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Natalia Woldarsky MenesesWritten by: Biennale di Venezia

Canada, fronte della miniera (contro i benpensanti)

Canada, fronte della miniera (contro i benpensanti)

La mostra “Extraction” del curatore Pierre Bélanger illustrerà la funzione strategica dell’industria mineraria nello sviluppo del Canada (e a maggior gloria di Sua Maestà Britannica). Per sovvertire gli stereotipi sulla casetta piccolina con fiori di lillà e avviare un dibattito per sanare gli orrori ecologici, economici e urbanistici causati dagli interventi estrattivi

 

Il Canada, quel belpaese lontano che ci dipingiamo quasi come la personificazione dell’equilibrio ambientale, alla Biennale tenterà di sovvertire questo comune sentire, sollevando un tema politicamente rumoroso per svelare aspetti sotterranei della propria storia. Per questo la mostra si chiamerà “Extraction” e tenterà di confondere i benpensanti, mettendo in luce la funzione strategica che l’industria mineraria ha avuto nello sviluppo del paese per trasformarlo in un gigantesco strumento nelle mani del Regno britannico, alle cui sorti il Canada è rimasto legato, essendo a tutt’oggi la più grande monarchia parlamentare al mondo. Vasto e aggressivo, il comparto estrattivo canadese è attivo in ogni continente nel mondo, tanto che globalmente il 75% delle aziende minerarie e d’investigazione estrattiva battono la bandiera della foglia d’acero. Nel 2014 il Canada contava 799 risorse minerarie internazionali disseminate tra Sudamerica, Caraibi, Africa, Asia e anche Europa, ad aggiungersi alle miniere in madrepatria per un totale di 2.461 siti attivi. Silenziosamente e tenacemente questa prolifica attività estrattiva definisce il profilo del Canada e ne marca lo sviluppo sia in patria che all’estero; perché sono canadesi gran parte delle materie prime che ovunque compongono le infrastrutture e i manufatti a sostegno della vita urbana contemporanea.

Curatore di questa mostra anticonvenzionale per il paese del politically correct è Pierre Bélanger: urbanista, architetto del passaggio e docente ad Harvard nonché direttore di OPSYS, studio di ricerca e design multimediale che collabora in team multidisciplinari con università, governi e organizzazioni no profit a dipanare i temi più delicati dei processi di pianificazione: quelli legati all’energia, all’ecologia e agli aspetti socio-culturali. OPSYS curerà la mostra veneziana con RVTR, studio con sede a Toronto e Ann Arbor (Michigan) che coniuga accademici e professionisti per fare del progetto un agente attivo in ecologie di crescita. Inoltre, a sorpresa, Atelier Hume (composto da orafi e gemmologi) sarà coinvolto attivamente nell’allestimento di una parte della mostra.

Bélanger proporrà un “Report from the Edge of Empire”, che riprende il “Reporting from the Front”. E se lo stereotipo attraverso cui è concepito il paese è ancora quello della casetta piccolina con fiori di lillà, Belanger è intenzionato a sovvertirlo, come ci ha dichiarato: «L’immagine del Canada all’estero è stata fondata nel dopoguerra nel segno di un grande paese solidale e umanitario e si è poi fossilizzata su questo profilo. Invece, il Canada, già molto prima delle guerre e persino ora, sta operando come strumento a scala globale nelle mani dell’Inghilterra». La questione, in realtà, precorre Cristoforo Colombo e pare trovare il suo remoto fondamento giuridico nella Magna Charta del 1215, da cui deriva la totale separazione tra i diritti di superficie e quelli sul sottosuolo, quest’ultimi riservati alla Corona con la relativa attività estrattiva. Il risultato del potere della monarchia britannica in Canada sono stati dunque massicci spostamenti di popolazione (in gran parte aborigena) per permettere le espropriazioni dei terreni e il loro sfruttamento estrattivo. Di questo fronte – confine d’un impero nascente – “Extraction” delinea il profilo dell’industria mineraria, al fine di avviare un dibattito per riformarla ed eventualmente sanare gli orrori ecologici, economici e urbanistici causati dagli interventi.

La vicenda che narrerà “Extraction” presenta riflessi anche italiani, con l’ex sito aurifero di Furtei (Sardegna; nella foto di copertina) che il team di Bélanger sta tentando di risanare dopo il fallimento dell’impianto nel 2008, la mancata bonifica del sito e il conseguente rischio ecologico per contaminazioni da cianuro e arsenico dei terreni e delle acque. Una vicenda purtroppo non singolare, nell’ampia eredità dell’industria mineraria canadese, che sarà raccolta nel catalogo in accompagnamento alla mostra. Ai primi 5.000 visitatori il volume sarà regalato, insieme a un sacchettino di 100 grammi di aggregato minerale in cui resta solo una parte per miliardo d’oro grezzo, proveniente da Furtei: è la proporzione che segna la fine dell’attività estrattiva e l’inizio del rischio ambientale ed ecologico.

Non si creda tuttavia che la parte destruens sia inferiore alla construens. Il volume conterrà anche un Manifesto on Resource Urbanism for the 22nd Century. Proprio attraverso una nuova equità e coscienza urbanistico-ambientale, il documento vorrebbe ripartire dal suolo per individuare nuovi modelli di pianificazione, come reciterà il motto sul caposaldo aureo dell’esposizione: “summa virtus terra est”.

Che sia per ragioni politiche (di cui si è sentito già qualche rumore) o di effettivo restauro, la mostra non sarà ospitata nel padiglione canadese ma all’aperto, con una proiezione sull’origine del Canada come potenza mineraria. Schermo sarà il terreno, per costringere lo sguardo a trafiggere il suolo. Al centro di questo spazio, la riproduzione in oro di un caposaldo minerario del peso netto di 10 once (283 grammi) che qui, dichiara Bélanger al nostro Giornale, «Sarà di fatto, spazialmente, legalmente e nel nostro caso anche politicamente, un monumento. Esso infatti demarca il confine tra la superficie dello Stato e il potere della Corona. Inoltre un caposaldo è quanto precede e presiede ad ogni forma di pianificazione, territorializzazione, e quindi ad ogni forma di spartizione del potere. Per questa ragione la sua collocazione al crocevia dei padiglioni di ex imperi (Inghilterra, Francia e Germania) assume un’importanza strategica sia in senso storico che attuale e di prospettiva: ormai alla vigilia dei 150 anni del Commonwealth, questa è una dichiarazione di indipendenza dalla Monarchia». Proprio per questo, qualora il caposaldo aureo riuscisse ad arrivare alla fine della Biennale, sarebbe intenzione del curatore farne dono a Sua Maestà Britannica, la quale, chissà se sarà edotta sul significato ironico del generoso gesto…

Ha collaborato Sofia Nannini

 

 

Per_approfondire

Il curatore

Pierre BelangerIscritto come architetto del paessaggio e urbanista professionista in Canada, gli Stati Uniti e Olanda, Pierre Bélanger si è dottorato alla Wageningen University (Olanda) in Pianificazione ambientale e architettura del paessagio nel 2013. Precedentemente, ottiene il Master di Architettura del paesaggio all’Università di Harvard nel 2006 e il Bachelor di Architettura del paesaggio all’Università di Toronto nel 1996. Attualmente è docente associato di Architettura del paesaggio e co-direttore del Master in Design Studies all’Università di Harvard, insegna dal 2009 incrociando i temi di ecologia, infrastrutture, media e urbanistica nei campi del progetto, comunicazione, pianificazione e ingegneria. In precedenza, è stato docente associato all’Università di Toronto nel 2001-2009. Dal 2006 dirige OPSYS, studio di ricerca e design multimediale con sedi in Canada e Stati Uniti. In precedenza è stato co-direttore del Centre for Landscape Research and Reclamation dal 2001 al 2009. Dal 1996 al 1998 ha lavorato come project manager per Brinkman & Associates, società che si occupa di bioingegneria e rimboschimento (1996-98).

Autore

  • Natalia Woldarsky Meneses

    Di origine cilena con cittadinanza canadese, si è laureata in Architettura presso la Carleton University di Ottawa nel 2013 con una tesi sulla rigenerazione dello spazio pubblico, sviluppando una ricerca sul centro storico di Favara (Ag), dove ha svolto uno stage presso Farm Cultural Park nel 2012. Bachelor in Progettazione ambientale alla Dalhousie University di Halifax nel 2011 e in Arti umanistiche presso l'Università di Toronto nel 2005, è stata planning intern presso Arcosanti (Arizona, EEUU, 2006) per 6 mesi, partecipando al progetto di Paolo Soleri. Dal 2014 risiede in Italia, dividendo il suo tempo come consulente per gli studi Miguel Sal & Co (Bologna) e Open Architects Inc. (Los Angeles). A Milano ha collaborato con lo studio Planimetro srl. Per la Biennale di Venezia 2014 è stata parte del personale docente nel padiglione canadese. Prima di trasferirsi in Italia ha lavorato in Canada per gli studi Open Architects (Toronto, 2010-2013), Turner Fleischer Architects (2008-09) e Abrahams and Esyter (2007-08).

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Last modified: 22 Marzo 2016