Dalla Sicilia, la proposta al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e al sottosegretario Vittorio Sgarbi di riconoscere un’ulteriore funzione dei musei
MESSINA. Un iter approvativo non senza momenti di tensione e accesi confronti, che alla fine ha innescato pure una serie di dimissioni dei vertici di ICOM a livello internazionale. A distanza di mesi dall’approvazione della nuova definizione di museo del 24 agosto scorso, nell’ambito della 26° Conferenza Generale ICOM, tenutasi a Praga, il dibattito si riaccende in Italia, all’incontro promosso dall’Assessorato dei Beni Culturali e Identità siciliana, il 18 novembre, condivisa dal Museo regionale interdisciplinare di Messina e ospitata presso l’Università della stessa città.
In riva allo Stretto si è inteso, infatti, riaprire, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, la possibilità di riconoscere, nella normativa statale e non solo come enunciato di un organismo culturale internazionale, un’ulteriore funzione di museo, che sia davvero figlia dell’esperienza degli anni della pandemia, per evitare in futuro la riproposizione di provvedimenti draconiani come quelli adottati nel 2020, che per la prima volta ne hanno determinato una prolungata chiusura, e dunque preclusione a quella stessa funzione pubblica riconosciuta come identificativa dei musei. Misure che hanno anche contraddetto il loro status di “servizi pubblici essenziali”, al pari di ospedali e scuole. Per quanto, infatti, la nuova definizione risponda meglio a un concetto di museo più inclusivo, che rispetta e promuove le diversità, è mancato il riconoscimento di una funzione la cui utilità è emersa proprio durante i mesi difficili del lockdown: quella del museo quale luogo atto anche a migliorare il benessere psico-fisico degli individui.
Adele Moreca Compagna, presidente ICOM, soffermatasi sugli “elementi innovativi della definizione che sottolineano il suo ruolo sociale e prefigurano una nuova visione orientata all’accessibilità, all’inclusione, alla partecipazione, allo sviluppo sostenibile”, ricorda che “ICOM Italia è intervenuta con forza contro la chiusura dei musei, anche perché avevano già adottato adeguate misure di sicurezza, e sarebbe pronta a rifarlo, ove necessario”. Del resto era stata proprio la proposta con cui ICOM Italia aveva partecipato alla call internazionale, che tra le finalità di un museo aveva provato a introdurre proprio la promozione del “benessere della comunità”.
In concreto, dunque, si vuole proporre una modifica dell’articolo 1 del Decreto ministeriale 23 dicembre 2014, in materia di Organizzazione e funzionamento dei musei statali, che già aveva recepito la precedente definizione del 2007 e che adesso, proprio cogliendo l’occasione di aggiornamento con la nuova, possa integrarla nella direzione del riconoscimento di una funzione sanitaria dei musei utile, evidentemente, non solo nella remota ipotesi di ripiombare a breve in una nuova pandemia, ma anche in caso di altra situazione emergenziale (e spesso i musei vivono in una “ordinaria” emergenza) assunta a pretesto per una serrata.
Significa aprire anche tutto un nuovo ventaglio di tutele a livello costituzionale. Enrico Grosso, ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Torino, intervenuto alla conferenza, ha spiegato che alla luce dell’auspicabile riconoscimento della contiguità delle due sfere, culturale e sanitaria, “i diritti culturali radicati nell’art. 9 possono essere protetti espressamente anche dall’art. 32” (tutela della salute, ndc.). Il costituzionalista ha anche precisato che la chiusura dei musei era stata stabilita per “la tutela dell’incolumità pubblica”, che lo Stato deve garantire (art. 117). Ecco, dunque, con il riconoscimento, sancito per legge, del museo come luogo atto anche a migliorare il benessere dei cittadini, si potrà stabilire che accedere a una sala con opere d’arte e beni esposti, con tutte le cautele che per esempio hanno consentito di entrare anche durante il lockdown in un supermercato, non ostacola la preservazione di quell’incolumità, ma al contrario vi concorre per i benefici sulla psiche e sullo spirito che numerosi studi medico-scientifici da tempo documentano.
Col conforto pure di progetti pionieristici come NeuroARTIfact, presentato a Messina, frutto di un accordo di collaborazione stipulato dal Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma, diretto da Valentino Nizzo, con la Facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza (Laboratorio Arte e Medical Humanities, di cui è responsabile Vincenza Ferrara). “L’analisi preliminare dei dati raccolti, per molti versi ancora ‘inediti’ legati all’esperienza neuroestetica, sembra offrire un’ulteriore conferma al ruolo che il nostro patrimonio culturale può e deve avere nel favorire e incentivare esperienze che abbiano come esito il benessere e la salute dei fruitori”, affermano i promotori.
Insomma, non siamo più così sicuri che chiudere i musei sia stato un “sacrificio” necessario a tutela della salute. E affinché questi sacrifici, forse persino controproducenti (sotto il profilo sociale, oltre che per i gravissimi danni economici), siano per l’avvenire evitati, la proposta di modifica sarà sottoposta al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e al sottosegretario Vittorio Sgarbi, al termine degli altri due incontri previsti, a Palermo e a Roma, con ulteriori contributi di altri specialisti.
Immagine di copertina: Visitatori partecipano al progetto NeuroARTIfact al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma
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beni culturali , congressi , coronavirus , musei , sicilia
Last modified: 22 Novembre 2022