta Curatore: Pierre Bélanger, OPSYS Espositore: OPSYS / RVTR Sede: Giardini
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allestimenti , biennale venezia 2016 , reporting from the front , venezia
Last modified: 6 Giugno 2016
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