Il complesso residenziale costruito da Giancarlo De Carlo sulla base del suo Piano Regolatore permette di interrogarsi sul rapporto tra architettura moderna e paesaggio e sul significato di limite della città
In occasione del 20° anniversario dalla morte di Giancarlo De Carlo (1919-2005) Il Giornale dell’Architettura e archphoto hanno organizzato, con la curatela di Ilaria La Corte ed Emanuele Piccardo, un evento di confronto e dibattito a Urbino, ospiti della Fondazione Ca’ Romanino. Grazie anche alla partecipazione di Marco De Michelis, Gianluca Annibali, Andrea Canziani, Francesca Gasparetto, Andrea Vergano e Michele Roda, l’incontro ha permesso di indagare senso e attualità dell’eredità, culturale e progettuale, di De Carlo. Ma anche di costruire una sorta di osservatorio delle sue architetture più note e significative, che proponiamo come un itinerario critico e orientato a descrivere lo stato di conservazione e di mantenimento.
URBINO. Tornare a ripercorrere e guardare i luoghi del progetto decarliano significa rileggere una straordinaria stagione dell’urbanistica e dell’architettura moderna del secondo Novecento. Gli interventi nel centro storico e i collegi costituiscono le tappe obbligate. Seguendo un itinerario eccentrico si può decidere di iniziare dalla fine, dal limite della città, come era stato ipotizzato dal piano regolatore del 1964: cioè dalla Pineta.
Il passato
Il complesso residenziale della Pineta è uno dei temi progettuali sviluppati all’interno del piano del 1964. Il progetto, elaborato dallo stesso Giancarlo De Carlo, viene donato alla città nel 1963. Dopo l’approvazione del 1965, la realizzazione del progetto viene affidata a un consorzio di imprese con la supervisione del Comune. Nonostante numerose varianti in corso d’opera, che hanno alterato alcune scelte edilizie del progetto originale, il complesso residenziale della Pineta, con i suoi grandi segni che dialogano con il paesaggio, restituisce ancora oggi il senso complessivo del progetto urbanistico contenuto nel piano urbanistico.
Posta di fronte al quartiere Ina-Casa, lungo la strada di crinale, la Pineta si presenta come un complesso residenziale composto da quattro edifici di due piani, leggermente sfalsati tra loro, con andamento parallelo alle curve di livello. Alcuni percorsi, attraverso gli spazi condominiali del giardino e del piano pilotis, conducono al tetto di tre grandi edifici disposti perpendicolarmente alle curve di livello, al di sotto della linea di crinale, che scendono rapidamente lungo il versante boscato seguendo l’acclività naturale del terreno. Dal tetto – che, come una lunga terrazza, si proietta nel paesaggio – si accede agli edifici, seguendo un moto inverso, dall’alto verso il basso, in una sorta di immersione dentro l’architettura.
Come scrive Tiziana Fuligna, il tetto praticabile degli edifici diventa un invito per chi lo percorre a “incedere nel vuoto del paesaggio”. Una breve passeggiata in cui è possibile sentire l’eco delle parole di Paolo Volponi, nel testo del 2001 “Una giornata a Urbino con Giancarlo De Carlo: “sto guardando questo paesaggio anche troppo bello, che si consuma. Non devo caderci dentro e smarrirmici come questo vento”.
La Pineta – allo stesso modo di altri progetti di De Carlo – istituisce un complesso gioco di sguardi, di rimandi, di visuali calcolate nei loro effetti percettivi. Il dissimularsi della massa volumetrica nelle forme del paesaggio, per chi accede agli edifici dall’alto, si sarebbe dovuto rovesciare nel suo opposto, per chi avesse percorso la nuova strada di Rimini prevista dal piano del 1964. Dalla nuova strada la Pineta sarebbe stata percepita – nelle intenzioni del piano e del progetto – come “evento architettonico emergente”, come “segno della presenza di Urbino”, fino al punto di far ipotizzare allo stesso De Carlo un’azzardata analogia con i Torricini di Palazzo Ducale.
In questo azzardo De Carlo corre il rischio – forse per la prima e unica volta – di smarrirsi nelle pieghe del paesaggio urbinate. Però lo fa con un gesto forte, perentorio, a tutti gli effetti moderno. I grandi volumi che scendono lungo il versante incontrano l’ostilità della Soprintendenza: “sono contrari ai caratteri del luogo”. Il progetto rischia di arenarsi. La querelle è sempre quella dell’inserimento dell’architettura moderna nelle forme sedimentate del paesaggio storico. Una questione che non è solo percettiva, ma anche necessariamente morfologica e tipologica. Come sa bene De Carlo il rapporto tra orografia e tipologia passa attraverso il progetto: il disegno in sezione determina i modi attraverso i quali i nuovi volumi si appoggiano al terreno, prima che l’architettura contribuisca a costruire un nuovo paesaggio.
Il presente e il futuro
La mancata attuazione delle previsioni infrastrutturali del piano del ‘64 rende vane queste speculazioni: la Pineta non costituisce un “segno della presenza di Urbino” sulla nuova strada di Rimini semplicemente perché la strada prevista dal piano non c’è; non viene realizzata. La Pineta rimane tuttavia un segno morfologico importante nella periferia di Urbino, un segno ancora capace di raccontare le intenzioni del progetto urbanistico.
Come aveva osservato Leonardo Benevolo (con una sottile nota di scherno), il piano del 1964 di De Carlo viene corredato da una massa imponente di “elaborazioni autografe”. Il bisogno di De Carlo è quello di controllare l’esito formale di alcuni capisaldi (o cerniere) della struttura urbana. Lo fa come può, cercando di graficizzare la normativa attraverso disegni o allegando al piano diversi progetti esemplificativi, anticipando in questo modo temi che poi diventeranno maturi solo nel corso degli ultimi decenni del XX secolo. Nella logica del piano la Pineta rappresenta un importante riferimento metodologico: “la sistemazione dell’area la Pineta costituisce un campione del modo in cui si è proceduto e, allo stesso tempo, un esempio di come si dovrà procedere in futuro per quanto accadrà nelle aree più periferiche della zona di espansione”.
Il limite dell’espansione urbana, rappresentato dalla Pineta, è stato ampiamente superato nel corso degli anni Ottanta con la costruzione del quartiere della Piantata. Inglobata nello sviluppo disordinato della periferia, la Pineta rimane un segno morfologico carico di intenzioni teoriche, in parte rimaste sulla carta. Come in un viaggio a ritroso nel tempo, l’architettura della Pineta, colta nella sua quasi monotona quotidianità, è ancora capace di raccontare un’idea di modernità che forse oggi occorre saper recuperare e restaurare nei suoi valori etici di progetto collettivo di città.
Immagine copertina: Giancarlo De Carlo, La Pineta, Urbino (© Emanuele Piccardo)
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Last modified: 15 Ottobre 2025