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Conflitti e informalità contro le disuguaglianze

Conflitti e informalità contro le disuguaglianze
Mantovarchitettura discute, con Carlos Vainer, alcune esperienze di Rio de Janeiro dove lotte e contrapposizioni sono strumenti di riscatto sociale

 

MANTOVA. Dopo la parentesi della pandemia da Covid-19, che ha colpito maggiormente le aree densamente urbanizzate, e delle relative misure di distanziamento, che hanno generato ricadute negative per le economie urbane (in particolare sul terziario avanzato, sul commercio e sul turismo culturale), le città hanno ripreso a catalizzare flussi di pendolari e city user. Con il ritorno alla normalità, le precedenti dinamiche di polarizzazione economica, sociale e spaziale si sono nuovamente intensificate: le città hanno ripreso ad attrarre ricchezza e manodopera qualificata, alimentando i divari esterni (ad esempio con le aree rurali) e interni (tra i diversi quartieri), a partire dall’esplosione dei valori immobiliari e dalla conseguente accelerazione dei processi di gentrificazione.

 

Da Rio de Janeiro una lezione globale

Sullo sfondo di un inasprimento delle disuguaglianze territoriali, il seminario “Conflitti socio-spaziali nella città informale latino-americana: tra ricerca e pratica a Rio de Janeiro” ha interpretato il tema “Architettura e Conflitto” dell’edizione 2025 di Mantovarchitettura, organizzato dal Polo Territoriale di Mantova del Politecnico di Milano, interrogandosi sui conflitti urbani, esacerbati da decenni di politiche neoliberiste, e sul ruolo del patrimonio degli insediamenti informali, conteso tra politiche di rimozione e pratiche di riappropriazione.

Nella fase attuale di profonda crisi della globalizzazione, in cui si acuiscono i conflitti socio-spaziali, sia nel Nord sia nel Sud del mondo, l’incontro ha assunto il caso studio di Rio de Janeiro come grimaldello per una riflessione sulle disuguaglianze della città contemporanea, ma anche sulle strategie e sulle azioni da mettere in campo per invertire la rotta: da un lato, a partire dalla comprensione del valore sociale del patrimonio costruito; dall’altro, a partire dall’individuazione di dispositivi di intervento in cui le culture della progettazione architettonica e urbana e della pianificazione urbanistica e territoriale possono rivestire un ruolo centrale.

Questa riflessione muove dal Brasile, dove la polarizzazione sociale e spaziale ha radici profonde e si traduce violentemente nei processi di urbanizzazione: i divari sociali e spaziali, che hanno origini storiche nel periodo coloniale, alimentano la crescita di insediamenti informali poveri, che contrastano con la diffusione di gated communities di lusso, localizzandosi ai margini e negli interstizi delle aree urbane, in molti casi in ambiti con elevati livelli di rischio idrogeologico.

E tratta nello specifico del caso paradigmatico di Rio de Janeiro, dove l’accelerazione delle trasformazioni urbane e dei relativi conflitti nei tempi compressi dell’organizzazione dei grandi eventi in un contesto socialmente e spazialmente già fortemente polarizzato ha infiammato le proteste nelle piazze nei mesi che hanno preceduto le Olimpiadi del 2016.

 

Il ruolo della pianificazione conflittuale

Carlos Vainer (professore emerito di Economia e Sociologia alla Universidade Federal do Rio de Janeiro, Instituto de Pesquisa e Planejamento Urbano e Regional) ha ricostruito il processo di rimozione degli insediamenti informali nella città di Rio de Janeiro, che ha subito una accelerazione nel decennio dei grandi eventi: dai Giochi Panamericani (2007) e dalla Coppa del Mondo della FIFA (2014) ai Giochi Olimpici estivi (2016).

In particolare, ha evidenziato le contraddizioni dell’applicazione del modello Barcellona, adottato sullo sfondo di dinamiche globali di competizione urbana, rispetto alle istanze di rigenerazione espresse dalle comunità locali. In tale contesto si inserisce l’esperienza di pianificazione conflittuale promossa dall’Instituto de Pesquisa e Planejamento Urbano e Regional a supporto della favela di Vila Autodromo, poi demolita per consentire la realizzazione del villaggio olimpico attraverso rimozioni forzate degli abitanti del quartiere. Con il supporto dell’università, le lotte di resistenza non hanno potuto impedire la realizzazione di un progetto calato dall’alto, ma hanno contribuito ad incrementare il potere contrattuale dei residenti sia nella negoziazione di soluzioni migliori di rilocalizzazione abitativa, sia nel mantenimento di un presidio locale.

Inoltre, tale processo ha prodotto il lascito di un Museo della Rimozione e l’eredità immateriale di un insegnamento: il conflitto urbano, che va inteso come chiave di lettura delle città e delle loro contraddizioni, va anche colto come fondamento per la pianificazione di forme contro-egemoniche di autogestione urbana.

In questa prospettiva, il conflitto non viene pertanto considerato come patologia da evitare e/o curare, ma come potenzialità di attivazione di processi di riduzione dei divari territoriali.

In questo approccio si possono ritrovare spunti di riflessione per la progettazione e la pianificazione anche della città europea, dove la crisi del welfare sta esacerbando le disuguaglianze e, quindi, generando forme inedite, in molti casi latenti, di conflitto, a partire da quei fenomeni “invisibili”, che spesso sfuggono alle analisi della città e del territorio e alle politiche pubbliche.

 

Immagine di copertina: Rio de Janeiro, esperienze di conflitto e partecipazione (© Carlos Vainer)

Autore

  • Stefano Di Vita

    Architetto e dottore di ricerca in Pianificazione Urbana, Territoriale e Ambientale, è professore associato di Urbanistica al Politecnico di Milano, Dipartimento di Architettura e Studi Urbani. Nell'attività didattica e di ricerca si occupa di piani e progetti di trasformazione e rigenerazione urbana e territoriale in relazione a processi di deindustrializzazione e reindustrializzazione dell'economia e della società, a dinamiche di regionalizzazione dell’urbano e di metropolizzazione della montagna e a prospettive di riduzione dei divari territoriali nell'orizzonte della transizione ecologica e digitale.

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Last modified: 2 Giugno 2025