Visit Sponsor

Marco RagoneseWritten by: Professione e Formazione

Marucci: Camerino, fortino della cultura urbana

Marucci: Camerino, fortino della cultura urbana
Il seminario marchigiano celebra a fine luglio la 35^ edizione affrontando il tema “L’architettura e i luoghi”. Intervista al direttore

CAMERINO (MACERATA). In un momento in cui l’architettura, o perlomeno la sua traduzione visiva, viene metabolizzata velocemente – spesso con la velocità di una delle tante stories – incrociare spazi di dibattito che hanno resistito nel tempo, superando le difficoltà susseguitesi in questi anni, non è così scontato. Il seminario diArchitettura e Cultura Urbanadell’Università di Camerino, e il premio ad esso associato, costituisce questa felice eccezione: da trentacinque edizioni è considerato un riferimento e un punto di incontro per accademici, professionisti, ricercatori e studenti di architettura. Trasformando il format e le location per ovviare ai danni del terremoto del 2006 e alle distanze forzate dalla pandemia del 2021, Giovanni Marucci – architetto locale, non accademico, creatore e vero deus ex machina della manifestazione – ha tenuto sempre vivo il seminario iniziato nel lontano 1991 e che annovera tra i tanti ospiti Paolo Portoghesi, Marco Romano, Franco Purini, Laura Thermes, Guendalina Salimei, Gianluca Peluffo, giusto per citarne alcuni. 

Nell’edizione dell’anniversario (in programma dal 28 al 30 luglio) il tema prescelto èL’architettura e i luoghi” e per chiarire come siano cambiati nel tempo interessi, prospettive e approcci della cultura urbana abbiamo posto alcune domande proprio a Giovanni Marucci.

 

Trovare un tema (qui tutti i titoli dal 1991 ad oggi) attorno a cui imbastire un seminario – che possa fornire punti di vista originali e stimolanti – è sempre difficoltoso. Vista la longevità, quali sono stati i criteri di scelta seguiti in tutti questi anni?

Nei primi dieci anni, per il tema ci si basava sulle parole più ricorrenti nella edizione precedente. Successivamente, in considerazione del fatto che le parole erano espressione dei temi di attualità legati al rapporto architettura/città le abbiamo alternate cercando di coprire, almeno in parte, il vasto orizzonte che tale rapporto sottende. Architettura e città è anche il nome del periodico, dapprima semestrale e attualmente annuale che accompagna da sempre il Seminario.

 

Dopo trentacinque edizioni possiamo dire che c’è ancora interesse per la cultura urbana? Quale direzione ha preso il dibattito italiano?

Se per cultura urbana intendiamo tutto ciò che attiene alla sfera delle aspettative comuni, l’interesse è in espansione: eventi culturali, artistici e iniziative associative non mancano e sono espressione di un desiderio collettivo di aggregazione e di espressione del libero pensiero, soprattutto tra le comunità giovanili e come forma di resistenza alle difficoltà economiche e sociali. Quanto alla risposta, in termini di infrastrutture e di servizi e, più in generale, quanto alla capacità di recepire la domanda che proviene, soprattutto dalle aree periferiche, siamo piuttosto indietro e poco è cambiato da trentacinque anni a questa parte. Nello specifico della cultura architettonica si fanno strada nuove tematiche legate agli aspetti ambientalisti e alla crisi planetaria, piani di lavoro che pure esistono ma che spesso si risolvono progettualmente in sé stessi, tralasciando altrettanto importanti aspetti della costruzione della città e delle sue parti, fatta di insiemi coerenti in grado di stabilire rapporti di relazione con i luoghi e con la loro storia in divenire.

 

Al seminario e al premio partecipano molti studenti universitari. Nel tempo hai notato dei cambiamenti d’interesse – temi, funzioni, soluzioni – nel progetto di architettura redatto in ambito accademico? Analogamente, cosa è cambiato nei progetti presentati dai professionisti?

Il cambiamento d’interesse degli studenti è quasi sempre legato alle tendenze di pensiero della Scuola di provenienza e dei loro docenti, non sempre aperti a prospettive estranee alla loro idea di architettura. In questo non mi sembra vi siano grandi cambiamenti nel tempo, ad eccezione degli innesti talvolta pervasivi della sostenibilità ormai presente in tutti i progetti, declinata in vari modi, spesso pretestuosi. Per quanto riguarda i professionisti, i progetti presentati in genere sono di piccolo taglio perché, ad eccezione di rare occasioni, non esiste la possibilità di prospettare parti coordinate di città. Gli stessi progetti, normalmente, seguono le attuali tendenze minimaliste di superfici e volumi netti, pieni o trasparenti, privi di colore e di modanature. In genere tutti i progetti sono stilisticamente corretti e corredati da solida analisi del contesto: questo aspetto accomuna professionisti e studenti ed è una prerogativa tipica dell’architettura italiana.

Quale strada sia stata intrapresa dall’architettura italiana non è facile dirlo – sempre in bilico tra una visione autoreferenziale e la voglia di un internazionalismo facile e talvolta temporaneo – ma sicuramente Camerino con le sue trentacinque edizioni restituisce un tassello chiaro della trasformazione occorsa, lasciando intravedere qualche nuova strada.

Immagine di copertina: seminario di Camerino, edizione 2024 “Città bella, città per tutti”

Autore

  • Marco Ragonese

    Nato nel 1974 a Palermo, si laurea in architettura e consegue un dottorato di ricerca presso l'Università di Trieste. Ha insegnato progettazione architettonica presso le università di Trieste, Milano e Udine, e presso lo IUSVE di Venezia. Fa parte di ARCHITESS collettivo di architettura con base a Tolmezzo, in Carnia, ed è consigliere dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori di Trieste.

    Visualizza tutti gli articoli

About Author

(Visited 154 times, 1 visits today)
Share

Tag


, ,
Last modified: 7 Luglio 2025