Al MAXXI, la mostra “Gli architetti di Zevi. Storia e controstoria dell’architettura italiana 1944-2000” racconta in un intreccio dinamico (paradossalmente tafuriano) la biografia di Bruno Zevi e i progetti dei maestri del XX secolo
ROMA. “Gli architetti di Zevi. Storia e controstoria dell’architettura italiana 1944-2000” non è solamente una mostra ma rappresenta un manifesto che ripercorre la vita del celebre critico dell’architettura nato nel 1918 e scomparso nel 2000. Un’esposizione che svela e analizza gli architetti amati e recensiti da Bruno Zevi in oltre 50 anni di attività critica e militante: un esercizio storico interessante, tra progetti, arte, politica, cultura, con numerosi materiali originali, con un allestimento fluido ma allo stesso tempo criticamente rigoroso, non decostruito, dinamico quanto basta per rimanere in perfetto equilibrio. Ed è proprio questa dicotomia tra pensiero zeviano e linguaggio espositivo non decostruzionista, privo di slanci formali, privo di “controarchitettura”, a caratterizzare questa mostra. Un elegante percorso su Zevi pensato, de facto, con un allestimento (e un approccio) non del tutto zeviano.
Anche il titolo della mostra ci riporta foneticamente al celebre libro di Manfredo Tafuri Storia dell’architettura italiana 1944-1985, tematica poi ripresa da Marco Biraghi e Silvia Micheli nella loro Storia dell’architettura italiana 1985-2015. Una sorta di antitesi all’approccio zeviano. Una lettura critica a più livelli, quella di Tafuri, nella quale la storia politica e civile di un Paese vengono messi a confronto con la storia dell’architettura e con l’opera di alcuni grandi maestri. Concetto generale – tafuriano – che ritroviamo, per paradosso, proprio nell’impostazione teorica della mostra: da un lato una parete rossa, una sorta di nastro, racconta la vita di Zevi; dall’altro i pannelli espositivi posizionati in mezzo agli ambienti della mostra che raccontano i progetti di alcuni grandi maestri dell’architettura del XX secolo, dal 1944 al 2000: sono gli architetti di Zevi.
Sembra di assistere quindi a due livelli strutturali riuniti in un unico contesto critico espositivo. Il nastro rosso avvolge il percorso, gira lungo le pareti e s’incunea in diagonale raccontando la biografia di Zevi, dall’inizio al Liceo Tasso di Roma nel 1933 alla poetica della frammentazione degli anni ’80 e ’90; dall’APAO, Associazione per l’Architettura Organica fondata nel 1945, alla fondazione dell’IN/Arch nel 1959, dalla rivista “Metron” a “L’Architettura. Cronache e Storia”; e poi i libri di Zevi, le pubblicazioni, gli interventi nelle trasmissioni Tv, gli editoriali, i video sul contemporaneo e sulla storia dell’architettura, dalle riflessioni su Sant’Ivo alla Sapienza per la Rai alla partecipazione ai talk show televisivi; poi la politica, dalla campagna elettorale per Unità Popolare all’elezione alla Camera dei Deputati con il Partito Radicale, con i manifesti elettorali e le foto di Zevi con Marco Pannella. Materiali in gran quantità, a tratti entusiasmanti, che testimoniano un’ottima selezione di archivio della Fondazione Bruno Zevi e dei curatori. Il nastro rosso, in sostanza, racchiude l’essenza di questa mostra e racconta bene il percorso di uno dei più brillanti pensatori italiani del ‘900.
Il secondo livello strutturale della mostra è costituito invece dai numerosi architetti amati da Zevi e per questo pubblicati sulle riviste da lui dirette e sui libri da lui scritti: vengono mostrati i loro progetti su pannelli leggeri, appoggiati su piedini a T rovesciata, con vetrine e mensole sulle quali si possono sfogliare i numeri de “L’Architettura. Cronache e Storia” e ascoltare con le cuffie materiali audio, guardando i video sugli schermi incastonati nei pannelli. Tra un pannello e l’altro, i plastici completano la descrizione progettuale.
Molti gli architetti di Zevi: da Iginio Cappai e Pietro Mainardis a Luigi Figini e Gino Pollini; da Luigi Carlo Daneri a Giancarlo De Carlo; da Marcello D’Olivo a Marcello Guido, con continui salti cronologici; da Giovanni Michelucci a Paolo Soleri; da Maurizio Sacripanti ad Aldo Loris Rossi; da Giuseppe Perugini a Luigi Pellegrin; e così via, per una ricostruzione dell’architettura italiana dal 1944 al 2000. In questa carrellata di maestri emerge, anche se celato sotto l’eleganza espositiva, il carattere comunque rigoroso e storicista della mostra, come si evince dall’ultimo ambiente nel quale il titolo “Esporre la storia” campeggia davanti ad un’altra scritta: “Zevi contro – Zevi Against”. Ma “Zevi contro”, tutto sommato, si legge poco nel carattere generale di questo percorso. La scritta “Esporre la storia” sembra vincere sulla “controstoria” e sulla poetica della frammentazione, sulla libertà della forma, evitando quasi del tutto i linguaggi progettuali radicalmente decostruttivisti, salvo qualche eccezione come nel caso del “Centro per lo studio e lo sviluppo delle minoranze etniche albanesi” a San Giorgio Albanese (Cosenza), opera di Marcello Guido del 1990-95.
Infine, da un punto di vista teorico e critico viene anche sostanzialmente negata l’ultima parte del pensiero zeviano espressa nel convegno di Modena del 1997: “Paesaggistica e linguaggio grado zero dell’architettura”, dove Zevi approda al celebre paragone “Urbanistica = Mondrian ; Paesaggistica = Pollock”. Un approccio dinamico, dunque, una riflessione sulla libertà, quella di Zevi, una ricerca che rimette in discussione tutto attraverso il grado zero per ripensare architettura e paesaggio, per giungere alla modernità che trasforma la crisi in valore. Ma non c’è crisi in questa mostra che espone, al contrario, l’evoluzione della Storia procedendo senza particolari fratture, senza strappi. Una scelta netta, una presa di posizione dei curatori che riesce comunque a raggiungere un vasto pubblico, anche di non addetti ai lavori. Perché la vera sfida, al di là dei linguaggi espositivi più o meno zeviani, è proprio la riscoperta – e la condivisione critica – di un pensatore che ha lanciato grandi e attuali riflessioni sul contemporaneo, prefigurando scenari che ci aiutano a ragionare sul nostro futuro.
Gli architetti di Zevi. Storia e controstoria dell’architettura italiana 1944-2000
a cura di Pippo Ciorra, Jean-Louis Cohen
Maxxi – Museo nazionale della arti del XXI secolo
Dal 25 aprile al 16 settembre 2018
info@fondazionemaxxi.it
La mostra è promossa da:
Maxxi Architettura – direttore, Margherita Guccione
Fondazione Bruno Zevi – presidente, Adachiara Zevi
Comitato nazionale per le celebrazioni del centenario della nascita di Bruno Zevi (1918-2018) – presidente Adachiara Zevi – presidente ad honorem Jean-Louis Cohen
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allestimenti , bruno zevi , MAXXI , mostre , roma
Last modified: 11 Luglio 2018