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Written by: Città e Territorio

È alta 634 metri la torre simbolo di Tokyo

tokyo. Apre il 22 maggio la torre Sky Tree con una cerimonia che si annuncia all’altezza dei suoi 634 m, primato mondiale tra le strutture radiotelevisive autoportanti. Da primato anche i tempi di costruzione: un cantiere di neanche tre anni (o meno di quattro se si considera la rimodulazione dell’area intorno), e un processo decisionale privo di titubanze. Appurata l’inadeguatezza per la trasmissione del segnale digitale della vecchia Tokyo Tower, risalente al 1958, nel dicembre 2003 sei emittenti (la pubblica Nhk e le private Nihon, Asahi, Tbs, Tokyo e Fuji Tv) si costituivano in consorzio. La prospettiva di sostanziosi investimenti (Sky Tree ha mosso circa 65 miliardi di yen) accendeva tra le amministrazioni locali una gara per ospitare la nuova torre che l’ingresso nell’affare della compagnia ferroviaria privata T¯obu dirigeva infine verso le zone orientali della capitale, in controtendenza rispetto al suo sviluppo in senso opposto del secondo dopoguerra.
Ed è proprio dove era una rimessa dei treni della T¯obu che sorge Sky Tree, tra le stazioni di Oshiage e Narihirabashi (oggi ribattezzata con il nome della torre secondo un processo di reinvenzione toponomastica che coinvolge tutta l’area). Il taglio stretto e lungo del lotto, di 36.900 mq, il terreno alluvionale vicino al fiume Sumida, nonché l’interferenza con una delle più antiche linee della metropolitana scavata appena sotto la superficie, hanno imposto agli ingegneri di Nikken Sekkei fondamenta triangolari con lato di soli 68 m, ma profonde 50. La struttura reticolare d’acciaio che emerge fuori terra s’affusola, assume sezione circolare e s’allarga poi in una terrazza panoramica e in un percorso elicoidale a capofitto sulla città rispettivamente a 340 e 445 m di altezza, raggiungibili in 80 secondi con ascensori ospitati in un guscio centrale di cemento armato. Accanto alla torre sorgono un edificio per uffici di 32 piani, oltre a planetario, teatro, acquario, centro televisivo e tre gallerie commerciali. L’affaccio sul canale Kitajukken è una passeggiata alberata a ciliegi che strizza l’occhio alle consuete feste primaverili per la fioritura. La cesura del precedente deposito ferroviario nel tessuto urbano non appare del tutto rimarginata, ma il transito tra Kinshich¯o e Muk¯ojima nel medesimo municipio di Sumida è assai più agevole.
L’inaugurazione di Sky Tree è accompagnata da un esercizio retorico di tutto rispetto, a cominciare dalla sua altezza: i 634 m non solo le permettono di superare la torre di Guangzhou e di affermare un primato nipponico sui vicini cinesi, ma equivalgono all’altezza dell’Altipiano del Musashi, nome primigenio dell’area dove sorge Tokyo. E se i residenti non apprezzano la forma conservatrice della torre, l’agenzia di comunicazioni Rising East, costituita all’uopo, osserva che in Sky Tree si rinvengono le stesse concavità e convessità dei pilastri delle pagode e, persino, delle katana (le spade dei samurai). Che la torre sia da subito un simbolo urbano non assicura l’automatico rilancio di uno dei municipi storicamente più ricchi ma socialmente più depressi della capitale: prova ne sia il diniego di un’università e di un albergo a stabilirsi nel nuovo complesso (e preferire Kitasenju). O il timore di commercianti e albergatori della vicina Asakusa che si tratti di un effimero boom turistico, come in anni vicini per gli altrettanto poderosi interventi a Roppongi Hills, Omotesand¯o e Shiodome.

Autore

  • Luigi Urru

    Trentott’anni o giù di lì, portati bene – quando ne aveva quattro lo morde un cane – a 15 è in esplorazione ipogea con un gruppo di speleologi – viaggia in Scozia, e si perde tra i fiordi – padre sardo, coriaceo: lo vuole avvocato – madre piemontese, cattolica: lo vuole ingegnere – lui s’iscrive a Lettere: latino e greco; poi anche ad Architettura – passa il tempo, scrive per giornali, studia il tedesco – è a Londra per cose dell’Asia orientale – legge Joyce – s’innamora – pendolarismo Islington-Prenzlauerberg – lei entra in clinica psichiatrica, lui no – torna in Italia – legge Gadda – porta una ragazza a Parigi, che non gliela dà – di mattina s’alza ch’è buio per disegnare ideogrammi – va in Giappone e ci resta un bel po’ – impara a memoria l’Ipersonetto – finisce il dottorato: e adesso che si fa? – un’italiana lo invita a prendere un tè e lui ci casca – fa yoga – pubblica un libro su Tokyo: bel libro, gli dicono – il tempo passa ancora – trova una bicicletta in cantina e si mette a pedalare – sopravvive allo tsunami e alle radiazioni di Fukushima – saggi, giornali, conferenze – legge Proust, visita giardini, sarà presto in Cina (e di nuovo in Giappone) – È andata così, per ora

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Last modified: 8 Luglio 2015