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Al di là del muro: nuove narrazioni architettoniche sul confine

Al di là del muro: nuove narrazioni architettoniche sul confine
La testimonianza di Teddy Cruz e Fonna Forman, professionisti e docenti californiani impegnati con azioni e progetti lungo la frontiera tra Stati Uniti e Messico. Con interventi che oltrepassano i limiti fisici e virtuali, costruendo stazioni per le comunità

 

Il festival Utopian Hours ritorna alla Centrale Lavazza di Torino dal 17 al 19 di ottobre con il suo denso programma di temi, ospiti e suggestioni. Il Giornale dell’Architettura, media partner, coglie l’occasione per affrontare alcuni dei temi che oggi sono al centro dell’agenda (urbana) di molte città, per un domani più sostenibile e inclusivo. Dopo l’articolo di Mark Cridge, è il turno di Estudio Teddy Cruz + Fonna Forman. Professionisti californiani con studio a La Jolla, lavorano all’UC di San Diego. Il 17 ottobre terranno la relazione “Borders as Civic Infrastructure”, con la quale porteranno a Utopian Hours temi decisivi e profondamente contemporanei: giustizia urbana e diritto alla città, co-progettazione e pratiche dal basso, integrazione tra globale e locale, ma soprattutto attivismo diretto nelle aree di un confine tra i più attraversati del mondo, quello tra Messico e Stati Uniti.

 

Nella nostra pratica basata sulla ricerca, consideriamo la regione di confine tra San Diego (Stati Uniti) e Tijuana (Messico) come un microcosmo delle ingiustizie e delle offese subite dalle persone vulnerabili in tutto il mondo: violenza politica, crisi climatica, migrazioni accelerate, nazionalismi in ascesa, costruzione di muri, disuguaglianze sempre più profonde e costante declino del pensiero pubblico.

Negli ultimi anni, questa regione è diventata un punto caldo della migrazione globale, un luogo di arrivo per migliaia di persone in cerca di asilo dalla violenza politica, dalla povertà dilagante e dai cambiamenti climatici. San Diego-Tijuana è tornata a essere un bersaglio del nazionalismo americano e della criminalizzazione dei migranti. Il nostro studio si trova a pochi chilometri dai centri di detenzione per bambini che segneranno per sempre l’epoca recente della storia americana. È stato particolarmente sconvolgente assistere all’impatto emotivo sui bambini, vedere da vicino la loro paura e l’inevitabile interiorizzazione psichica del sentirsi socialmente e moralmente emarginati.

La politica si è lasciata trascinare dalla paura, alimentata da disinformazione e da atti vendicativi e illegali di deportazione di massa. Al momento, i numeri della migrazione sono in calo, complice i risvolti della campagna elettorale statunitense del 2024. A Tijuana assistiamo a un’inversione dei flussi migratori verso sud, dovuta sia all’aumento delle attività dell’ICE (Agenzia per l’immigrazione e le dogane degli Stati Uniti) e alle sue azioni disumane, sia ai crescenti casi di autoespulsione.

 

Localizzare il globale

Ma i cambiamenti climatici inevitabilmente accelereranno i flussi verso nord negli anni a venire. La migrazione in questa parte del mondo è stata finora interpretata come conseguenza di povertà e violenza, e questo è ancora vero. Ma il cambiamento climatico è un moltiplicatore di minacce: peggiora la povertà e l’insicurezza alimentare, aggrava la violenza e finisce per aumentare le ragioni che spingono le persone a rischiare, lasciare le proprie case e camminare verso nord.

Un recente studio dell’ONU ha rilevato che il 72% dei migranti che arrivano al confine meridionale statunitense sono lavoratori agricoli, e che l’instabilità agricola è stata un fattore decisivo nella loro scelta di partire.

La geopolitica e l’ingiustizia globale qui si vivono in modo intensamente locale. Nella nostra pratica socio-spaziale ci sentiamo spinti a localizzare il globale: passare da una distanza critica a una prossimità critica, dall’astrazione della globalizzazione – “lì fuori da qualche parte” – alla specificità del “qui e ora” del nostro territorio fisico e del nostro contesto politico immediato. Ovviamente la dimensione locale può facilmente degenerare in protezionismo egoistico e in miopia identitaria, e non può essere un fine in sé. Nel nostro lavoro rendiamo operativa quella dimensione locale per accedere in modo critico alle manifestazioni socio-spaziali dei conflitti globali, indagando le relazioni di potere contestate che si imprimono nella vita quotidiana delle persone colpite, sul campo politico stesso.

 

Una rete di spazi transfrontalieri

Le comunità di confine e gli attivisti da entrambi i lati del muro affrontano quotidianamente queste dinamiche, sfidando politiche e pratiche che criminalizzano i migranti e compromettono i nostri ecosistemi condivisi. Negli anni, abbiamo accompagnato molte di queste azioni dal basso, collaborando con organizzazioni in prima linea per contrastare le narrazioni politiche razziste negli Stati Uniti che descrivono la nostra regione come un luogo di criminalità e divisione. Abbiamo cercato di raccontare storie molto diverse sulla vita in questa regione transfrontaliera, radicate nelle esperienze di chi la abita.

Nella nostra pratica abbiamo raccolto prove della porosità di questo confine, nonostante la sua intenzione di essere una barriera politica imposta dall’alto. I confini non possono fermare i flussi ambientali, idrologici, virali, economici, culturali, normativi, etici o aspirazionali. Non possono fermare il vento che soffia. Queste circolazioni informali e spesso invisibili non solo hanno plasmato le identità ibride e trasgressive e le pratiche urbane della vita quotidiana nelle regioni di confine come la nostra, ma hanno anche ridefinito le nostre priorità, spingendoci ad adottare un approccio radicato ai progetti: sostenendo una pratica progettuale integrata, capace di accompagnare trasformazioni culturali, istituzionali e spaziali più significative e socialmente impegnate.

Negli ultimi anni abbiamo progettato e costruito un’infrastruttura di lungo periodo di partenariati e spazi transfrontalieri insieme a organizzazioni di base. Queste solidarietà si sono concretizzate in una rete fisica di spazi pubblici transfrontalieri che educano, assumendo una prospettiva di lungo termine sulla resistenza, la pianificazione anticipatoria, il pensiero strategico e l’intervento architettonico.

 

Le Community Stations, una rete di architetture solidali

Per realizzare il nostro lavoro abbiamo progettato una piattaforma che collega il nostro studio all’Università della California di San Diego (UCSD) con le condizioni sul campo, costruendo una rete di spazi su entrambi i lati del muro chiamata UCSD Community Stations, dove co-progettiamo spazi di dignità e rifugio per la natura e le persone ai margini della città, in stretta collaborazione con le comunità di confine.

Le Community Stations sono il braccio sociale del nostro lavoro civico e architettonico. Creano un circuito di feedback transfrontaliero tra l’impegno sociale sul campo e la nostra ricerca urbanistico-architettonica, collegando la nostra pratica, il campus universitario e le comunità con cui collaboriamo.

Normalmente gli architetti attendono un committente e un incarico per progettare entro un sito e un budget definiti. In condizioni di emergenza, non possiamo aspettare. Negli anni abbiamo co-prodotto il programma dei progetti insieme alle comunità, intese non come clienti ma come co-sviluppatrici. Insieme mobilitiamo energie dal basso e istituzioni dall’alto per realizzare un progetto anche in assenza di sostegno pubblico formale. Le Community Stations sfruttano le risorse della nostra università pubblica e ne mobilitano la forza economica e programmatica come garanzia per permettere ai partner comunitari di costruire infrastrutture di quartiere.

Abbiamo così concepito un nuovo modello finanziario per abitazioni di proprietà comunitaria, sviluppato congiuntamente tra università e comunità, per garantirne inclusione e sostenibilità a lungo termine. Ogni Community Station è progettata, finanziata, costruita, programmata e gestita congiuntamente tra campus e comunità.

Per noi, la giustizia urbana è un concetto distributivo. Pensiamo alle Station come a un’università diffusa, dove collaboriamo con comunità a basso reddito in progetti di lungo periodo, unendo ricerca, dialogo, attività culturali ed educative, advocacy, alloggi per migranti, spazi pubblici e infrastrutture ambientali. Stiamo ridistribuendo risorse, ma anche conoscenze.

Abbiamo progettato le UCSD Community Stations come piattaforma di conoscenza reciproca, una rete di stazioni sul campo situate in quartieri marginalizzati su entrambi i lati del muro, dove educazione e ricerca vengono co-prodotte tra università pubbliche e comunità migranti. Confondendo il confine tra ricerca e attivismo, ci siamo impegnati a radicare le nostre riflessioni sulla regione di confine attraverso pratiche orizzontali di collaborazione, in cui ricercatori universitari e attivisti comunitari lavorano insieme per condividere e apprendere reciprocamente, co-producendo nuove narrazioni, nuove strategie, nuove coalizioni di conoscenza e nuove forme di solidarietà per affrontare le ingiustizie e proporre progetti urbani più equi.

 

I progetti

Curare e progettare le architetture che spazializzano queste connessioni solidali richiede un doppio progetto: disegnare gli spazi fisici e i protocolli di inclusione. Serve una pratica culturale incorporata che accompagni questi flussi e processi transfrontalieri, co-producendo con le comunità contenuti concettuali e programmatici per riorganizzare le relazioni spaziali, sociali ed economiche. Ci consideriamo mediatori, che operano nello spazio tra risorse dall’alto e intelligenze urbane e politiche dal basso. Serve anche trasformare gli spazi pubblici in luoghi flessibili per la produzione di conoscenza, forum di dibattito e contestazione, dove la cittadinanza si costruisce attraverso la mobilitazione culturale, dotata di sistemi di supporto, risorse e strumenti per garantire inclusione, aumentare il sapere pubblico e coltivare capacità di azione politica.

Mentre il governo federale degli Stati Uniti intensifica la caccia e l’aggressione contro le comunità migranti, le Community Stations continueranno a essere coalizioni alternative di cura e rifugio per sostenere l’organizzazione sociale dal basso e la protezione comunitaria. Negli ultimi giorni della sua vita, il nostro caro amico Mike Davis, urbanista che ha scritto molto su questa regione, riflettendo su disperazione e futuri cupi, disse in un’intervista al “The Guardian” nel 2022, con ingenua sfida, che l’amore può essere uno strumento politico nei tempi disperati. Siamo d’accordo, e gli lasciamo la parola: “Quello che ci fa andare avanti, in fondo, è il nostro amore reciproco e il rifiuto di chinare il capo ad accettare un verdetto, per quanto potente sembri. È ciò che la gente comune deve fare: amarsi e difendersi a vicenda”.

Abbiamo realizzato 4 stazioni in totale, due a San Diego e due a Tijuana, spazi di dignità e rifugio ai margini della città. Seguendo lo stesso modello, dopo aver costruito questi spazi comunitari li attiviamo insieme con programmi educativi, culturali e ambientali.

 

EarthLab | Chollas

Situata a Chollas, nel bacino idrografico più inquinato di San Diego e realizzata in collaborazione con la no-profit Groundwork San Diego. Stiamo co-sviluppando un parco climatico di 1,6 ettari su un terreno municipale per aumentare le capacità di educazione ambientale di 6 scuole pubbliche a basso reddito vicine. Abbiamo anche progettato un curriculum educativo sul clima radicato nel territorio, che sensibilizzi sugli impatti locali del cambiamento climatico e mobiliti la comunità nella trasformazione del proprio quartiere.

 

CASA | San Ysidro

Situata a San Ysidro, quartiere di confine di San Diego al valico terrestre più trafficato dell’emisfero occidentale, in collaborazione con la no-profit Casa Familiar. Nel 2020 abbiamo completato “Living Rooms at the Border”, un progetto dimostrativo che integra alloggi accessibili in uno spazio pubblico. Comprende un teatro comunitario, un’aula civica, padiglioni per i servizi sociali e 10 unità abitative accessibili, ancorate da spazi culturali ed educativi. Sviluppiamo anche processi culturali che denunciano le ingiustizie e rafforzano la capacità del quartiere, co-producendo spettacoli teatrali e musicali con artisti locali e giovani del quartiere.

 

Alacrán | Tijuana

Situata in un canyon periferico di Tijuana, a ridosso del muro USA-Messico, abitato da 100.000 persone, in collaborazione con l’organizzazione religiosa Embajadores de Jesús. Questo insediamento informale è diventato luogo di arrivo per migliaia di rifugiati negli ultimi anni. Abbiamo costruito “Santuario Frontera” per aumentare la capacità di accoglienza e creare un intero quartiere-santuario. È oggi il più grande rifugio per rifugiati della regione di confine e dell’America Latina. Offriamo anche formazione professionale e programmi di sviluppo economico, trasformando i rifugi in ecosistemi inclusivi.

 

Divina | Tijuana

Situata nel quartiere informale di Divina a Tijuana, in collaborazione con la no-profit Colonos de la Divina Providencia. Stiamo co-sviluppando un’impalcatura sociale adattabile, dove sistemi prefabbricati e programmazione sociale trasformano l’edificio in uno strumento pedagogico per sostenere educazione ambientale, economia e iniziative sociali. Progettiamo anche programmi ecologici che coinvolgono i giovani nel riconoscere le zone vulnerabili e nel conservare habitat e specie locali, elevando i bambini a futuri cittadini transfrontalieri.

Immagine di copertina: Community Station Alacrán a Tijuana, Messico, (dal sito https://cruzforman.com/filter/community-stations)

Autori

  • Architetto e teorico urbano. Insegna alla UC di San Diego (USA). L'Estudio Teddy Cruz + Fonna Forman (con sede presso UC San Diego, dove sfumano i confini tra accademia e attivismo) è noto per il lavoro pionieristico su infrastrutture civiche, cultura pubblica e urbanismo transfrontaliero.

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  • Teorica politica, specializzata in etica e giustizia globale. Insegna alla UC di San Diego (USA). L'Estudio Teddy Cruz + Fonna Forman (con sede presso UC San Diego, dove sfumano i confini tra accademia e attivismo) è noto per il lavoro pionieristico su infrastrutture civiche, cultura pubblica e urbanismo transfrontaliero.

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Last modified: 30 Settembre 2025