Riceviamo dalle promotrici e dai promotori l’invito a condividere un testo che tratteggia un approccio alternativo ai temi urbani
Il documento è firmato da 200 tra docenti universitari, urbanisti, giuristi e intellettuali. Chiede all’amministrazione comunale milanese di bloccare alcuni degli interventi più controversi. Ma più in generale è un appello che critica profondamente un modello urbano chiedendo di aprire una discussione sul futuro stesso della città. Il testo integrale con l’appello, e l’elenco dei firmatari, è stato pubblicato su Domani. È possibile sottoscrivere su change.org.
Appello per una radicale svolta urbanistica a Milano e in Italia
I fatti gravissimi emersi dalle indagini della Procura di Milano sullo sviluppo urbano degli ultimi anni sono preoccupanti sia per le fattispecie emerse sia per le reazioni della politica e delle istituzioni milanesi e nazionali.
Quali che siano le responsabilità civili e penali dei molti indagati, che saranno accertate nel corso dei processi, e fatti salvi eventuali altri fatti che potranno emergere, è sempre più evidente che la trasformazione della città è stata governata in modo opaco, al di fuori delle regole democratiche e forzando le leggi urbanistiche.
A questo esito si è arrivati sia attraverso il depotenziamento delle norme a garanzia dell’interesse pubblico – che avrebbero potuto ostacolare la rapida realizzazione degli interventi e il massimo profitto degli investitori – sia attraverso l’aggiramento delle Leggi stesse e la creazione di norme ad hoc.
Nonostante le evidenze scaturite dalle inchieste, il Sindaco di Milano, la Giunta e una grande parte della classe dirigente locale e nazionale hanno espresso la sostanziale volontà di assicurare il proseguimento delle operazioni immobiliari e urbanistiche nate in questo contesto, sottoposte a procedure di approvazione nella migliore delle ipotesi poco ortodosse, in alcuni forse addirittura illegali. Ancora una volta si ribadisce che “Milano non si ferma”, e che il modello di sviluppo che rappresenta è immodificabile ed è giusto estenderlo all’intero territorio italiano.
Una continuità che non solo compromette il rispetto della legalità, il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche e la redistribuzione della ricchezza, ma danneggia l’ambiente, la qualità urbana e la vita degli abitanti.
A Milano si è considerato normale trasformare la città per frammenti, senza un quadro strategico di visione e gestione pubblica: si è costruito all’interno degli isolati e nei cortili edifici di dimensioni incongrue, spesso al posto di laboratori, parcheggi, piccole residenze, giardini o aree che la natura aveva riconquistato. Si è rinunciato a una larga parte degli oneri di urbanizzazione e dei servizi dovuti (gli standard), che tali interventi avrebbero richiesto, e contemporaneamente è stata attuata una privatizzazione strisciante dei servizi e delle strutture pubbliche, come case, piscine e centri sportivi. Anche le grandi aree di trasformazione – come gli scali ferroviari e le aree industriali di Bovisa e Rogoredo – stanno prendendo forma al di fuori della visione d’insieme della città che spetterebbe al Piano. Nel frattempo, il consumo di suolo verde e agricolo continua, come dimostrano ogni anno i dati ISPRA.
Molti studi e ricerche, con analisi rigorose e documentate, dimostrano come la sostituzione dell’urbanistica con queste forme improprie di rigenerazione urbana – praticate a Milano e imitate in molte altre città italiane – abbia prodotto un’economia sproporzionatamente favorevole alla rendita e alla concentrazione della ricchezza. Questo processo ha aggravato le disuguaglianze sociali e i divari territoriali, ha indebolito la capacità di intervenire sui gravi e urgenti problemi della città, compromettendo sensibilmente la qualità della vita, a partire dal diritto all’abitare e dalla salute dei cittadini.
Alla luce di tali considerazioni proponiamo che questa sia l’occasione per un serio riesame delle scelte politiche e tecniche che guidano l’urbanistica milanese e, sempre più frequentemente, l’urbanistica del paese.
Per tali ragioni chiediamo all’amministrazione milanese e alle istituzioni politiche e di governo di fermare i grandi e medi progetti in corso per imprimere una direzione diversa, trasparente e democratica, alla trasformazione di quelle aree e della città in generale: da quelli dichiarati prioritari come la vendita dello stadio Meazza a San Siro, allo sviluppo per parti incoerenti degli ex scali ferroviari, a quelli avviati e controversi come la BEIC-Biblioteca Europea, la Goccia della Bovisa, il nuovo centro commerciale in piazzale Loreto e l’edificazione di grandi volumi sui binari della stazione Cadorna (FILI). È urgente e necessario aprire una discussione effettiva e democratica che tenga conto delle critiche politiche e civili, dei bisogni abitativi, sociali e ambientali espressi dalla popolazione milanese in questi anni, sin qui del tutto elusi, per decidere quali di questi progetti debbano andare avanti e in che modo.
Nello specifico, chiediamo che il Piano Casa sia radicalmente rivisto favorendo l’Edilizia Residenziale Pubblica piuttosto che quella Sociale (che a Milano si configura come una fascia dell’edilizia di mercato), la realizzazione di studentati pubblici e davvero accessibili, e che il Piano di Governo del Territorio in corso di elaborazione sia elaborato secondo priorità, obiettivi e principi di equità e redistribuzione materiale delle risorse.
Chiediamo, soprattutto, che le pressioni per deregolamentare la normativa urbanistica nazionale e il Testo unico dell’Edilizia attraverso la legge sulla Rigenerazione urbana e il nuovo Testo Unico siano respinte: crediamo, infatti, che esista attualmente una grande necessità di adeguare le regole al nuovo contesto globale, ma nel senso opposto a quello auspicato e formalizzato nelle bozze di legge elaborate in questi anni. Bisogna proporre nuove forme di pianificazione in grado di far fronte agli effetti del cambiamento climatico e del degrado ambientale, di tutelare l’interesse degli abitanti e la qualità ambientale e sociale dei luoghi dall’eccessiva rapacità degli investitori. Occorre ripristinare l’effettiva capacità degli enti pubblici di governare i processi di trasformazione dei territori e di vincolare le istituzioni pubbliche alla trasparenza e al mandato degli elettori.
È fondamentale una riforma organica della legge nazionale per bloccare il consumo di suolo e per rimuovere dai piani le previsioni non attuate o senza inizio delle procedure da cinque anni.
Serve una nuova urbanistica tesa alla giustizia spaziale e al riequilibrio territoriale, una nuova cultura civile e una vera sensibilità ambientale, per Milano, per le città e i territori del Paese.
Immagine di copertina: Città Studi, Milano, 2025
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Milano , urbanistica
Last modified: 2 Settembre 2025