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Carlo OlmoWritten by: Professione e Formazione

Pierre Nora (1931-2025)

Pierre Nora (1931-2025)
Riflessione critica sul contributo dell’intellettuale francese: un patrimonio di pensieri con cui storici, storici urbani, urbanisti e architetti dovrebbero misurarsi

 

“Entre mémoire et histoire. La problenatique des lieux” è il titolo del saggio di Pierre Nora (1931-2025) che nel 1984 apre il primo volume dei Lieux de mémoire. Ed è con quel saggio che dovrebbero misurarsi, oggi che Nora è venuto a mancare, storici, urbani in primis, urbanisti, architetti e protagonisti di quella che giustamente è stata definita l’”orgia patrimoniale”. Dovrebbero anche misurarsi, se e quando si voglia tentare di definire una possibile epistemologia storica, con la prefazione da lui scritta all’edizione del 2005 del testo di George Duby Le dimanche de Bouvines (Gallimard, 1973).

 

Memoria collettiva, memoria nazionale e patrimonio

Perché due brevi testi per ricordare uno degli attori fondamentali e più prolifici della scena culturale francese ed europea del secondo Novecento?

Occorre, come sempre, muoversi come un pendolo. Senza poter qui ricostruire una vera genealogia del testo del 1984, è necessario tuttavia ricordare almeno “Les lieux de la mémoire collective”, seminario di cui Nora è coordinatore all’École des hautes études en sciences sociales nel fra 1977 e 1978.

È questo il laboratorio dei volumi dei Lieux de mémoire, momento del passaggio da mémoire collective a mémoire nationale che nel 1979 Nora argomenterà compiutamente nel saggio “Quatre coins de mémoire”, in cui supera la dibattuta questione dell’uso politico del passato per riconoscere il “capital de pouvoir” che la memoria può rappresentare anticipando quella che sarà la lunga e controversa stagione del patrimonio.

La scelta che Nora compie, e occorre ricordarlo in una sede in cui si discute di architettura e città, è di rimettere al centro i luoghi e, in molti suoi scritti, i luoghi “fisici”. Una problematica che sarà anche la chiave per capire il contesto in cui si formano i Lieux de Mèmoire, al di là del rimettere in campo la nation, con tutte le conseguenze che si svilupperanno dopo il 1989.

Un contesto che, se il pendolo si muove un po’ in avanti, conosce due fondamentali campi del potere e di organizzazione intellettuale.

Il primo è quello che si sviluppa tra Modernity at Large: Cultural Dimensions of Globalization (1996) di Arjun Appaduraj e Luoghi. La produzione di località in età moderna e contemporanea di Angelo Torre (2011), un campo di ricerca e organizzazione del mestiere dello storico che ha come perno Edoardo Grendi e il seminario genovese di storia locale (Vittorio Tigrino, “Storia di un seminario di storia locale. Edoardo Grendi e il Seminario Permanente di Genova (1989-1999)”, 2013).

Il secondo è quello innescato dal testo di Denis Cosgrove The Palladian Landscape: Geographical Change and Its Cultural Representations in Sixteenth-Century Italy (1976), in cui la problematica dei luoghi incorpora le iconologie e le architetture, soprattutto quando diventando iconiche, si trascinano dietro ogni declinazione di morfologia.

Ma Nora riassumerà in Lieux de mémoire anche il lungo percorso che dal Maurice Halbwachs de La memoria collettiva (2007) lo porta a riconsiderare la storia come fondamento della legacy dell’origine, in grado di trasformare conflitti, narrazioni, memorie e leggende in un avvenimento istitutivo. E lo fa confrontandosi con un testo di straordinario fascino come quello in cui Duby nel 1973 trasforma una data, il 27 luglio 1214, e il luogo di una battaglia, Bouvines, nell’avvenimento fondativo di una nazione.

 

Memoria come capital de pouvoir

I passaggi che Nora compie tra 1978 e 2005 andrebbero tutti studiati. Il primo è quello che dal devoir de mémoire, che ha come topos imprescindibile il genocidio ebraico (Emmanuel Kattan, Penser le devoir de mémoire, 2002), lo conduce, attraverso il lungo travail de mémoire che ha come altro protagonista essenziale Paul Ricoeur, a mettere in discussione soprattutto l’esistenza di un’origine della memoria, con un deveoir de mèmoire che diventa, quasi da subito, un “lieux d’affrontement”.

Gli anni tra inizio ottanta e fine secolo sono per Nora, che negli anni ottanta è assistente a SciencesPo, il momemt-mémoire, in cui lo studio della memoria, individuale e collettiva, trova alimento dalla storia orale, da quella della cultura materiale, dalla sociologia politica, dai testi e dagli studi, originali o più spesso citati di psicanalisti (Michel Foucault e Lacan in primis).

Ma è nel decennio successivo che si compie il passaggio, ad oggi non risolto, verso una concezione della memoria come capital de pouvoir, dizione più pregnante di quella di uso politico della storia allora prevalente (Nora ci lavora dal 1979 al 2005). E non è un caso che misuri la sua capacità di indagine nella prefazione alla Dimanche de Bouvines. Il lavoro di Duby contiene il paradigma di quello che stabilirà un canone delle storiografie della memoria. La battaglia di Bouvines è l’avvenimento eroico raccontato fino a diventare quella mitologia che consente di trasfigurarlo e di farne l’origine necessaria di un’identità (in questo caso nazionale). Lo fa utilizzando la formazione di una leggenda (Christian Delacroix, “Généalogie d’une notion”, in C. Delacroix, F. Fosse e P. Garcia, Historicités, Paris, 2009) per fondere memoria collettiva, identità nazionale, forme narrative e necessità di un’origine attraverso un luogo, un avvenimento, una collettività, diversi stili e forme di narrazione.

Quella che si forma è una chaine de mèmoires che si costruisce, o forse si inventa se la tradizione che si vuole seguire è quella anglosassone. È l’eredità più pervasiva e rilevante, anche in termini di forme e luoghi della ricezione, che Pierre Nora lascia e che, ancora oggi, segna il dibattito più sofferente, quello tra memoria e patrimonio, dove entrambi i termini si portano dietro almeno due secoli e mezzo di tentativi di farli dialogare.

 

Un maestro per chi si muove tra spazio, memoria, racconto, forme e norme

Pierre Nora non è stato un maestro solo per gli storici, ma forse soprattutto per quanti si muovono sulle relazioni che legano spazio, memoria, racconto, forme e norme. Un intreccio senza chiarire il quale è difficile orientarsi in una produzione di studi, ricerche, conservazione, consumo, tecnologie, indagini sempre più condizionati dalle macchine e dall’apparente sicurezza che il loro uso induce.

Nell’editoriale al numero 150 di “Quaderni Storici” (2015) Angelo Torre propone una riflessione sulla storia applicata, usando due campi di indagine: la public history e il patrimonio.

Oggi che le applicazioni sono divenute algoritmi, che la realtà è indagata in maniera sempre più virtuale, che il campo di studio è sempre più un lieux d’affrontement tra esperti di troppo, bisognerebbe forse riprendere a leggere la storia intellettuale di Pierre Nora, che, come pochi, ha saputo intrecciare public history e patrimonio. Accettando che, come per Bouvines, sia uno spazio e una contesa che non debba rassicurare ma generare problematiche, che non possa affidarsi a professioni disabilitanti ma a forme di pensiero critico.

Autore

  • Carlo Olmo

    Nato a Canale (Cuneo) nel 1944, è storico dell'architettura e della città contemporanee. E' stato preside della Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino dal 2000 al 2007, dove ha svolto attività didattica dal 1972. Ha insegnato all’École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi, al Mit di Boston e in altre università straniere. Autore di numerosi saggi e testi, ha curato la pubblicazione del "Dizionario dell'architettura del XX secolo" (Allemandi/Treccani, 1993-2003) e nel 2002 ha fondato «Il Giornale dell'Architettura», che ha diretto fino al 2014. Tra i suoi principali testi: "Le Corbusier e «L’Esprit Nouveau»" (Einaudi, 1975; con R. Gabetti), "La città industriale: protagonisti e scenari" (Einaudi, 1980), "Alle radici dell'architettura contemporanea" (Einaudi, 1989; con R. Gabetti), "Le esposizioni universali" (Allemandi, 1990; con L. Aimone), "La città e le sue storie" (Einaudi, 1995; con B. Lepetit), "Architettura e Novecento" (Donzelli, 2010), "Architettura e storia" (Donzelli, 2013), "La Villa Savoye. Icona, rovina, restauro" (Donzelli, 2016; con S. Caccia), "Città e democrazia" (Donzelli, 2018), "Progetto e racconto" (Donzelli, 2020)

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Last modified: 18 Giugno 2025