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Arianna PanarellaWritten by: Reviews

Dalle caffettiere alle cupole, benvenuti nel mondo di Aldo Rossi

Dalle caffettiere alle cupole, benvenuti nel mondo di Aldo Rossi

Al Museo del Novecento di Milano in mostra oltre 350 tra arredi e oggetti progettati e realizzati tra 1960 e 1997

 

MILANO. Al Museo del Novecento la prima esposizione dedicata agli arredi e oggetti progettati dell’architetto, teorico e designer Aldo Rossi (1931-97). “Aldo Rossi Design 1960-1997”, a cura di Chiara Spangaro, è un viaggio per scoprire il lato ironico e immaginifico di un maestro. La mostra esplora l’universo del design di una delle figure di spicco del movimento postmoderno, con più di 350 elementi tra arredi e oggetti d’uso, prototipi, modelli, dipinti, disegni e studi realizzati tra il 1960 e il 1997 e riuniti per la prima volta grazie alla collaborazione di musei e archivi aziendali.

Rossi è noto per i suoi numerosi progetti di monumentale semplicità e potenza realizzati in Italia e non solo, tra cui l’unità residenziale nel quartiere Gallaratese di Milano, il cimitero di San Cataldo a Modena e l’isolato residenziale di Schützenstrasse a Berlino. Ha ottenuto riconoscimenti internazionali in ambiti diversi come la teoria, il disegno, l’architettura e il design; nel 1990 gli fu assegnato il prestigioso Premio Pritzker. Il suo necrologio sul “New York Time’s” nel 1997 commentava: “Il suo lavoro combinava forme sfacciatamente grandiose con le forme geometriche più semplici; invocava la risonanza di un sogno ricorrente e il lirismo di un dipinto di De Chirico”.

Rossi è riuscito ad attingere all’essenza universale delle forme attraverso l’uso di un vocabolario intensamente personale. I suoi segni distintivi, il cono, il cilindro e la piazza, ricombinati all’infinito con colonnati, finestre di dimensioni inaspettate e torri avrebbero potuto sembrare freddi meccanismi architettonici se non fosse stato per la sua abilità nel manipolare i ritmi delle ombre e della luce. Ha indagato il rapporto tra architettura e paesaggio urbano, tra costruito e oggetti monumentali. La città ha costituito il tema della sua ricerca teorica e della sua attività professionale che ha influenzato anche la sua pratica di designer: “Forse l’osservazione delle cose è stata la mia più importante educazione formale; poi l’osservazione si è tramutata in una memoria di queste cose. Ora mi sembra di vederle tutte disposte come utensili in bella fila; allineate come in un erbario, in un elenco, in un dizionario”.

Realizza i suoi primi mobili nel 1960. Nel 1979 inizia a collaborare con marchi come DesignTex, Artemide, Alessi, Molteni&C, Richard Ginori, UniFor, Rosenthal e Up&Up (oggi conosciuto come UpGroup) e caratterizza fin da subito il design dei suoi oggetti per l’uso sperimentale del colore e dei materiali come metalli, legno, marmo, pietra, ceramica e porcellana, tessuti artigianali e industriali e materiali plastici. Tra la fine degli anni settanta e la sua prematura scomparsa, Rossi ha disegnato più di 70 tra mobili e oggetti, molti dei quali ancora in produzione oggi.

 

Il percorso espositivo, inaspettato e teatrale

Tutto questo viene narrato conducendo lo spettatore in un racconto inaspettato e teatrale, sospeso tra classicità, ironia e metafisica. La mostra si compone di nove sale dove gli oggetti dialogano con i disegni, i dipinti, le opere grafiche e i modelli architettonici, per descrivere lo stretto rapporto tra design e architettura.

Nelle prime sale in particolare sono esposti, come in un laboratorio, prototipi e disegni che raccontano i processi di avvicinamento intorno alle forme, agli oggetti e all’unione di volumi puri (il cono, il cilindro, la sfera, il cubo) che ripropongono in scala ridotta gli elementi compositivi del suo linguaggio architettonico. Nascono così le “cupole” delle caffettiere e delle pentole pensate come coronamenti di chiese, tendoni da circo o evocazioni del “Teatro del mondo”.

Avendo egli disegnato alcuni mobili e oggetti per le sue architetture e, più raramente, progettato e arredato gli interni dei suoi edifici, risulta interessante il nucleo di opere presentate nell’ottava sala che riunisce i disegni architettonici e i relativi progetti di design come le sedute “Carlo Felice” e “Museo”, studiate rispettivamente da Molteni&C con Luca Meda per il Teatro Carlo Felice di Genova (1983-89) e da UniFor per il Bonnefanten Museum di Maastricht (1990-94). L’inedito modello del bar dell’hotel Il Palazzo a Fukuoka (1987-89) mostra invece un esempio di progettazione d’interni.

Le sale rappresentano ognuna il suo poliedrico mondo, ma in modo particolare “l’interno domestico” della settima sala. Questa riunisce mobili e oggetti di Rossi e di altri da lui collezionati nelle sue dimore, dalle caffettiere americane ad una stampa di Giovanni Battista Piranesi, ad una credenza ottocentesca servita da ispirazione per il suo design. L’interno ricostruito è liberamente ispirato dalle fotografie di Luigi Ghirri e di Stefano Topuntoli, dalle immagini private delle case di Rossi e da quelle più note degli studi milanesi di via Maddalena e di via Santa Maria alla Porta.

Gli straordinari disegni che s’incontrano in tutte le sale presentano una ricchezza di linea, superficie e colore che i suoi edifici solo suggeriscono. Ciò che affascina è il modo in cui mescolano l’architettura (edifici e città) e la dimensione autobiografica (caffettiere, cabine balneari, mani, statue). La qualità dei suoi “acquerelli lirici” e dei suoi schizzi dal segno inconfondibile li ha resi opere assai ricercate dai collezionisti d’arte.

La presenza magica e misteriosa del “Teatro del mondo”, che per Rossi è stato un fatto urbano, un monumento, uno dei moduli elementari delle sue opere nonchè un’ossessione, chiude la mostra e rievoca le costruzioni temporanee in legno – dal faro alla cabina, al teatro galleggiante – e, circolarmente, riporta al nucleo di opere iniziali.

A sottolineare il rapporto tra design e architettura anche l’allestimento firmato da Morris Adjmi (MA Architects), prima collaboratore e poi associato di Rossi a New York, che dialoga con il linguaggio del grande architetto, ma senza mai prendere il sopravvento. Un percorso attento e curato che è un invito ad entrare nel mondo di Rossi, una stanza alla volta, per comprendere l’incessante rapporto tra grafica e prodotti artigianali/industriali e architettura.

Immagine di copertina: Aldo Rossi e la poltrona Parigi per UniFor, 1989 (© Federico Brunetti Courtesy Federico Brunetti)

 

“Aldo Rossi. Design 1960-1997”

29 aprile – 2 ottobre
Museo del Novecento, piazza Duomo 8
A cura di: Chiara Spangaro
In collaborazione con: Fondazione Aldo Rossi e Silvana Editoriale
Catalogo ragionato Aldo Rossi. Design 1960-1997, edito da Silvana Editoriale
museodelnovecento.org/it/mostra/aldo-rossi

 

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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Last modified: 4 Maggio 2022