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Caterina CardamoneWritten by: Professione e Formazione

A Bruxelles c’è un «monstrum» urbano

Bruxelles. Sono esposti fino al 15 maggio a Bozar alcuni dei progetti del concorso d’idee bandito a luglio da Régie des bâtiments e Service public fédéral Justice per l’opera di Joseph Poelaert (realizzata tra il 1866 e il 1883), vero monstrum urbano, con discussi problemi di sicurezza e carenze funzionali. 
La mostra e il concorso (quest’ultimo sotto l’egida del maître-architecte Olivier Bastin) sono intesi come spunto per la definizione di un programma concreto di destinazioni d’uso ma anche come incipit per una lucida riflessione sul valore simbolico, monumentale, funzionale e urbano, nonché sui rapporti di scala che il palazzo di Poelaert intrattiene con il contesto. I progetti vincitori per le due sezioni (a seconda che venga o meno mantenuta la destinazione giudiziaria) non sono i più spettacolari ma quelli che, nella lettura di Bastin, pongono le questioni giuste. Entrambi partono da un’analisi morfologica dell’edificio e lo restituiscono alla città: in un caso, recuperando nello zoccolo del palazzo le strade eliminate con la sua costruzione (Temporary Association Palace of Justice Brussels:?Top Office e Expo 68); nell’altro, riducendo l’impianto a memoria, a traccia nel tessuto urbano, destinando quindi alla rovina il Palazzo privato della sua funzione giudiziaria (Scale:?G. Lacasse, J. Collet). 
Dai progetti in mostra risulta un disagio: l’elusione del confronto architettonico con l’imbarazzante apparato decorativo, la mole, le simmetrie e le rigidità del Palazzo di giustizia. Il rapporto con la preesistenza riesce significativamente solo attraverso l’escamotage simbolico, visionario e ironico: il Palazzo trova nuova vita come sublime rovina, décollage di frammenti da spargere per Bruxelles, labirinto archetipo, montagna monumento all’irrazionale nell’urbano o souvenir poggiato sulle spalle di un gigantesco Atlante. Le proposte concrete hanno invece, nella maggioranza dei casi, l’unico scopo di sopraffare l’architettura ottocentesca con un minimalismo aggressivo e sovrastrutture radicali che sconfinano a volte nel derisorio (come ad esempio le montagne russe di Bxlmrs, nel fotomontaggio, intorno al palazzo trasformato in un gigantesco lunapark).
Merito dei curatori (Joachim Declerck di Architecture Workroom Brussels con Bozar Architecture, A+ e i promotori della competizione) aver plasmato il materiale del concorso in una limpida struttura metaforica, stemperando eccessi e debolezze delle proposte.

Autore

  • Caterina Cardamone

    Nata a Catanzaro nel 1970, si laurea in Architettura all'Università di Firenze nel 1996, dove nel 2002 consegue il Dottorato di ricerca in Storia dell’architettura, con una tesi sulla ricezione dell’architettura antica e rinascimentale negli scritti di Josef Frank, protagonista del moderno viennese, e continua a occuparsi del tema (ha curato il volume "Josef Frank, L'architettura religiosa di Leon Battista Alberti", Electa 2018). Un ulteriore e più recente ambito di interesse è dato dai passaggi tecnico costruttivi nella trattatistica italiana del Rinascimento. È corrispondente del «Giornale dell’Architettura» dal 2007 ed è stata docente a contratto all’Université Catholique di Louvain-la-Neuve (Belgio) dal 2011 al 2016

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Last modified: 10 Luglio 2015