Insignito nel corso della sua carriera di prestigiose onorificenze internazionali, Charles Correa, scomparso il 16 giugno, è stato indubbiamente l’architetto indiano più celebrato all’estero. Impegnato ma al contempo visionario, è stato acclamato in patria con una venerazione che forse solo nel Subcontinente è possibile. Figura cruciale dell’India del dopoguerra nella sua transizione verso la modernità, ha progettato edifici di ogni tipo, con un’attenzione e una passione verso le residenze a basso costo; è stato attivo nella pianificazione urbana e ha ricoperto importanti cariche pubbliche, oltre a dedicarsi alla scrittura e all’insegnamento.
Nato vicino a Hyderabad nel 1930, dopo gli studi liceali Correa segue quella che già all’inizio del XX secolo è una consuetudine per molti indiani benestanti: spostatosi negli Stati Uniti per gli studi universitari, Correa si laurea alla University of Michigan per proseguire con un master in architettura al MIT.
A soli 28 anni apre a Mumbai il suo studio professionale e poco dopo realizza uno dei suoi lavori ancor oggi più noti, il Gandhi Memorial Museum presso Ahmedabad. Il progetto mostra già la ricerca di un linguaggio in grado di coniugare le forme dell’architettura tradizionale indiana con l’astrazione del moderno internazionale, attraverso la profonda comprensione del territorio e del clima, l’uso della luce e, soprattutto, dell’ombra. Il museo è costituito da una serie di padiglioni a falde accostati fra loro. Questi sono privi di facciate, aperti verso l’esterno: per visitare il museo non servono pareti, basta un riparo dal sole estivo e dalle piogge monsoniche. Salvo la razionale struttura in cemento armato a vista, i materiali della costruzione sono locali, gli stessi degli edifici nei dintorni e della vicina casa che fu di Gandhi.
Nel 1969, con il progetto per un insediamento residenziale a Previ, presso Lima, in Perù, inizia a sviluppare il suo interesse verso modelli abitativi economici, incrementali, pensati per accompagnare l’espansione delle metropoli. Il progetto è basato su piccole unità abitative espandibili, ad alta densità orizzontale; la circolazione pedonale è separata da quella veicolare e il complesso è disposto in base alla direzione del vento, per raffrescare naturalmente le abitazioni.
Negli anni ’70, in qualità di Chief Architect per il progetto di Navi Mumbai (New Bombay), progetta un’ambiziosissima espansione urbana verso est, quasi un raddoppio della città al di là del braccio di mare chiamato Thane Creek, con l’obiettivo di ridurre l’estrema congestione del centro. Le indicazioni di Correa, che definiva Bombay “a great city but a terrible place”, non saranno realizzate del tutto, in particolare riguardo alle infrastrutture e al visionario sistema di trasporto acquatico. Egli sarà molto amareggiato da questa esperienza, che considererà sempre un fallimento. A Navi Mumbai però Correa riesce a costruire uno dei suoi più riusciti esperimenti di residenza a basso costo: il quartiere incrementale di Belapur. Formato da piccole case a due piani, esso è basato su una complessa e affascinante geometria di corti concatenate, pensate per poter accettare interventi di occupazione da parte degli abitanti, come nella città informale.
Negli anni ’80 Correa costruisce altri due dei suoi progetti più significativi. Il museo Jawahar Kala Kendra a Jaipur, la cui pianta fa esplicito riferimento alla cosmologia indiana, dialoga con il vicino Jantar Mantar, l’antico osservatorio astronomico della città. Il progettista ha descritto il museo come “un edificio contemporaneo basato su una nozione arcaica del cosmo”, con l’esplicita intenzione di dare una rappresentazione architettonica al sogno politico di Nehru, cui il museo è dedicato: una riscoperta del passato, in un’India aperta verso il futuro.
Può sembrare quasi un paradosso che l’opera forse più nota di Correa, sostenitore della casa economica a piccola scala, sia invece una torre residenziale di pregio. Il Kanchanjunga Building è un edificio di una contemporaneità quasi incredibile: il suo snello volume parallelepipedo fatto di alloggi duplex sovrapposti è scavato da una serie di tagli sugli spigoli che determinano dei patii a doppia altezza colorati: come nella casa indiana tradizionale, ma con un sofisticato studio della sezione, ogni alloggio è così provvisto di uno spazio esterno ed è attraversato dai venti dominanti. Una curiosità: il Consolato italiano a Mumbai si trova al piano terra dell’edificio.
Correa è uno dei pochissimi architetti indiani ad aver ottenuto grandi commesse in occidente e, a età ormai avanzata, realizza vari progetti all’estero: suoi sono importanti edifici come il Brain and Cognitive Science Complex del MIT a Boston, il Champalimaud Centre for the Unknown a Lisbona e l’Ismaili Center a Toronto.
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