Due recenti pubblicazioni, di Farinelli e Venturi Ferriolo, riflettono sul significato di paesaggio: da dispositivo politico-culturale a fattore di tolleranza
In un panorama editoriale che sembra privilegiare il dibattito teorico rispetto alla pratica progettuale, due recenti pubblicazioni italiane tornano a interrogarsi sul significato contemporaneo di “paesaggio”. Si tratta di “Il paesaggio che ci riguarda. Un progetto collettivo, un metodo sovversivo” di Franco Farinelli (Touring Club Italiano, Milano 2024, 120 pagine, 16 €) e di “Un’estetica del progetto. Visioni del paradiso per un’arte del sogno” di Massimo Venturi Ferriolo con Gianni Burattoni (Franco Angeli, Milano 2024, 208 pagine, 39 €).
Pur partendo da prospettive diverse — Farinelli geografo, Venturi Ferriolo filosofo —gli autori raccolgono ed esprimono, attraverso il loro lavoro, quel senso di disagio culturale diffusissimo in ambito italiano e riscontrabile, anche nelle opere editoriali di intellettuali di pari peso come Tomaso Montanari e Salvatore Settis.
Ripensare il paesaggio oltre la crisi delle geografie tradizionali
Farinelli parte dalla constatazione che, dopo una rapida ascesa avvenuta negli ultimi decenni del secolo scorso, l’interesse verso il paesaggio ha intrapreso una curva discendente fino ad essere praticamente ignorato dai dibattiti scientifici e culturali, da quando cioè ha assunto, con la sua statualizzazione, anche un ruolo specifico nell’agenda politica italiana ed europea. Le cause vanno ricercate nella complessità dell’elaborazione di strumenti per la sua applicazione pratica in termini progettuali e normativi, ma anche nel conflitto con i processi di semplificazione in corso della macchina amministrativa.
L’autore cerca di comprendere le ragioni profonde della crisi dell’attuale concetto di “paesaggio” a, partire proprio dallo studio della sua origine fatta risalire all’inizio del XIX secolo: periodo fondamentale per la costruzione della struttura delle società occidentali, in cui si elaborano principi come i diritti universali, i dispositivi sociali e prendono forma gli stati nazionali e gli organismi internazionali così come li conosciamo ancora oggi.
La transizione semantica del suo significato dalla sfera puramente estetica a quella scientifica, e in seguito geografica, è figlia della rivoluzione borghese: il concetto di paesaggio ha ricoperto un ruolo rivoluzionario come progetto culturale e politico grazie all’esploratore e scienziato Alexander von Humboldt nella società tedesca ed europea dell’epoca.
È sintomatico che proprio nel periodo in cui viviamo, connotato da un’altra rivoluzione, quella dovuta all’introduzione di nuove tecnologie (digitale, web, intelligenza artificiale), si senta l’esigenza di una rapida riformulazione di tutti i precedenti strumenti elaborati dai geografi del passato e ben descritti nel testo, che, pur avendo reso possibile la conoscenza del mondo, sono ora percepiti come inadeguati.
Sebbene la difficoltà di leggere e interpretare i fenomeni della globalizzazione sembra mettere in discussione non solo la geografia tradizionale ma molti dei principi fondamentali dell’Occidente (che ritenevamo scontati come stato, territorio, confine, collettività e bene comune) per l’autore il paesaggio sembra restare, nonostante tutto, l’unico modello interpretativo del mondo a nostra disposizione in quanto capace di restituire la realtà in un unico sguardo.
La speranza, quindi, viene riposta nella capacità della cultura attuale di comprendere le potenzialità di un termine scivoloso e polisemico come “paesaggio” e capirne l’impiego sociale.
Immaginare il mondo come giardino planetario
Una preoccupazione, ampiamente condivisa dall’élite culturale, pervade le ultime opere di Massimo Venturi Ferriolo e riguarda il futuro del pianeta nell’epoca dell’antropocene. Una possibile risposta viene affidata al caso esemplificativo del progetto di un giardino concepito assieme all’artista Gianni Burattoni nel parco di Villa Asquer ad Assemini in Sardegna, rimasto interrotto a causa della scomparsa di Francesco Morelli, committente illuminato e fondatore dello IED (Istituto Europeo del Design).
Gli autori prendono spunto dalla relazione tra “giardino” e “paradiso”, un binomio presente in quasi tutte le civiltà, per inventare un percorso che si snoda e attraversa la disposizione paratattica di giardini ispirati ai paradisi terrestri delle diverse religioni al fine di creare un’esperienza didattica orientata ad una cultura della tolleranza, nell’ideale di una pace universale tra i popoli.
Il progetto viene ben presentato in questo primo libro della collana “Il Paesaggio”, della casa editrice Franco Angeli, che si avvale di un prestigioso comitato scientifico presieduto da Fabio Di Carlo dell’Università La Sapienza di Roma. L’opera fa parte di una serie di pubblicazioni di Venturi Ferriolo sull’origine mitologica e sacra del rapporto armonico tra uomo e natura e sulla fiducia nell’immaginare il mondo come una sorta di giardino planetario di cui avere cura e in cui esercitare quello che si può chiamare “il buon vivere”.
Il ritorno allo studio dei miti di fondazione di senso occidentale nei confronti della nostra esperienza nel mondo è un concetto molto ben espresso dal filosofo nel libro “Oltre il giardino”, (Einaudi, Torino 2019) e nella sua raccolta di scritti più recente “Giardino & paesaggi. Scripta Minora” (Libria, Melfi 2023) all’interno della collana “Quaderni del Centro Studi Mediterraneo del Paesaggio” diretta da Giorgio Peghin dell’Università di Cagliari. Si tratta di una collana di rapida consultazione, dal formato tascabile con una buona qualità tipografica che presenta non solo saggi critici di noti studiosi della materia, ma rende accessibili raccolte di testi anche di progettisti, tra i quali CZ Studio (Paolo Ceccon, Laura Zampieri) João Nunes, João Gomes da Silva e molti altri.
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Franco Farinelli , geografia , libri , Massimo Venturi Ferriolo , paesaggio
Last modified: 15 Giugno 2025