Personale e intenso ricordo dell’artista scomparso a Milano a 99 anni. Una figura centrale per lo sviluppo della cultura urbana
MILANO. La Storia ha già annoverato Arnaldo Pomodoro fra le personalità che ne hanno contribuito alla scrittura, a partire dal campo dell’arte. Nella sua lunghissima vita l’artista nato a Morciano di Romagna (Rimini), ma più che milanese d’adozione, ha disseminato il nostro paese e il mondo della sua personale e iconica visione della scultura come elemento costitutivo dello spazio, preferibilmente urbano.
Nelle sue opere, che negli anni si sviluppano da piccoli gioielli di oreficeria a volumi sferici, cilindrici, prismatici, dalle dimensioni megalitiche, non è mai mancata la scrittura, incisione che penetra nelle superfici e nei volumi creando a sua volta altri infiniti mondi da scoprire e comprendere.
Con mano forte e salda, pronta a stritolare la tua se non eri abituato alla stretta di chi era uso addomesticare i grandi pesi con la finezza del segno, Arnaldo indagava la realtà con lo sguardo di chi possiede la curiosità come metodo e ti costringeva ad un rapporto sempre chiaro e trasparente nel quale, se esigeva molto e a volte moltissimo, era allo stesso tempo capace di grandissima dolcezza e umanità.
Sicuramente artista, evidentemente scultore, l’universalmente noto “padre” delle sfere aveva una solida formazione tecnica, come amava ricordare ripercorrendo i suoi esordi al Genio Civile di Pesaro, che trasferisce nella successiva istruzione artistica e, soprattutto nella sua attività, sempre improntata ad una coscienza civile che traspare evidente nel valore collettivo della sua arte che, sia in ambiti pubblici che privati, è sempre alla ricerca di un valore universale.
Lo studio-laboratorio di via Vigevano a Milano, la prima sede della Fondazione a Quinto de’ Stampi negli anni novanta e poi, negli anni 2000, le grandi navate dell’ex Riva Calzoni in Via Solari sono luoghi di incontro che Arnaldo Pomodoro concepisce come spazi aperti all’arte di tutti, prima che alla propria, con una filosofia alla quale non rinuncia anche tornato nei locali a ridosso del Vicolo delle Lavandaie, definitivamente destinati alla sua Fondazione e che lui ha seguito, con i suoi famigliari e collaboratori, fino agli ultimi giorni.
Instancabile nella produzione, tocca tutti i campi dell’espressione artistica, partendo dallo studio in condivisione con il fratello Giò nella Milano della Rinascita degli anni ’50, per arrivare nei musei e nelle piazze di tutti i continenti, non privandosi di importanti attività nel campo del Teatro, dell’Opera, dell’Architettura e della cultura in generale.
Attività che gli valgono premi e riconoscimenti universali, basti ricordare quello per la scultura alla Biennale di Venezia nel 1964 e il Præmium Imperiale dalla Japan Art Association nel 1990, e le lauree honoris causa, come quella in lettere conferitagli dal Trinity College dell’Università di Dublino nel 1992, o quella in Architettura e Ingegneria, della quale andava particolarmente fiero, ricevuta dall’Università di Ancona.
Le sue sfere entrano nell’immaginario collettivo e le sue opere urbane si fondono con i luoghi che le ospitano – si pensi alla Farnesina a Roma, al cortile della Pigna in Vaticano, alle Nazioni Unite a New York, o anche alle piazze di Milano, Copenaghen, Brisbane – diventando parte fondamentale della cultura urbana.
Forse in questo risiede l’importanza dell’opera di Arnaldo Pomodoro: nel diventare immediatamente universale, pubblica in senso etimologico e aperta all’interpretazione di tutti, da quella del bambino che guarda affascinato il mondo che si apre dentro ad una sfera allo sguardo indagatore dell’intellettuale che ne concepisce relazioni e rimandi.
Non posso che andare ai molti ricordi di una lunga frequentazione – e mi scuso per questa visione personale – per rivivere in questo triste momento gli anni di lavoro condivisi nel mettere in atto la trasformazione di un’ex acciaieria in una casa per la scultura, la Fondazione Arnaldo Pomodoro, che lui volle non “struttura museale statica e conservativa”, ma “un vero e proprio laboratorio inventivo, quasi sperimentale, rivolto così a costruire con gli artisti, i critici e il pubblico, un coinvolgimento profondo e globale”.
Immagine di copertina: Arnaldo Pomodoro (© Fondazione Arnaldo Pomodoro)
Percorso di letture per comprendere la figura di Arnaldo Pomodoro
“Poesie per Arnaldo Pomodoro”, a cura di Bitta Leonetti, Eugenio Alberti Schatz, Gli Ori, Pistoia, 2016
“Arnaldo Pomodoro”, Skira editore, Milano, 2016
“Arnaldo Pomodoro, Forma, segno, spazio. Scritti e dichiarazioni sull’arte”, a cura di Stefano Esengrini, Maretti editore, Falciano, 2014
“Arnaldo Pomodoro. Grandi Opere 1972- 2008”, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano, 2008
“Ugo Mulas fotografa Arnaldo Pomodoro”, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Edizioni Olivares, Milano, 2008
“Arnaldo Pomodoro. Catalogo ragionato della scultura”, a cura di Flaminio Gualdoni, Skira editore, Milano, 2007
“La scultura italiana del XX secolo”, a cura di Marco Meneguzzo, Skira editore, Milano, 2005
“Scritti critici per Arnaldo Pomodoro e opere dell’artista 1955-2000”, a cura di Laura Berra e Bitta Leonetti, Lupetti Editore di comunicazione, Milano, 2000
“Arnaldo Pomodoro”, a cura di Sam Hunter, Fratelli Fabbri Editori, Milano,1995
“Arnaldo Pomodoro, Francesco Leonetti, L’arte lunga”, Feltrinelli, Milano,1992
“Arnaldo Pomodoro al Forte del Belvedere”, De Luca Editore, Roma,1986
“Libro per le sculture di Arnaldo Pomodoro”, Gabriele Mazzotta editore, Milano,1974
“Guido Ballo, Dalla poetica del segno alla presenza continua. Arnaldo e Giò Pomodoro”, Luigi Maestri editore, Milano,1962
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Last modified: 25 Giugno 2025