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Written by: Inchieste

L’emergenza si affronta così

Sono 387.000 i senzatetto nelle province di Ibaraki, Fukushima, Miyagi e Iwate. Accampate nei luoghi di rifugio disseminati sul territorio (oltre trecento per provincia), fronteggiano ora circostanze molto critiche in termini materiali e psicologici. L’esperienza di precedenti sismi, in particolare quello di Kobe del 1995, ha mostrato quanto l’affollamento e la mancanza di privacy nei rifugi appesantiscano la situazione. Contrariamente all’opinione che vede i giapponesi molto gregari, l’intimità della vita privata è custodita con massima cura, mentre discrezione e riservatezza sono indispensabili per essere ammessi e restare in un gruppo.
I semplicissimi sistemi di partizione applicati all’interno dei luoghi di rifugio dopo i terremoti di Niigata (2004) e di Fukuoka (2005) ribadiscono oggi la propria efficacia. Due le tipologie: nel primo caso, robusti fogli di cartone delimitano le superfici assegnate alle singole famiglie; nel secondo, a una struttura di tubi di cartone e cavi sono sospesi velari in tessuto alti 180 cm. Coordina la distribuzione di questi sistemi il Voluntary Architects Network, che pure raccoglie donazioni per le zone terremotate. 
Passo successivo è il trasferimento dei senzatetto ai prefabbricati, secondo accordi stipulati prima del sisma tra le amministrazioni delle province e le associazioni dei costruttori specializzati. Simili a container con porta e finestre, queste case temporanee (perlopiù cucina e due camere per 30 mq complessivi) vengono erette nei cortili delle scuole e su campi da gioco e sono affiancate da latrine comuni, deposito rifiuti e aula riunioni. Saltata l’iniziale previsione di disporre dei prefabbricati entro marzo per via della difficoltà di trasportare in loco materiali e manodopera, si calcola che le assegnazioni avvengano a fine aprile. Intanto, le Poste giapponesi hanno sospeso il piano di dismissione di quasi tremila appartamenti riservati ai dipendenti per destinarli agli sfollati.

Autore

  • Luigi Urru

    Trentott’anni o giù di lì, portati bene – quando ne aveva quattro lo morde un cane – a 15 è in esplorazione ipogea con un gruppo di speleologi – viaggia in Scozia, e si perde tra i fiordi – padre sardo, coriaceo: lo vuole avvocato – madre piemontese, cattolica: lo vuole ingegnere – lui s’iscrive a Lettere: latino e greco; poi anche ad Architettura – passa il tempo, scrive per giornali, studia il tedesco – è a Londra per cose dell’Asia orientale – legge Joyce – s’innamora – pendolarismo Islington-Prenzlauerberg – lei entra in clinica psichiatrica, lui no – torna in Italia – legge Gadda – porta una ragazza a Parigi, che non gliela dà – di mattina s’alza ch’è buio per disegnare ideogrammi – va in Giappone e ci resta un bel po’ – impara a memoria l’Ipersonetto – finisce il dottorato: e adesso che si fa? – un’italiana lo invita a prendere un tè e lui ci casca – fa yoga – pubblica un libro su Tokyo: bel libro, gli dicono – il tempo passa ancora – trova una bicicletta in cantina e si mette a pedalare – sopravvive allo tsunami e alle radiazioni di Fukushima – saggi, giornali, conferenze – legge Proust, visita giardini, sarà presto in Cina (e di nuovo in Giappone) – È andata così, per ora

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Last modified: 10 Luglio 2015