Gli effetti dellattuale crisi economica sui sobborghi americani hanno reso ancora più urgente la necessità di ripensare i paesaggi suburbani. A maggio 2011 il Moma, insieme al Temple Hoyne Buell Center per gli studi dellarchitettura americana della Columbia University, si è prefissato uno scopo ambizioso: quello di chiedere a cinque gruppi di progettazione, con la collaborazione di altre figure professionali come economisti, paesaggisti, e agenzie governative, quale sia il ruolo che larchitettura e la progettazione possono svolgere per affrontare la crisi.
A questi è stato chiesto di proporre soluzioni progettuali in cinque siti, scelti sulla base dei dati, risalenti al febbraio 2009, del Recovery and Reinvestment Act (il cosiddetto pacchetto di stimolo federale): unanalisi che considera una vasta gamma di fattori quantitativi e qualitativi, compresi i tassi di preclusione e pignoramento, i tassi di povertà, le tendenze demografiche, la percentuale di pendolari, la percentuale di terreno quotato in borsa. Sono stati scelti Keizerin (Oregon), Cicero (Illinois), The Oranges (New Jersey), Rialto (California), Temple Terrace (Florida): località tra loro molto diverse per clima e condizioni economiche, e che hanno perciò determinato progetti eterogenei.
Dai risultati, visibili in mostra, appare evidente quanto sia, purtroppo, impossibile evitare la trappola di replicare le fantasie suburbane che si volevano criticare: quattro progetti su cinque hanno suggerito unennesima variante di suburbia/giardino utopico, alternativa che non sembra funzionare. Lo studio Mos, a The Oranges, ha proposto una nuova versione utopica del paesaggio con la quale sostituire quella vecchia; Michael Bell e Eunjeong Seong hanno pensato lunione di differenti funzioni e un adattamento al clima della Florida a Temple Terrace; a Keizer, Amale Andraos e Dan Wood di WORKac hanno invece proposto una sorta di città-giardino riadattando il modello ideato da Ebenezer Howard alla fine dellOttocento; a Rialto Andrew Zago ha proposto un progetto dove sincontrano suburbano e urbano.
Solo lo Studio Gang, con il progetto a Cicero, insiste sulla necessità di pensare a una fonte economica allinterno degli edifici. Jeanne Gang spiega come «lo scopo sia quello di combinare un ideale pastorale con le ambizioni industriali che hanno da sempre caratterizzato lAmerica, da qui il nome The Garden in the Machine (il giardino nella macchina)».
Ancora una volta laspetto più encomiabile è la volontà del Moma di sensibilizzare il grande pubblico, americano e non, considerato cha la maggior parte dei visitatori proviene dal resto del mondo, allarchitettura e a temi delicati come quello del pignoramento e del ruolo che può avere una nuova disposizione architettonica e urbana nei confronti della crisi economica. Nel caso di questa mostra, tuttavia, sarebbe stato utile qualcosa in più di un modello, qualche tavola esplicativa e un video di sei minuti per illustrare le problematiche, i temi e le soluzioni trattate.
Forse la pubblicazione relativa, realizzata dal Buell Center e in via di completamento, riuscirà a colmare tali lacune.
«Foreclosed: Rehousing the American Dream», a cura di Berry Bergdoll, Moma, New York, fin