Addio all’ultimo dei collaboratori di Le Corbusier, che ne ha saputo meglio incarnare le espressioni artistiche
Il 9 marzo ci ha lasciati José Oubrerie. Ultimo dei grandi collaboratori di Le Corbusier, è stato tra i protagonisti di quell’epopea nella quale giovani architetti talentuosi provenienti da tutto il mondo venivano sollecitati a “contribuire con le proprie idee” disegnando allo stesso tavolo del maestro svizzero, come attestano le fotografie di René Burri: la sua vita e carriera professionale furono profondamente segnate da quell’incontro.
Un’irrinunciabile risorsa per l’atelier Le Corbusier
Oubrerie nasce il 9 novembre 1932 a Nantes, città dove consegue il diploma in pittura all’École des Beaux-Arts nel 1951. Qualche anno più tardi si trasferisce a Parigi e, nel 1968, si laurea in Architettura presso l’École National Supérieure des Beaux-Arts (ENSBA). Nel frattempo, a partire dal 1957, appena venticinquenne entra nel celeberrimo atelier di rue des Sèvres 35, dove conosce alcuni tra i grandi collaboratori di Le Corbusier tra cui Iannis Xenakis (1922–2001), Guillermo Julian de la Fuente (1931-2008), Jerzy Sołtan (1913-2015) e Balkrishna Vithaldas Doshi (1927-2023).
Dimostrando subito il suo straordinario talento, Oubrerie diventa presto un’irrinunciabile risorsa dell’atelier. A lui, tra gli altri, vengono affidati il progetto per il Padiglione Heidi-Weber a Zurigo (oggi Padiglione Le Corbusier, recentemente oggetto di un importante restauro condotto da Arthur Rüegg e Silvio Schmed) e, assieme a José Luis Miquel, quello per la chiesa di Saint Pierre a Firminy, opere entrambe concluse solo dopo la morte del maestro. A partire dal 1962, con de la Fuente, lavora anche al mai realizzato progetto per il nuovo ospedale di Venezia.
L’incredibile capacità interpretativa del pensiero corbusiano fa di Oubrerie il protagonista dell’attività dello studio dopo la morte del titolare. È lui, infatti, che completa il tassello mancante (l’Église de Saint-Pierre) al progetto rimasto incompleto per Firminy-Vert, espressione della volontà dell’allora sindaco Èugene Claudius-Petit di “une ville du XXe siècle qui soit le meilleur de son temps”, che Corbu concretizza realizzando un’Unità d’abitazione, lo stadio, la casa della cultura e, appunto, la chiesa.
Dal 1967, uno studio autonomo e Bologna
Sposatosi con l’artista Michèle Nédélec, dopo la morte del maestro svizzero e la chiusura del suo atelier, Oubrerie apre il proprio a Parigi nel 1967. Tra i lavori condotti a partire da quegli anni c’è la ricostruzione del Padiglione dell’Esprit Nouveau a Bologna (1977), progetto elaborato con l’amico Giuliano Gresleri (1938-2020). I due architetti si erano conosciuti a Parigi nel febbraio del 1965 dove, con il fratello Glauco, Giuliano era stato inviato dal cardinale Giacomo Lercaro per sondare la disponibilità di Le Corbusier a costruire una chiesa a Bologna nell’ambito del progetto ecumenico intrapreso dal vescovo della città emiliana.
Il sodalizio tra Oubrerie e Gresleri, rimasto indissolubile fino alla morte del collega bolognese e alimentato da numerosi lavori, progetti e concorsi elaborati insieme, introduce il primo all’intenso dibattito internazionale sulla cultura architettonica promosso dalla rivista “Parametro”, allargando le sue frequentazioni a figure come Kenneth Frampton o Peter Eisenman: è l’inizio dell’avventura americana.
L’attività negli Stati Uniti
Trasferitosi là nei primi anni ottanta, Oubrerie intraprende una fulgida carriera universitaria, dimostrando le sue innate doti di docente a NYIT, Columbia, Cooper Union, University of Illinois (Chicago), Lexington (Kentucky, di cui sarà anche dean) e Knowlton (Ohio). Per brevi periodi torna anche in Europa per insegnare al Politecnico di Milano e all’ENSBA.
Nonostante l’attività didattica limiti la sua produzione architettonica, consegue alcuni risultati di grande rilievo, in particolare il Centro culturale francese a Damasco (1988, con Kirkor Kalaycayian) e la Miller House a Lexington (1992, con Cicely Wylde, sua seconda moglie e cotitolare dello studio Wylde-Oubrerie, fondato nel 1989), interessante connubio linguistico tra Corbu e i New York Five, e la Chapel of the Mosquitoes, commissionata dal “T” Space di Steven Holl, sfortunatamente non realizzata.
Membro onorario dell’AIA e Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres del Ministero della Cultura francese, Oubrerie è probabilmente la figura che meglio ha saputo incarnare le espressioni artistiche di Le Corbusier, vivendo da vero “protagonista silenzioso” dell’architettura del XX secolo l’incredibile atmosfera di uno studio che, come pochi altri, ha segnato la cultura architettonica mondiale.
Immagine di copertina: Inaugurazione del Padiglione de L’Esprit Nouveau (Bologna 1977). A sinistra, in abito scuro, José Oubrerie con Èugene Claudius-Petit. A destra in secondo piano, con baffi e occhiali, Giuliano Gresleri (© AGG – Archivio Giuliano Gresleri)
About Author
Tag
bologna , Chiese , francia , le corbusier , obituary , parigi , stati uniti , università
Last modified: 28 Marzo 2024