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Written by: Inchieste

Le residenze sabaude: una vera corona per una capitale regale

Riflettere sul cambiamento di Torino, sul suo nuovo aspetto e ruolo, significa anche riflettere sul suo futuro. Oggi riconosciamo un peso determinante in questo cambiamento alla riscoperta e valorizzazione del sistema museale; all’interno di questo fenomeno, un ruolo portante è da attribuire alla corona delle residenze reali, recuperate, riaperte e ricondotte a sistema. Dal primo, lontano episodio (la riapertura del maestoso rudere del Castello di Rivoli nel 1984) fino ai progetti in corso (l’estensione del polo museale di Palazzo Reale), le scelte operate non hanno fatto altro che assecondare il disegno monumentale che fu all’origine di questo eccezionale complesso di palazzi. Nate per essere un sistema forte, capace di segnare il territorio e di governarne le direttrici di crescita, le residenze reali si rivelano ancora capaci di essere trainanti per la promozione territoriale.
Quello delle residenze è certo il più aulico, ma non è l’unico insieme di grandi architetture della città. Ve ne sono altri che, per le dimensioni e la presenza incisiva nel tessuto urbano, potrebbero trovare nuove vocazioni e divenire a loro volta un volano di crescita. In molti casi è già successo, in altri queste potenti architetture sono ancora in ombra, ma la loro conservazione è per la Soprintendenza un tema attuale e difficile. Da un lato, vi sono i grandi edifici che ospitavano i servizi e le infrastrutture del regno sabaudo, prima e dopo l’Unità d’Italia. Due esempi assai diversi tra loro sono l’Arsenale militare, che grazie al recupero da parte del Sermig (Servizio missionario giovani) iniziato nel 1983, sembra avviato a un destino felice; e la Regia manifattura tabacchi, edificio vastissimo e fascinoso, oggi in stato di abbandono.
Importantissimo è il sistema degli edifici industriali, memorie di un passato significativo e spesso opere di notevole pregio. Torino conta casi esemplari di recupero, a partire da quello del Lingotto. Ma le grandi dimensioni rendono complesso, spesso improponibile, il tema del recupero della totalità di questi edifici; così in città il dibattito sulle aree industriali dismesse finisce per orientarsi verso la demolizione e il recupero delle cubature a favore di fitte riedificazioni. Oppure, dove prevalga un intento di salvaguardia, il tessuto urbano cresce e si richiude intorno a questi edifici, connotandoli come vuoti; un esempio per tutti, che stringe il cuore, è quello della Manifattura tessile di Moncalieri, opera di Mario Passanti. E ancora, è da ricordare il sistema delle grandi architetture di Italia ’61.
Difficile definire a priori strategie di conservazione, linee di tutela per edifici e complessi di tale criticità: ci si muove caso per caso, utilizzando con equilibrio gli strumenti offerti dal quadro normativo, prestando attenzione a preservare la materialità degli edifici ma anche e soprattutto a conservare la memoria delle attività che si sono svolte tra le loro mura. Tuttavia, riflettendo sul cambiamento di Torino nell’ultimo decennio, s’intravede una strada per la conservazione di queste architetture: solo un disegno strategico condiviso, forte e forse anche un po’ visionario, come quello che ha governato le trasformazioni di oggi, potrebbe offrire loro un futuro possibile, valorizzando i loro caratteri peculiari ma anche ricostruendo idealmente la rete che li lega l’uno all’altro.

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Last modified: 10 Luglio 2015