Docente dalla grande umanità e capofila della cosiddetta scuola romana del restauro critico-conservativo
ROMA. L’1 febbraio ci ha lasciati Giovanni Carbonara, architetto e professore emerito di restauro architettonico dell’Università degli studi di Roma “La Sapienza”. Capofila della cosiddetta “scuola romana” del restauro, sono numerosissimi gli allievi e i professionisti che si sono formati nell’Ateneo nei corsi della Scuola di specializzazione in beni architettonici e del paesaggio, diretta dal 1995 al 2013, e il Dottorato di ricerca in Conservazione di beni architettonici. Gli innumerevoli riconoscimenti quali la Medaglia d’oro dei Benemeriti della Cultura e dell’Arte ricevuta nel 2008 dal Presidente della Repubblica, i ruoli chiave svolti nei comitati scientifici, la partecipazione al Consiglio scientifico dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), fanno percepire l’alta tempra professionale di Carbonara, internazionalmente riconosciuta.
Nato a Roma nel 1942 e laureatosi in architettura nel 1967, Carbonara inizia subito a militare nelle soprintendenze due anni dopo. La vocazione è però anche altra; s’iscrive alla Scuola di specializzazione per lo studio e il restauro dei monumenti, diplomandosi nel 1971. Allievo e assistente di Renato Bonelli, diventa docente universitario prima a Pescara e poi nella sua città, incardinato come professore ordinario a “La Sapienza” dal 1980. I costanti approfondimenti e confronti con i suoi contemporanei e con maestri e i padri fondatori del restauro architettonico lo portano a inserirsi, come amava ricordare, nel solco dei teorici del “restauro critico”: Cesare Brandi e Umberto Baldini, Roberto Pane e Agnoldomenico Pica, Renato Bonelli e Carlo Ludovico Ragghianti.
Parte della sua produzione saggistica è stata dedicata alla ricerca storica e a quella teoretica sul restauro, volumi capisaldi per chi ancora oggi si approccia, o approfondisce, la materia; basterà citare il Trattato di restauro architettonico (11 volumi, una produzione enciclopedica), il Restauro architettonico e impianti e l’Atlante del restauro. Per decenni il professore, il maestro – questo è stato Carbonara per tanti di noi – ha alternato l’insegnamento accademico nelle aule e nei cantieri-studio della facoltà di Valle Giulia al lavoro sul campo, curando direttamente o come consulente interventi di restauro su edifici storici, ambienti stratificati e complessi monumentali: dalla chiesa paleocristiana di Santo Stefano Rotondo al Celio, alla Biblioteca Classense di Ravenna, dall’Arco d’Augusto di Fano alla Villa Reale di Monza, dalla Basilica Ulpia del Foro di Traiano al grattacielo Pirelli di Milano. Ambiti ed edifici completamente differenti sono stati approcciati, studiati e restaurati in maniera puntuale e senza preconcetto alcuni, perché “ogni intervento costituisce un episodio a sé, […] da studiare a fondo ogni volta, senza assumere posizioni dogmatiche o precostituite”. Per Carbonara conservare significava perpetuare e trasmettere al futuro, nelle migliori condizioni possibili, il lascito delle epoche passate. Ecco la direttrice della scuola romana, l’approccio “critico-conservativo” verso il quale dovrebbe puntare il cantiere di restauro, anche in contesti estremamente diversi, perché “[…] ciò che si può insegnare è, al massimo, una metodologia d’approccio a problemi che si pongono, ogni volta, in modo diverso”.
Eppure il Professore non ci lascia solo questo enorme lascito di studi e pubblicazioni nel settore ma, riprendendo le parole della professoressa Daniela Esposito, ci “sentiamo un po’ orfani”; perché ciò che contraddistingueva Carbonara era anche la sua rara umanità e squisita attenzione alle persone con le quali si trovava a dialogare e a collaborare. La vastità culturale andava di pari passo con una pacatezza tipica di un uomo d’altri tempi; insegnamenti preziosi affinché chiunque, architetti restauratori e non, studenti o lavoratori, potesse poi distinguersi nella pratica professionale per rettitudine umana oltre che operativa. Sua era la capacità di comunicare concetti complessi con parole di volta in volta chiare e dirette in base agli interlocutori; sua l’attitudine di saper ascoltare – per poi elargire consigli – in maniera attenta e premurosa, ricordata da tutti coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo.
Carbonara lascia un grande vuoto. L’assenza che percepiamo è quella di un professore che non ha solo avuto la “funzione” d’insegnare, in senso didattico e accademico, nozioni da acquisire, ma di un manuductor che ha condiviso con noi il suo vasto sapere permettendoci di seguire il suo esempio. La sua lezione perdurerà nelle professioni, nei ruoli pubblici, nelle università e nella nostra vita orientandoci, magistralmente, a puntare il dito verso la bellezza.
Immagine di copertina: © Il Cittadino
About Author
Tag
obituary , restauro , roma , università
Last modified: 3 Febbraio 2023