“Jing-Jin-Ji” è il programma economico che, tra visioni accademiche e ostacoli politici, prevede una rete territoriale che comprenderà Pechino, Tianjin e la provincia di Hebei
Negli ultimi anni il presidente cinese Xi Jinping ha agito per concretizzare a livello politico una visione originariamente accademica della pianificazione di Pechino, non più circoscritta all’area urbana ma estesa in modo strategico all’integrazione e allo sviluppo del territorio circostante. Questo modello ha trovato una reale applicazione nell’ambizioso programma economico promosso nel 2014 e denominato “Jing-Jin-Ji”: una megalopoli che comprenderà Pechino (o Jing dalla denominazione in lingua cinese Beijing), la città portuale di Tianjin ovvero Jin e la provincia di Hebei, storicamente abbreviata con Ji. Le prime due sono municipalità sotto il diretto controllo del Governo centrale, situate a nord-est nella pianura della Cina del Nord, mentre Hebei è la provincia che le circonda e comprende altri 11 importanti centri urbani tra cui Baoding, Tangshan, Qinhuangdao e Zhangjiakou. Ciò che più colpisce è che si calcola una regione pianificata potenzialmente per un totale di 130 milioni di abitanti.
I presupposti storico-urbanistici di Jing-Jin-Ji risalgono addirittura agli anni ‘50. Poco dopo l’istituzione della Repubblica Popolare Cinese furono avanzate alcune proposte di masterplan di fatto mai approvate dal Governo centrale. Da allora il Governo ha tuttavia operato in modo da associare strategicamente le più importanti azioni governative alla pianificazione urbana. In poco più di mezzo secolo Pechino è stata trasformata prima in città “socialista” e poi, dagli anni ‘80, in città “globale”. Mao Zedong mirò a rendere Pechino “una foresta di ciminiere visibili da Tiananmen”. Nei decenni la rapida industrializzazione ed espansione urbana hanno causato forti pressioni su sostenibilità ecologica, fruibilità dei servizi, conservazione del patrimonio culturale e architettonico.
Nonostante in più occasioni i masterplan per Pechino (1982, 1991, 2004) siano stati finalizzati al controllo dell’ampliamento urbanoe della crescita della popolazione, ad oggi i risultati sono scarsi. Al censimento del 2010 la capitale risultava aver raggiunto 19,61 milioni di abitanti mentre il masterplan del 2004 prevedeva 18 milioni non prima del 2020.
L’idea di Jing-Jin-Ji fu innanzitutto promossa dagli accademici della Scuola di Architettura dell’Università Tsinghua. Le prime forme di sviluppo poli-nucleare risalgono al 1950, quando gli architetti Liang Sicheng e Chen Zhanxiang suggerirono di collocare gli uffici del Governo in un’area ad ovest della città antica, e successivamente al 1958 quando si avanzò un’idea di distribuzione di “nuclei urbani” lungo una fascia verde periferica sui modelli occidentali di “Greater London” e “Greater Paris” (strutture amministrative intercomunali che miravano alla cooperazione tra l’area urbana e suburbana). La prima proposta venne scartata dal Governo, la seconda si rivelò totalmente inefficace. Fu solo negli anni ‘80 che emerse la necessità di considerare i processi di espansione di Pechino estesi al territorio circostante. L’accademico e urbanista Liangyong Wu fu il principale sostenitore di Greater Beijing: una mega-area metropolitana che avrebbe dovuto da un lato garantire la ridistribuzione delle funzioni urbane mitigando la sbilanciata attrattività che Pechino esercitava su beni, persone e risorse, e dall’altro promuovere uno sviluppo più coordinato attraverso il potenziamento di altre città di media grandezza e, soprattutto, della rete infrastrutturale di connessione. Nel 2001 la Cina prese parte alla World Trade Organization (WTO) dimostrando di voler ulteriormente promuovere le riforme di internazionalizzazione iniziate da Deng Xiaoping. Nello stesso anno Pechino venne selezionata come città ospitante i Giochi Olimpici del 2008. La Cina stava aprendo le proprie porte alla globalizzazione, se non altro economica. Una capitale solida, ben organizzata diventava presupposto necessario per il successo e, come suggerito da Wu, Greater Beijing venne individuata come prospettiva strategica verso cui lavorare.
Nel 2014, dopo anni di negoziazione sul tema, il presidente Xi Jinping ha ufficialmente approvato lo Sviluppo integrato e coordinato di Pechino-Tianjin-Hebei come suo principale atto politico, inserendo Jing-Jin-Ji al centro della Strategia nazionale nel XII Piano economico quinquennale (2011-2015). Alcuni ostacoli allo sviluppo coordinato del territorio tuttavia sussistono. Innanzitutto, tra Pechino, Tianjin e Hebei vi sono barriere istituzionali dovute ad una diversa condizione amministrativa delle tre zone. In secondo luogo, se comparata allo sviluppo dell’area dello Yangtze River Delta o del Pearl River Delta, emerge la difficoltà di aprirsi ai mercati internazionali e la disomogeneità della struttura economica. Infine, la rapida crescita della popolazione causa una forte pressione sulla disponibilità di terreni agricoli ed acqua potabile che conseguentemente rendono il territorio meno produttivo.
Nonostante ciò, i primi processi sono concretamente iniziati attraverso la ridistribuzione delle funzioni urbane, ingenti investimenti nelle infrastrutture e attenti piani per il miglioramento della qualità ambientale. In modo particolare si punta sull’occasione dei Giochi Olimpici invernali del 2022: nel 2015 Pechino è stata scelta insieme a Yanqing e Zhangjiakou come futura ospite. L’evento è considerato un’importante opportunità per l’accelerazione dei processi d’integrazione territoriale. I prossimi anni saranno cruciali per capire quali saranno effettivamente i risultati di questi movimenti politici. Certo è che siamo di fronte ad una mastodontica operazione che solo il popolo cinese si mostra in grado di mettere in pratica in questo periodo storico di globale incertezza.
In copertina: zona periferica di Pechino in fase di sviluppo edilizio (foto di Marta Mancini)
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Last modified: 4 Marzo 2017