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Federica CiavattiniWritten by: Design Interviste

Alice Rawsthorn: il mio design, un’attitudine più che una professione

Alice Rawsthorn: il mio design, un’attitudine più che una professione
Per Professione Designer, intervista sui temi contemporanei e sui riferimenti culturali a partire da un libro recente

 

MILANO. Alice Rawsthorn è un’acclamata critica di design a livello internazionale e il suo contributo alla ricerca esplora l’influenza del design in rapporto al concetto di umanità. Per farlo prende in considerazione il campo dell’attivismo progettuale dove il ruolo del design è quello di dare una risposta alle attuali sfide globali del mondo contemporaneo.

Forza trainante della progettualità di oggi è anche un approccio al design radicato sull’intraprendenza, l’inclusività e la sperimentazione mentre il suo principale catalizzatore sono gli strumenti digitali come le piattaforme di crowdfunding, i social media e tecnologie informatiche e di comunicazione.

Ritiene che il design soprattutto ai giorni nostri sia tutto quello che rientra nel campo dell’attivismo progettuale e che affronta complesse sfide globali di tipo sociale, politico ed ambientale. Per definirlo si rifà al concetto di design attitudinale promosso da Laszlo Moholy Nagy, figura centrale delle avanguardie del XX secolo e della Bauhaus. Perché è ancora una figura così attuale?

Il design è un fenomeno complesso e sfuggente che ha assunto vari significati in epoche e contesti diversi, rendendolo soggetto a confusioni, fraintendimenti e cliché. Tuttavia, credo che abbia sempre avuto un ruolo fondamentale. Il design è un agente di cambiamento che interpreta ogni tipo di trasformazione — sociale, politica, economica, scientifica, tecnologica, culturale, ecologica — garantendo che ci influenzi positivamente, piuttosto che negativamente. László Moholy-Nagy ha sostenuto questo concetto eclettico di design, ad esempio nel suo libro del 1947 “Vision in Motion”. Così facendo, ha liberato il design dal suo ruolo commerciale che lo caratterizzava nell’era industriale, ridefinendolo come un mezzo d’improvvisazione, radicato nell’istinto, nell’ingegno, nell’intraprendenza e quindi aperto a tutti. Ha riassunto tutto questo nel titolo del secondo capitolo: Progettare non è una professione ma un atteggiamento. Ho sempre amato molto questa frase a cui si rifà il titolo del mio libro che in parte è un tributo a lui e perché credo che il concetto di design di Moholy-Nagy come disciplina attitudinale, inclusiva e sperimentale, sia una forza trainante della progettualità di oggi.

 

Oggi sempre più istituzioni artistiche dedicano maggiori risorse al design: si tratta forse di un ritorno al passato? In fondo Bruno Munari definiva Giò Ponti “non un designer ma un artista che usava un metodo progettuale di tipo artistico… che spesso snaturava la logica costruttiva”.

Il crescente interesse di un ampio spettro di istituzioni culturali verso il design è un segnale molto positivo. La Serpentine Gallery di Londra e la sua commissione annuale di architettura sono in prima linea grazie al loro Serpentine Pavilion che ha fatto conoscere al grande pubblico, il lavoro di architetti di talento come Francis Kéré, Frida Escobedo, Lina Ghotmeh, Marina Tabassum e Sumayya Vally. La Serpentine ha anche introdotto nuovi approcci curatoriali al design, commissionando a designer come Andrea Trimarchi e Simone Farresin di Formafantasma e a Martino Gamper, di articolare le loro visioni del design in mostre, proprio come fa con gli artisti. Auspico che sempre più istituzioni artistiche adottino in futuro approcci altrettanto intelligenti e sperimentali.

 

Per lei design deve affrancarsi dallo stereotipo di design nella sua accezione prettamente commerciale. Il nostro “made in Italy” secondo lei afferisce a questa categoria?

Non necessariamente. Il “made in Italy” è frutto dell’era industriale e tende a riferirsi al design come prodotto. Nell’era digitale, invece, il design è diventato un mezzo molto più fluido ed elastico, distinguendo nuove aree del design, in rapida espansione, di cui tra le sono stati pionieri anche progettisti italiani. Tra questi: Federica Fragapane, per il design dell’informazione e della visualizzazione dei dati; Brave New Alps nel design sociale; Formafantasma nell’esplorazione degli aspetti controversi del design, attraverso progetti di ricerca investigativa e nel promuovere il dibattito sul design tramite il programma di incontri Prada Frames.

 

Le avanguardie sono state protagoniste di grandi cambiamenti nel design. In che modo possono essere d’aiuto al “design attitudinale”? E l’intelligenza artificiale?

Il progresso tecnologico è il principale catalizzatore del design attitudinale, insieme alle capacità, alla determinazione e all’ingegno dei soggetti coinvolti, designer o no. L’esplosione dell’interesse e dell’attività in questo ambito è stata alimentata dalla disponibilità di nuovi strumenti digitali, sempre più sofisticati, che hanno trasformato la pratica e le possibilità del design, creando una moltitudine di nuove opportunità per i progettisti, sia oggi che in futuro. Questi strumenti come le piattaforme di crowdfunding, i social media, fino ai computer economici ma sempre più potenti se usati con capacità d’adattamento, hanno permesso ai designer di definire un proprio metodo di lavoro e di operare in modo indipendente, perseguendo le proprie cause sociali, politiche, ambientali. L’intelligenza artificiale promette di dare un contributo significativo a questo processo purché venga applicata in modo intelligente e responsabile. Sarà fondamentale anticiparne le possibili conseguenze negative oltre che l’impatto positivo e ridurre drasticamente il suo terribile impatto ambientale.

 

Secondo il suo punto di vista oggi le scuole di design sono in linea nel dare una formazione che contempli questa concezione così fluida e complessa del design?

Le scuole più intelligenti e progressiste hanno riconosciuto da tempo che abbiamo bisogno di designer con competenze, conoscenze e reti differenti per affrontare le sfide complesse e interconnesse che ci attendono e che le nostre esigenze continueranno ad evolversi. Per questo motivo, molti vecchi dipartimenti di design hanno chiuso e ne sono stati aperti di nuovi poiché le domande di iscrizione ai corsi tradizionali di design di prodotto o di arredi sono diminuite in molti Paesi, mentre l’interesse degli studenti per il design tecnologico, sociale, umanitario ed ambientale è aumentato. Le scuole di design più interessanti stanno anche consentendo agli studenti di studiare diversi aspetti del design, combinando discipline differenti. Auspico che questo processo continui, così che la società possa disporre di designer di qualità e con le competenze di cui abbiamo urgentemente bisogno.

 

Il design attitudinale si pone delle sfide globali ma lavorare in contesti poco noti può essere uno svantaggio per la riuscita di progetti complessi e delicati?

Molti dei progetti di design più importanti e ispiratori del nostro tempo si trovano in luoghi remoti, economicamente ed ecologicamente precari che credo abbiano maggior bisogno della capacità del design di generare cambiamenti positivi.  Un esempio è il lavoro della grande architetta pakistana Yasmeen Lari, che ha progettato e costruito oltre un milione di abitazioni sostenibili e resistenti alle inondazioni su terreni devastati dalle alluvioni. Un altro è il lavoro di Marina Tabassum nella progettazione e realizzazione di abitazioni modulari e mobili per persone sfollate che vivono nelle pianure alluvionali del Bangladesh rurale, e degli spazi comunitari che ha sviluppato per i rifugiati nel colossale insediamento di Cox’s Bazaar. Un terzo esempio è il progetto epico dell’Unione Africana per la creazione della Grande Muraglia Verde d’Africa, volta a rivitalizzare una fascia di 8.000 km di terra desertificata, da ovest (Senegal) a est (Gibuti), per ripristinare 100 milioni di ettari di terre degradate e creare 10 milioni di nuovi posti di lavoro green, entro il 2030.

 

Ci sono dei progetti che l’hanno più impressionata?

Tutti quelli appena citati! Poi ci sono molti altri esempi di progetti di design attitudinale nel mio libro “Il design come attitudine”, appena uscito in Italia grazie alla Johan & Levi mentre nel podcast “Design Emergency” potete ascoltare le interviste mie e di Paola Antonelli a designer, architetti, ingegneri, attivisti e altri protagonisti di questi progetti.

 

Nata a Manchester, Alice Rawsthorn ha studiato storia dell’arte e architettura all’Università di Cambridge in Inghilterra. Ha scritto a lungo per il “Financial Time” e il “New York Times” è nel 2014 è stata insignita dell’Ordine dell’Impero Britannico (OBE) per i servizi al design e alle arti. Ha pubblicato libri di grande fortuna come “Hello World. Where Design Meets Life” (2013), “Design as an attitude” (2018) e “Design Emergency” (2022) che in particolare racconta l’omonimo progetto del 2020 e ancora in corso, ideato con Paola Antonelli, senior curator del Dipartimento di Architettura e Design del MOMA e che mostra come le menti più creative di oggi stanno lavorando per affrontare i problemi globali più urgenti usando il design come un fattore essenziale del cambiamento. Oggi Rawsthorn è una delle figure più autorevoli e riconosciute a livello internazionale nel campo della critica e della divulgazione del design; l’occasione per intervistarla nasce dalla presentazione a Milano in Triennale del suo libro “Il design come attitudine” appena tradotto in italiano dalla casa editrice Johan & Levi.

 

Autore

  • Federica Ciavattini

    Architetta e PhD, collabora con l’Università di Macerata, dove dirige il Laboratorio di Design e Comunicazione dedicato alla creazione di valore. È stata coordinatrice del programma Architectural Association Adriatica Visiting School presso la Architectural Association School of Architecture di Londra e del progetto “Wood: un nuovo modello di sostenibilità ed economia circolare per l’Appennino” per Fondazione Symbola e Federlegno. Ha pubblicato il libro Bruno Munari, RCS Mediagroup, Milano, 2025. Ha collaborato con le riviste "Domus", "Il Giornale dell’Architettura", Artribune" e "Mappe".  

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Last modified: 28 Ottobre 2025