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Daniele CampobenedettoWritten by: Biennale di Venezia

Israele: “A is for Architecture, B is for Biology”

Israele: “A is for Architecture, B is for Biology”

VENEZIA. Che il contributo israeliano alla Biennale di Alejandro Aravena non avrebbe cercato il Fronte nei muri di cemento e nei turbolenti confini può sembrare quasi scontato, ma trovare tra le bianche pareti del padiglione una riflessione biotecnologica è una sorpresa inaspettata.

«LifeObject», questo il titolo del lavoro di un vasto gruppo curatoriale, esplora l’incontro tra architettura e biologia, così come la capacità di questi due mondi di essere resilienti. La resistenza e la capacità di recupero a fronte di sollecitazioni continue, siano esse naturali o sociopolitiche, è l’analogia su cui si basa un accostamento non nuovo sull’orizzonte architettonico. Tuttavia non c’è bisogno di scomodare Frank Lloyd Wright e i vari seguaci dell’architettura organica per trovare in questa ricerca un approccio che va al di là della forma.

La mostra si apre con un’istallazione ispirata al nido di un uccello che integra materiali compositi e naturali e racchiude dei cabinet de curiosités. Questi, al passaggio dei visitatori, rivelano il loro contenuto di biologica meraviglia sotto forma di elementi naturali che si presume possano avere impatto sulle future realizzazioni architettoniche. Al piano superiore la suggestione lascia spazio a esperimenti più terreni. Sette gruppi interdisciplinari composti da architetti e scienziati hanno lavorato su progetti territoriali e urbani cercando soluzioni nelle analogie tra i loro saperi. Ne risulta una collezione eterogenea. Tra soluzioni ai problemi idrici del Mar Morto, edifici che respirano e città malate di cancro, uno dei risultati più interessanti viene dal premio Nobel Dan Shechtman che ha applicato al tessuto urbano di Haifa metodi usati in cristallografia per esplorarne la resilienza. Ma al di là di questo exploit, viene da chiedersi se l’incontro tra la scienza degli organismi e l’architettura si limiti all’uso di qualche nuovo materiale o di procedure mutuate dalla medicina. La conferma di questa perplessità arriva da un altro progetto in mostra che propone la costruzione di strutture in biomateriali per le tribù nomadi del sud del paese: strutture fisse per tribù nomadi…

 

Commissario: Arad Turgeman Curatori/Espositori: Ido Bachelet, Bnaya Bauer, Arielle Blonder, Yael Eylat Van­‐Essenn, Noy Lazarovich Sede: Giardini

Autore

  • Daniele Campobenedetto

    Nato a Torino nel 1986, è architetto e ricercatore. Ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica presso il Politecnico di Torino e in Architettura presso l’Université Paris Est. Dal 2015 è docente a contratto in progettazione architettonica e urbana presso il Politecnico di Torino. La sua attività esplora in particolare le trasformazioni urbane attraverso ricerche svolte a Parigi, Shanghai e Torino. Collabora come libero professionista con diversi studi e istituzioni su progetti architettonici e di ricerca.

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Last modified: 26 Maggio 2016