Un movimento globale immagina le realtà urbane come parchi nazionali: più verdi, inclusive e connesse con la natura, per affrontare le sfide del futuro
Il festival Utopian Hours ritorna alla Centrale Lavazza di Torino dal 17 al 19 di ottobre con il suo denso programma di temi, ospiti e suggestioni. Il Giornale dell’Architettura, media partner, inizia un avvicinamento con cui si vuole affrontare alcuni dei temi che oggi sono al centro dell’agenda (urbana) di molte città, per un domani più sostenibile e inclusivo. Partiamo con Mark Cridge e il suo National Park City che, ospite il 18 ottobre con la relazione “The City as a Livable Park”, sta lavorando a immaginare futuri diversi, maggiormente connessi con la natura.
Ogni cambiamento inizia con qualcuno che si chiede “E se…?”. È esattamente ciò che accadde nel 2012, quando un gruppo di amici, preoccupati per la duplice crisi climatica e ambientale, si chiese: “E se considerassimo le nostre città come dei parchi nazionali?”. Come potremmo guardarle in modo diverso? E come potremmo aiutare le persone a immaginare futuri diversi, in cui vivere realtà urbane più connesse con la natura?
Avanziamo velocemente fino al 2019: oltre 300 organizzazioni, gruppi, funzionari pubblici, aziende e istituzioni si sono riuniti nella City Hall di Londra, insieme al sindaco Sadiq Khan, per riconoscere la capitale britannica come la prima National Park City del mondo. Era nato il movimento delle National Park Cities e, nei 6 anni successivi, si sono aggiunte Adelaide in Australia (2021) e proprio quest’anno Chattanooga negli Stati Uniti e Breda nei Paesi Bassi. Una dozzina di altre città e aree urbane sono attualmente in cammino verso questo obiettivo.
Come un parco nazionale tradizionale, una National Park City è un luogo speciale in cui le persone sono più connesse con la natura. Finora gli unici ecosistemi a livello globale a non avere alcuna forma di tutela sono stati quelli urbani, eppure le città possono essere altrettanto ricche di biodiversità quanto le aree rurali: Londra, ad esempio, è composta per il 51% da spazi verdi e blu, ospita oltre 17.500 specie diverse dagli esseri umani, 8,4 milioni di alberi e più di 4.400 parchi.
Entro il 2050 si prevede che almeno il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane: introdurre un nuovo racconto che aiuti le persone a immaginare modi diversi di viverci è un compito urgente e necessario. La vita urbana ha allontanato le persone dalla natura, generando città che impattano negativamente sull’ambiente e comunità prive di connessione, comprensione e motivazione per proteggerlo. Ripensando le nostre città come National Park Cities, aiutiamo a riconnettersi con la natura dove si trova, nei quartieri e nelle comunità. Sarà più probabile che, come società, impareremo a valorizzare ciò che abbiamo a portata di mano, a proteggere la natura per il suo valore e a trarre i molti benefici per la salute e il benessere che derivano da un rapporto profondo e duraturo con il mondo naturale. Dopotutto, noi, insieme a piante, animali ed ecosistemi naturali grandi e piccoli, facciamo tutti parte della natura.
La connessione con la natura
Il professor Miles Richardson dell’Università di Derby ci ricorda, con le sue ricerche pionieristiche, che la chiave per sbloccare questi benefici duraturi non è il semplice tempo trascorso all’aperto. Fondamentale è garantire che tutti, in particolare chi vive in comunità svantaggiate, abbiano accesso a spazi verdi e blu sicuri e di alta qualità nelle nostre città. Ancor più importante è aiutare le persone a prestare davvero attenzione a ciò che accade nella natura, come riconoscere il cambio delle stagioni, le specie di piante e gli animali, capire cosa manca e cosa sarebbe possibile. È questo il tipo di comportamento che vogliamo incoraggiare nelle National Park Cities.
Nel suo libro “Reconnection”, Richardson spiega che, sebbene l’accesso alla natura sia cruciale, è altrettanto importante riconoscere che la connessione con essa è un percorso fondamentale per migliorare la salute mentale. Dobbiamo proteggere l’ambiente naturale e ripristinare la biodiversità, dando priorità alle aree più svantaggiate per portare i benefici della natura alle comunità che ne hanno più bisogno.
Questo non significa sminuire il lavoro necessario per migliorare l’accesso alla natura. La progettazione urbana centrata sulle persone è essenziale: serve adottare principi per migliorare la disponibilità e la visibilità della natura in spazi verdi e blu sicuri e di alta qualità, pensati per favorire una connessione quotidiana, specialmente nelle aree urbane. Creando città in cui persone e natura siano meglio connesse cambieremo il nostro modo di vivere, rendendo le nostre società più eque, giuste, verdi, sane e selvagge.
La Carta delle National Park Cities e il Journey Book
Uno dei passaggi chiave per ogni città che vuole diventare una National Park City è la creazione di una Carta per la propria città, documento fondativo che definisce l’ambizione, il potere e la responsabilità condivisi a cui ogni membro del movimento aderisce. La prima Carta Universale delle National Park Cities è stata co-creata da persone di oltre 50 paesi e stabilisce come lavoriamo insieme per migliorare vite, salute e benessere, fauna selvatica, alberi e fiori, luoghi, habitat, aria, acqua, mare e terra, tempo all’aperto, cultura, arte, gioco, camminare, andare in bici e mangiare, cibo locale e consumo responsabile, decisioni, condivisione, apprendimento e collaborazione e relazioni con la natura e tra di noi. Questa è diventata la Carta originale di Londra, e il processo di creazione di una propria Carta è un modo altamente partecipativo e coinvolgente per costruire un gruppo di partner, sostenitori e collaboratori attorno a una visione condivisa di ciò che la propria National Park City potrà diventare.
La connessione con la natura è un filo conduttore, ma non riguarda solo natura e ambiente, è una visione a lungo termine e su larga scala di come tutti possiamo contribuire ogni giorno. Le National Park Cities riguardano tanto le nostre relazioni reciproche, quanto il modo in cui definiamo le priorità per il futuro, come prendiamo decisioni eque e inclusive, come trascorriamo il nostro tempo insieme soprattutto all’aperto, godendo di cultura, arte, sport e momenti a contatto con la natura.
Riguardano come coltiviamo il nostro cibo, come ci avviciniamo a un consumo più sostenibile, come ci spostiamo, riscaldiamo le nostre case, nuotiamo nei fiumi e respiriamo aria pulita. Abbiamo raccolto il processo per diventare una National Park City nel nostro “Journey Book“: qui sono indicati i 10 passaggi che si possono seguire per diventare una National Park City. Offre consigli su come creare una storia, costruire consenso, definire i propri piani e presentare un portfolio creativo di prove da sottoporre a revisione tra pari. Un gruppo di pari e di esperti invitati valuta ogni candidatura sulla base di 23 criteri. Dopo una visita positiva, invitiamo la città a essere riconosciuta ed entrare a far parte di un movimento globale in espansione.
Tutti insieme, ogni giorno
Quando una città diventa una National Park City, crea le condizioni affinché ciascuno possa porsi le proprie domande “E se…?” sul tipo di città in cui vuole vivere. Per affrontare le emergenze climatiche e ambientali, ognuno di noi deve chiedersi che ruolo può svolgere nella vita quotidiana, nei luoghi di lavoro, nelle comunità di cui fa parte e sfruttare la propria capacità di agire per il cambiamento. Per cambiare i comportamenti, dobbiamo raccontare nuove storie su ciò che è possibile e usare la nostra creatività per immaginare futuri diversi di cosa significhi vivere in città nei prossimi decenni.
Le National Park Cities sono una di queste storie: un invito a ciascuno di noi a raccontarne una versione personale; a ripensare come viviamo e lavoriamo, come riscaldiamo le nostre case, come prendiamo decisioni, coltiviamo il nostro cibo, cambiamo i modelli di consumo, ridisegniamo i nostri ambienti urbani, in modo che le nostre città siano luoghi meglio connessi con la natura, dove i ruscelli e i fiumi siano balneabili, l’aria pulita da respirare, e tutti possiamo trascorrere del tempo all’aperto giocando, esplorando e imparando insieme.
Diventare una National Park City non è un premio. Non si tratta di dire che il luogo è perfetto, si tratta di cogliere quell’ambizione, potere e responsabilità condividendoli su come rendere le nostre città luoghi davvero e finalmente migliori. Perché no?
Immagine di copertina: Earthkinology I. Microscope for Noticing Lichens, scultura pubblica partecipativa che integra narrazione e un microscopio artigianale per osservare in profondità i licheni che vivono sugli alberi della città (foto di Mael Henaff)
www.nationalparkcity.org/charter
www.nationalparkcity.org/the-journey-book
www.nationalparkcity.london
www.adelaidenationalparkcity.org
www.chattanooganationalparkcity.org
bredastadineenpark.com
hwww.derby.ac.uk/research/themes/zero-carbon/zero-carbon-nbs-research-centre/nature-connectedness-research-group/
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città , inclusione , londra , national park city , natura , paesaggio , partecipazione , urbanistica
Last modified: 23 Settembre 2025