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Cristina FiordimelaWritten by: Reviews

Sono i monumenti effimeri dei nostri tempi

Monumenti effimeri è la terminologia scelta da Barbara Ferriani e Marina Pugliese per esprimere i caratteri distintivi delle installazioni, concentrando lo studio sul rapporto dialettico tra installazione e allestimento, tra opera e architettura degli interni della galleria o del museo, attraverso l’analisi d’interventi d’autore che segnano i passaggi fondamentali nella storia disciplinare e nella loro conservazione attuale e futura. Monumenti in quanto ambienti percorribili, immersivi, celebrativi di modi e riti di una collettività globale indistinta e in continuo mutamento; effimeri come arte in transito che investe lo spazio restandone svincolata (in-stallo); ma anche medium in evoluzione poiché le installazioni coinvolgono il pubblico e comunicano con l’empatia delle sculture del passato la complessità della società contemporanea. Il lessico e quindi la necessità d’individuare delle distinzioni tra arte ambientale, environment, happening, intervento in-situ è il primo passo nel tracciare la storia dell’installazione, qui introdotta da Germano Celant il quale risale alla prima metà del Novecento quando, dal Futurismo fino a Andy Warhol, si concreta una «visione sferica» dell’arte, comprensiva di tutti i linguaggi creativi ed estesa a un territorio polivalente e totalizzante. La genealogia tratteggiata da Pugliese nella prima parte del volume offre una lettura critica dell’arte contemporanea e della relazione tra le arti, dove genesi, realizzazione ed esposizione dell’opera sono inscindibili. Una caratteristica che determina anche il processo di conservazione dell’installazione raccontato da Ferriani, la quale mette a fuoco l’importanza dell’interpretazione nelle fasi di ricostruzione, manutenzione e trasformazione della composizione nello spazio. La «visione dell’artista» è la chiave di lettura attraverso cui si dipana l’evoluzione del concetto d’installazione e al contempo determina la struttura del libro, culminante con cinque schede volte a documentare la vita di opere complesse, coinvolgendo altrettanti musei italiani. Dal Gabinetto degli Astratti di El Lissitzky, all’Ambiente spaziale a luce nera di Lucio Fontana, alle installazioni di Michael Asher e Mark Wallinger, affiora il ruolo di attore del museo sia nel processo d’ideazione, messa in opera e conservazione dell’installazione, sia nel promuoverne lo studio con iniziative come il Dic (Documentare installazioni complesse), un progetto sostenuto da Museo del Novecento di Milano, Maxxi, Palazzo Grassi e Collezione Peggy Guggenheim.
Dai mutamenti in atto nelle interferenze tra museo, artista e pubblico evolve il significato e la forma delle mostre che, sostiene Italo Rota nel suo Installation exhibit. Creating worlds through objects, oggi non sono più pedagogiche: diventano strumenti d’indagine, dove colui che espone assume la posizione di co-autore dell’opera. Il viaggio dentro le installazioni progettate da Rota è impresso in questa monografia composta come una mostra da sfogliare, un’esperienza intellettuale, visiva e tattile che attraverso l’architettura grafica comunica lo spirito di ciascun intervento, narrato da una miscellanea d’immagini, appunti, disegni, oscillanti tra architettura degli interni, exhibition design e opera d’arte. Rota associa l’installazione alla dimensione di realtà alternativa, alla fiction, al videogame, delineando il passaggio del pubblico da spettatore-osservatore, a viewer e artista. Tra i progenitori dell’installazione, l’autore cita Alexandre Lenoir, Eugéne Viollet-Le-Duc, John Soane, Marcel Duchamp, Allan Kaprow, Claes Oldenburg, fino agli allestimenti di Jean Nouvel e Frank O. Gehry. Antenati e compagni di strada in questa rassegna d’installazioni fluttuanti tra arte multimediale e iperrealtà.
 
Barbara Ferriani, Marina Pugliese, Monumenti effimeri. Storia e conservazione delle installazioni, Electa, Milano 2009, pp. 279, euro 35.
Italo Rota, Installation exhibit. Creating worlds through objects, Electa, Milano 2009, pp. 441, euro 55

Autore

  • Cristina Fiordimela

    Architetta museografa, docente al Politecnico di Milano. Insegna architettura degli interni, exhibition design e si relaziona con le arti contemporanee (commons), di cui scrive su riviste specializzate italiane e internazionali. La museografia è il filo rosso che attraversa sia l’impegno teorico, sia la progettazione e la messa in opera di allestimenti che riguardano le intersezioni sensibili all’arte, alla scienza e alla filosofia, in sinergia con enti universitari, musei e istituti di ricerca. L’indagine su media art come dispositivi di produzione artistica in commoning è l’ambito di studio e di sperimentazione delle attività più recenti, da cui prende corpo con Freddy Paul Grunert, Lepetitemasculin, dialogo nello spazio perso, iniziato al Lake County, San Francisco

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Last modified: 17 Luglio 2015