Colto, curioso e cosmopolita, dall’originale percorso che lo ha visto impegnato nell’architettura residenziale, scolastica e religiosa
Scomparso a soli 68 anni, Mauro Galantino lascia in eredità non solo un’opera costruita notevole per qualità, ma anche la testimonianza di un modo artigianale di operare come architetto che pochissimi colleghi italiani della sua generazione hanno praticato con una tale intensità. Stupisce infatti come sia riuscito, con un’organizzazione professionale ridotta di pochi collaboratori talentuosi e fidati, a produrre un corpus così ricco di progetti a tutte le scale, dai piccoli interni residenziali fino ai grandi complessi scolastici e religiosi, ma anche una nutrita serie di progetti di concorso nazionali e internazionali che rappresentarono un costante e fertile campo di sperimentazione.
Nato a Bari nel 1953, si laureò nel 1980 a Firenze manifestando una precoce passione per il disegno e collaborando con Leonardo Savioli e Leonardo Ricci per il concorso del Centro direzionale (1977), prima di perfezionare gli studi a Parigi con Henri Ciriani all’Unité Pédagogique 8, non a caso la scuola francese con le maggiori affinità elettive con la cultura progettuale italiana. In parallelo con questo biennio di studi post-laurea ebbe l’occasione di collaborare con Paul Chemetov e Renzo Piano, tornando nel 1983 in Italia per lavorare alcuni anni con Vittorio Gregotti, che ne seppe riconoscere e valorizzare il grande talento progettuale. Fin da questi inizi emerge quindi la figura di un giovane architetto colto, intellettualmente vivace e curioso, proiettato in una dimensione cosmopolita e non provinciale, che molto presto cercò di emergere come autore attraverso la partecipazione a importanti concorsi di progettazione, vincendo a 27 anni il primo premio al concorso per le Halles al centro di Parigi (1980) con un gruppo internazionale di cui facevano parte i compagni di studio di Firenze (P. Baroni, P. Carlucci, M. De Vita, F. Guerrini) e Parigi (M. Bourdeau).
Anche dopo aver aperto il proprio studio a Milano nel 1986, inaugurando di fatto i primi cantieri, Galantino continuò a difendere la necessità di confrontarsi con la cultura architettonica internazionale attraverso la proposta di ambiziosi e visionari progetti urbani, tra i quali rimangono esemplari per la qualità e il rigore del disegno urbano quelli per il nuovo Centro regionale amministrativo di Sankt Pölten (Bassa Austria, 1989) e per il quartiere del Parlamento “Spreebogen” a Berlino (1994).
Nel costruire un originale percorso di ricerca progettuale, Galantino ha continuato a coltivare un’affinità linguistica e di pensiero con Ciriani, al quale dedicò anche una monografia caratterizzata da una rara intelligenza analitica e critica (Henri Ciriani. Architetture 1960-2000, Skira 2000), ma anche con architetti francesi della sua generazione come Michel Kagan e Laurent Salomon, formatosi come lui con Ciriani, e con Pierre-Louis Faloci per il quale scrisse un importante saggio critico (Pierre Louis Faloci. Architettura per ricordare. Centro europeo del resistente deportato al Kl Natzweiler-Struthof, Electa 2007).
Al di là di questa esplicita francofilia, Galantino è riuscito ad affermare una propria scrittura autoriale, espressa in particolare nell’architettura residenziale, nell’edilizia scolastica e soprattutto in una serie di progetti per chiese e centri parrocchiali inaugurata con la bellissima chiesa di Sant’Ireneo a Cesano Boscone (1990-2000), di cui Kenneth Frampton ha riconosciuto l’alta valenza e precisione tettonica che “non ha precedenti negli annali di edilizia ecclesiastica contemporanea” (in Mauro Galantino, a cura di Silvia Milesi, Electa 2010). Successivamente Galantino progettò e realizzò altri interventi capaci di arricchire il tradizionale programma liturgico con sapienti invenzioni spaziali e distributive, in modo da collegare spazio sacro e spazio urbano, rituali religiosi e vita pubblica, anche in contesti disagiati di periferia. Notevoli a questo proposito sono il Centro civico e religioso Gesù redentore a Modena (2001-2008), vero e proprio centro di riferimento per la comunità, e la Chiesa Notre-Dame du rosaire, realizzata nel 2011 a Parigi con un intelligente inserimento urbano.
In introduzione alla monografia Electa da lei curata e precedentemente citata, Milesi scrive con acutezza critica: “Di fatto le sue opere sono delle dimostrazioni costruite, apprezzabili fino in fondo quando vengono ripercorsi tutti i passaggi logici che le sostengono”.
Se Galantino ci ha lasciato troppo presto, dopo aver raggiunto la piena maturità professionale e culturale, rimangono le opere che i suoi numerosi amici, allievi e ammiratori continueranno a visitare e apprezzare, ma anche un ricco corpus di disegni autografi; in particolare, le bellissime sezioni prospettiche, vero e proprio marchio di fabbrica del suo modo di progettare, che insieme ai testi pubblicati e alle lezioni universitarie consentiranno di elaborare il lutto con futuri lavori di approfondimento critico e storiografico.
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Chiese , concorsi
Last modified: 24 Maggio 2022