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Alessandro ColomboWritten by: Biennale di Venezia

Il fronte della Cina è il recupero di passato e tradizione

Il fronte della Cina è il recupero di passato e tradizione

Tra suggestioni taoiste, filosofia, storia e tempo, Jingyu Liang ci parla del Padiglione cinese, “Daily Design, Daily Tao -Back to the Ignored Front”

 

Con il titolo “Daily Design, Daily Tao -Back to the Ignored Front” il curatore Jingyu Liang presenta il Padiglione della Cina alla prossima Biennale di Architettura di Venezia. L’analisi parte dalla considerazione della spettacolare crescita del paese negli ultimi trent’anni, dettata dalla necessità di modernizzazione e nella quale l’architettura è stata protagonista, ma solo nei termini di una visione “futuristica” dimentica della tradizione antica. Secondo l’architetto di Pechino la mostra di Venezia vuole parlare delle cose e dei progetti che rappresentano l’eredità del passato e hanno una presenza durevole. Il riferimento è all’antica tradizione cinese del Tao come concezione olistica della natura. Il progetto ispirato al Tao soddisfa i nostri bisogni giornalieri senza introdurre un nuovo futuro che rimpiazzi il passato ma che anzi lo integri nelle nostre vite. I protagonisti del Padiglione vogliono cogliere l’occasione della Biennale per condividere con il resto del mondo la loro fede nell’antica saggezza cinese. Abbiamo chiesto all’architetto Jingyu Liang di spiegarci questi non facili concetti.

 

Italia e Cina condividono una lunga storia di rapporti nei secoli. Queste relazioni sono state molto forti specialmente fra Venezia e alcune regioni della Cina. Come si confronta con questa lunga tradizione e qual è la sua personale relazione con Venezia?

Per me Venezia è il luogo dove tutto – palazzi, canali, calli – rimane immutato da secoli. Io sono sempre stupito dall’osservare come lo stile di vita moderno riesca ad adattarsi a questa città antica più di mille anni.

 

La storia sembra avere una grande importanza nella sua visione e nel suo lavoro. Qual è il suo rapporto con la storia?

Ognuno di noi ha un rapporto con la storia, la differenza sta nel fatto che alcuni ne sono più consci di altri. Io sono cresciuto e ho studiato in un periodo, i decenni dal 1960 al 1980, nel quale la mia nazione era interamente e strenuamente impegnata a tagliare i legami con la propria storia. Si riteneva che la cultura tradizionale cinese fosse, in generale, la causa alla base della mancata modernizzazione del paese, rendendoci così “diversi” dai paesi sviluppati. Tutto ciò che era legato alla tradizione veniva visto come oscurantista. Per questo motivo sono stato “non istruito” nei riguardi della nostra storia sino a tempi molto recenti. Il velo sulla nostra storia si è sollevato grazie ad occasioni che mi si sono presentate: il progetto di recupero dell’area Dashilar situata nel centro di Pechino e la lettura di testi sul Buddismo, sul Taoismo e sul Confucianesimo, giusto per citarne alcuni.

 

Parlare del concetto di storia significa parlare del concetto di tempo. Sembra che Lei voglia mettere in discussione la concezione lineare del tempo. La sequenzialità passato, presente, futuro pare non soddisfarla. Lei vuol ripensare il concetto di futuro, non è così?

Lei ha ragione. In ogni caso la discussione che voglio portare al pubblico è principalmente indirizzata al mondo cinese. Dice Confucio: “Le cose scorrono come l’acqua nel fiume”. Noi cinesi siamo abituati a guardare alla storia come a un continuum lineare. Lo scorrere del tempo non può essere sezionato in passato, presente, futuro, proprio come l’acqua del fiume. Ritengo che anche voi possiate sentire l’eco di queste parole nella vostra tradizione culturale, specialmente in ciò che Eraclito scrisse: “Non si può discendere due volte nel medesimo fiume”. In fondo credo che si condivida la stessa concezione del tempo. Ciò che non mi soddisfa oggi, nei contesti rurali e urbani cinesi, è che noi trattiamo passato, presente e futuro come tre cose prive di relazione. Specialmente quando il futuro (una nuova moda, una novità) è visto come un modo per sfuggire al presente (quando la novità svanisce) o al passato (uno stile vecchio o fuori moda). In nome del futuro la gente tradisce con facilità il passato. Voglio mettere in guardia i miei compatrioti cinesi: il futuro è in discussione.

 

“Il design di tutti i giorni segue la vita di tutti i giorni” è la sua massima. Ci può spiegare la sua visione della vita quotidiana?

Anche in questo caso la mia affermazione è riferita al contesto cinese. Se consideriamo le nostre tendenze architettoniche, quelle oggi in voga ci dicono che la vita segue il design. Le nostre vite quotidiane sono dominate da nuovi progetti, prodotti, case. Noi buttiamo via molto velocemente lo stile di vita che le generazioni più anziane ci hanno tramandato dal passato. Affermando che “il design di tutti i giorni segue la vita di tutti i giorni” io sto ora chiedendo ai designer di riconsiderare il valore dello stile di vita tradizionale che sta scomparendo. La visione chiave di questo tipo di vita è essere contro il consumismo. Questo è ciò che io penso il design dovrebbe perseguire.

 

Come può il passato essere integrato nella vita quotidiana e come possono l’architettura e il design agire in questo processo?

L’Europa ha idee ed esempi migliori di quelli che oggi si vedono in Cina. La vita presente è naturalmente integrata con il passato, come potrebbe non esserlo? A meno di una decisione volontaria, la ricerca di unicità od originalità elimina/cela i propri legami con il passato. Così se la nostra architettura/design cinese potesse tornare ad una pratica normale/ordinaria, in modo naturale potremmo integrare nuovamente il passato nella nostra vita quotidiana.

 

Lei fa riferimento agli antichi testi del Taoismo. Crede che si possa ritrovare una corrispondenza fra la tradizione taoista e quella cristiana occidentale?

Penso di sì. Sono particolarmente interessato agli Amish del Nord America, un gruppo di seguaci di una chiesa cristiana tradizionalista. Credo vi siano molte similitudini con lo stile di vita taoista.

 

Ci può illustrare il suo approccio alla conservazione urbana con particolare riguardo al suo progetto realizzato nel centro di Pechino?

È un argomento troppo vasto per essere esaminato in questa intervista. Vi suggerisco di approfondirlo con la visita al nostro padiglione.

 

 

Per_approfondire

Liang Jingyu consegue la laurea in architettura alla Tianjin University nel 1991. partecipa alla Biennale Internazionale di Architettura e Design di San Paolo nel 2005. il suo lavoro è stato selezionato per la China Contemporary Exhibition (Architettura, Design, cultura visiva) a Rotterdam nel 2006. Jingyu Liang è anche un artista digitale e ha lavorato presso Electronic Arts dal 2000 al 2002 disegnando video games. Ha vissuto e lavorato in Canada a Montréal e a Vancouver prima ristabilirsi a Pechino.

Approach Architecture Studio (ASS), Pechino, è stato fondato nel 2006 dall’architetto Jingyu Liang. Concentrandosi su una ricerca multidisciplinare, AAS mette in pratica un metodo di lavoro “lento” in opposizione con il contesto cinese, dove le costruzioni sono veloci. I progetti realizzati annoverano: il Centro Iberia per l’arte contemporanea, il Minshen Art Museum a Shanghai, il progetto di conservazione e rigenerazione urbana di Dashilar, un antico e storico quartiere in centro a Pechino.

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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Last modified: 26 Aprile 2016