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Badiaa HamamaWritten by: Città e Territorio

Cina, come cambiano le città se cadono i recinti

Cina, come cambiano le città se cadono i recinti

La nuova discutibile direttiva del governo cinese di aprire i gates delle comunità chiuse e promuovere un modello residenziale simile a quello Occidentale si sta scontrando con l’opposizione dei residenti

 

Camminando per le città cinesi, una delle caratteristiche urbane immediatamente visibili è la molteplice presenza di mega blocchi residenziali recintati, di solito separati da larghe strade e caratterizzati da un proprio sistema privato di strade interne. Queste comunità fortificate, oltre alle evidenti ragioni di privacy e sicurezza, riflettono una tradizione culturale unica radicata nella storia della città cinese e nella mente della popolazione. A differenza dell’Occidente, dove il fenomeno della recinzione urbana si è sviluppato solo recentemente e spesso associato all’appartenenza ad una classe sociale di alto rango, in Cina la pratica di delimitare i confini è la norma. Persone di quasi tutte le classi sociali hanno vissuto e vivono ancora oggi all’interno di aree chiaramente definite.

Ultimamente, però, le comunità chiuse sono state al centro di un acceso dibattito. A causa dei molteplici problemi che stanno riscontrando le città cinesi (in particolare traffico e inquinamento), la China’s Central Urban Work Conference si è riunita a dicembre 2015, dopo 37 anni (una simile riunione era già avvenuta nel 1978, quando il livello di urbanizzazione delle città cinesi era al 20%, mentre oggi è di circa il 57%). In seguito, l’anno scorso sono state annunciate nuove linee guida elaborate durante lo storico incontro, che specificano come dovranno funzionare e apparire le città. Nelle suddette direttive il governo sottolinea la necessità di creare città “vivibili, verdi e sostenibili”, nelle quali le aree residenziali dovranno promuovere lo street-block system, con la speranza di alleviare il traffico e rendere più efficiente l’uso del suolo urbano. Specificamente, la nuova direttiva afferma che, “In linea di principio, non saranno più costruiti complessi residenziali recintati. Le strade interne di quelli già esistenti, saranno gradualmente integrate con il sistema stradale pubblico”.

La proposta ha suscitato da subito un intuibile dibattito e dissenso sia da parte dell’opinione pubblica (secondo quanto riportato da China Daily, sondaggio online sul portale informatico Sina.com effettuato su 20.000 partecipanti, circa il 75% è contrario all’apertura delle comunità chiuse e solamente il 18% a favore), sia una critica da parte di esperti legali, i quali sottolineano come la nuova norma può contravvenire alla legge sulla proprietà privata emanata nel 2007, la quale rappresenta forse uno dei più importanti cambiamenti giuridici dai tempi della fondazione della Repubblica Cinese: “Le strade e altre aree pubbliche e servizi all’interno di un’area costruita, sono proprietà comune dei detentori, ad eccezione delle strade pubbliche di proprietà della città”.

Anche se la nuova discutibile direttiva sembra assecondare il sogno del presidente Xi Jinping, il quale oltre a lanciare una campagna contro la corruzione, spera di istituire una società moderatamente prosperosa ed equa, la realtà delle “mura” è la manifestazione di barriere psicologiche. Nel contesto urbano cinese, i confini rappresentano significati più profondi, di identità e senso di appartenenza, che vanno oltre alla loro presenza fisica in quanto entità divisorie del territorio in singole cellule urbane. Le nuove direttive seguono la tendenza globale di uno sviluppo ecologico ma, nel caso specifico della Cina, incoraggiare un modello di città aperta e pluralista attraverso l’elaborazione di un nuovo approccio urbano è forse più indispensabile che abbattere forzatamente le mura.

In conclusione, il possibile tentativo di concretizzare l’apertura dei gates delle comunità chiuse potrebbe portare ad una serie di difficoltà e, soprattutto, ad una forte opposizione da parte dei residenti. Questi, infatti, hanno investito la maggior parte dei loro risparmi per comprare parte di quelle comunità, che sembrano procurare un certo grado di sicurezza sociale in un ambiente sempre più caotico a causa del sentimento d’insicurezza alimentato dalla transizione da una società collettiva ad una dominata dalle forze di mercato, in cui l’individuo medio ha visto sfumare i sussidi fino a quel momento garantiti.

 

Immagine di copertina: uomo che cammina accanto al muro di un nuovo complesso residenziale in costruzione nel Distretto di Binhai a Tianjin, Cina, 2015 (Fonte: ibtimes.com)

Autore

  • Badiaa Hamama

    Nata in Marocco, vive tra l’Italia e la Cina, dove attualmente svolge una ricerca di dottorato alla Tsinghua University di Pechino. E' membro del team cinese nel progetto Europeo Horizon 2020, TRANS-URBAN EU-CHINA. Nel 2017 ottiene la doppia Laurea in Architettura Costruzione Città con una tesi in collaborazione con il Politecnico di Torino e la Tsinghua University. Un suo primo articolo, in collaborazione con Ni Anqi, è stato pubblicato nel libro "La descrizione del mondo. Reportage immaginari della città asiatica" a cura di Michele Bonino e Filippo De Pieri

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Last modified: 1 Aprile 2017