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Written by: Forum Patrimonio

Studiolo di Urbino, le ragioni del restauro di un capolavoro

Studiolo di Urbino, le ragioni del restauro di un capolavoro
La Galleria Nazionale delle Marche risponde al Forum Bramante e illustra l’intervento di Palazzo Ducale. Riceviamo e pubblichiamo la nota

 

URBINO. L’articolo del Giornale dell’Architettura del 3 settembre 2025, dal titolo “Studiolo di Urbino, il restauro ha cancellato la trabeazione”, e cioè la critica che il Forum Bramante ha avanzato sul riallestimento dello studiolo di Federico da Montefeltro nel Palazzo Ducale di Urbino, presenta alcuni errori storici di fondo che è bene chiarire a monte di qualsiasi dibattito serio e consapevole che si abbia in animo di aprire sulla nuova proposta museale di rilettura integrale di un ambiente del Palazzo Ducale di Urbino che, al pari di tutto l’edificio, è stato interessato da una serie di modifiche, anche sostanziali, tali per cui nei suoi muri, nei suoi legni e nei suoi dipinti si è sedimentata una storia secolare. Rimandando al capitolo dedicato ai lavori allo studiolo nel libro che sarà dato alle stampe al termine dei lavori PNRR per un’analisi dettagliata dei rilievi mossi sulla rivista, in questa sede si ritiene più opportuno analizzare tre punti critici di carattere generale, seguendo la lettura dell’articolo:

1) Presunta originalità del coronamento delle tarsie. La storia dello studiolo vede il suo punto critico nel 1631, quando furono strappate dalle pareti le tavole con gli Uomini illustri di Giusto di Gand e di Pedro Berruguete. La decorazione dell’ambiente rimase da allora orfana della componente pittorica, che a tutto campo connetteva il soffitto intagliato con le tarsie. Sappiamo dalle fonti che nei secoli successivi quello spazio fu dipinto a riquadri colorati (Giovan Battista Cavalcaselle, taccuini), fu adornato con frammenti di arazzi (Camillo Castracane, lettere), poi con tessuti a finto broccato (fotografie storiche), con colore verde scuro e poi con stoffe di colore neutro (fotografie storiche), infine con pannelli di multistrato marrone che funsero da supporto quando, prima Dante Bernini e quindi Paolo dal Poggetto, ricollocarono all’interno della stanza i 14 dipinti originali degli uomini illustri e le 14 copie color seppia dei pezzi del Louvre. Nel frattempo le tarsie, uniche protagoniste sopravvissute di quel preziosissimo ambiente, nella seconda metà dell’Ottocento furono dotate di un coronamento che ne conchiudeva classicamente il quadro prospettico. La seriorità di questo elemento trova conferma nella qualità dell’intaglio, nella colorazione dei legni, nelle modifiche all’impianto originale che comportò il suo inserimento (modifiche ai cieli delle porte, ai cardini, alle nicchie e più in generale ai pannelli), nel sistema di aggancio a parete, e non in ultimo nell’eccessiva compressione dello spazio pittorico soprastante.

2) I rilievi grafici dello studiolo di Pasquale Rotondi (e prima di lui di Guglielmo Pacchioni). Da abbastanza tempo è cosa nota negli studi (2007 e 2011) che il rilievo grafico dello studiolo a corredo del doppio volume di Rotondi sul Palazzo Ducale, e quindi del saggio sul restauro alle tarsie del 1973, presenta imprecisioni nella riduzione in scala delle tavole degli Uomini illustri, tali per cui la corretta collocazione dei pannelli reali alle pareti è resa impossibile per una insufficienza di spazio, dovuta appunto alla presenza del coronamento ottocentesco. Quest’errore di misurazione era già nel rilievo commissionato dal soprintendente Guglielmo Pacchioni nel 1935 a Luigi Leporini, quando si dedicava alla proposta di riallestimento della stanza, che sarebbe stata avanzata al Ministero della Pubblica Istruzione nel 1937. L’irripetibile mostra sugli Uomini illustri del 2015 ha, in questo senso, confermato l’impossibilità del riallestimento delle tavole nello spazio di risulta, come si poteva osservare dal vero nell’irrazionale ricomposizione delle anatomie delle figure che trionfano sui colonnati delle nicchie dipinte.

3) Restauro ‘tecnologico’ e teoria del restauro. L’intervento di riallestimento si è basato su criteri di reversibilità totale che non hanno avuto alcun impatto sulla struttura muraria retrostante né sugli elementi decorativi originali (soffitto a cassettoni, dipinti e tarsie). Il rifacimento dell’impianto elettrico e dell’impianto antincendio, così come di quello di sicurezza, non ha comportato l’alterazione dello spazio della sala, e anzi ne ha aumentato leggermente la percorribilità. La stessa fonte luminosa che oggi consente di apprezzare le tarsie i dipinti e il soffitto in maniera unitaria e ambientale, senza fastidiose sfiammate e riflessi, non ha obliterato il disegno irregolare dell’imbotte della finestra originale. Il colore prescelto per restituire la giusta importanza alla complessità dello spazio pittorico, infine, è stato derivato dalle tavole dipinte, dopo un lungo e laborioso processo di campionatura e di selezione. Preme infine rassicurare che il coronamento ottocentesco è stato opportunamente ricoverato in deposito dopo essere stato trattato in anossia, al pari dei restanti arredi (soffitto, dipinti e tarsie) per garantirne la migliore conservazione.

La restituzione di un ambiente nelle sue relazioni di luce e di spazio è la sfida che la Galleria Nazionale delle Marche si è posta per raccontare lo studiolo di Federico da Montefeltro con gli strumenti del proprio tempo, per restituire al visitatore valori artistici e culturali che possano aiutare a comprenderne la complessità e l’alterità. L’operazione critica condotta ha, come sempre accade quando si fonda su uno studio responsabile, portato a prediligere alcuni valori su altri ma sempre con profondo rispetto per uno tra i massimi capolavori del primo Rinascimento italiano ed europeo nel suo contesto.

 

Immagine di copertina: Studiolo di Urbino, restauro, 2025 (courtesy Galleria Nazionale delle Marche)

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Last modified: 9 Settembre 2025