Vienna dedica una grande retrospettiva al poliedrico pioniere del Modernismo, tra Gustav Klimt e Josef Hoffmann
VIENNA. Con 500 oggetti, di cui numerosi mai esposti prima, quella aperta fino al 22 aprile al MAK è certamente la migliore mostra dedicata a Koloman Moser (1868-1918) da molto tempo a questa parte, perché spazia in tutti i settori nei quali fu attivo l’artista viennese. Non a caso il sottotitolo “Artista universale tra Gustav Klimt e Josef Hoffmann” rimanda alla sua visione di un’arte che doveva permeare tutti i settori della vita quotidiana, intesa come Gesamtkunstwerk. La selezione di oggetti in 5 sezioni, curata da Christian Witt-Dörring e Elisabeth Schmuttermeier, illustra appieno il multiforme talento di questo determinante protagonista della grande stagione del Modernismo viennese. Non importa se si tratti di mobili, gioielli, suppellettili, ex libris, manifesti, stoffe, abiti, copertine di riviste e volumi, accessori per la casa o la persona, o anche dipinti e acquerelli, Moser dà prova di una duttilità rara.
Al MAK il percorso espositivo inizia con il contesto storico in cui Moser si formò nella seconda metà dell’Ottocento, un periodo d’intensa crescita socio-economica che aprì alle arti vasti spazi di sviluppo, grazie ad un’alta borghesia rampante ma colta e illuminata che si servì ampiamente della produzione artistica coeva per arredare e abbellire le proprie dimore. Si trovano dunque esempi dell’arte di Hans Makart, indiscusso guru viennese dell’arte figurativa negli ultimi decenni del diciannovesimo secolo, e di Otto Wagner, deus ex machina della trasformazione urbanistica e architettonica della capitale attorno al 1900. E vi sono anche esempi della “Künstler-Compagnie” che vide l’affermazione di Franz Matsch e dei fratelli Gustav ed Ernst Klimt, mentre il giovane Moser produceva soprattutto opere pittoriche e grafiche ancora orientate al naturalismo.
Nelle sezioni successive, la mostra si snoda attraverso i capisaldi della produzione di Moser: le sue collaborazioni con la Secessione viennese tra il 1897 e il 1905; l’oggettistica, col marchio della Wiener Werkstätte, l’insieme di laboratori cofondato con Josef Hoffmann e Fritz Waerndorfer nel 1903; gli studi per le grandi vetrate destinate alla chiesa che Wagner realizzò sulla collina di Steinhof, nel 14° distretto di Vienna, tra il 1904 e il 1907. Vi sono pure interi arredi firmati da Moser, come la propria camera da letto del 1901, lo studio per Berta Waerndorfer del 1903; la cucina per la Famiglia Stonborough-Wittgenstein, nel 1905, o la celebre poltroncina e gli armadi per il Sanatorio di Purkersdorf del 1904, nei pressi della capitale asburgica.
Particolarmente interessante è la grande dovizia di schizzi, abbozzi, studi grafici esposti in mostra: tavole e foglietti affollati di prove a matita o a china, per monogrammi, ex libris, stoffe, provenienti perlopiù dai vasti archivi del museo e che mancano poi in larga misura nelle riproduzioni del pur pregevole catalogo. Fra i tessuti, i tappeti, le carte da parati e le carte da regalo, colpiscono i disegni a tassellatura, con motivi bidimensionali replicabili all’infinito, molto più tardi divenuti pop grazie all’olandese Maurits Cornelis Escher. Dopo Vienna, la mostra si sposterà alla Villa Stuck di Monaco di Baviera (23 maggio-15 settembre).
Integrando la già eccelsa presentazione di Moser designer, a completamento dell’iniziativa del MAK, il Museo del Teatro di Vienna presenta al pubblico per la prima volta fino al 22 aprile tutti i lavori realizzati e non dall’artista come scenografo, sia per i piccoli palcoscenici dei cabaret, sia per allestimenti lirici (“Anwendungen. Koloman Moser und die Bühne” – Applicazioni. Koloman Moser e il teatro -, a cura di Daniela Franke e Kurt Ifkovits).
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Catalogo bilingue tedesco-inglese
KOLOMAN MOSER. Universal Artist between Gustav Klimt and Josef Hoffmann, a cura di Christoph Thun-Hohenstein, Christian Witt-Dörring, Elisabeth Schmuttermeier, Birkhäuser Verlag, Basilea 2019, pp. 288, € 44.95.
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Last modified: 12 Febbraio 2019